La Dimensione Missionaria dell'Ordine Ospedaliero

Profeti nel mondo della salute

ORDINE OSPEDALIERO DI SAN GIOVANNI DI DIO

 

ORDINE OSPEDALIERO DI SAN GIOVANNI DI DIO

 

 

 

LA  DIMENSIONE  MISSIONARIA

 

DELL'ORDINE  OSPEDALIERO

 

 

Profeti nel mondo della salute

 

                                                                          

 

 

 

ROMA, 1997 

 

INDICE GENERALE

 

Sigle ed abbreviazioni principali

PRESENTAZIONE

INTRODUZIONE

 

I PARTE. LA NOSTRA MISSIONE NELLA CHIESA: ANNUNCIARE

                 E FARE PRESENTE IL VANGELO DELLA MISERICORDIA

 

Capitolo I. La dimensione evangelizzatrice della Chiesa

1.         Gesù di Nazaret. Significato della vita dell'uomo

2.         Esperienza di fede e annuncio del messaggio di salvezza

3.         L’impegno della Chiesa per l’evangelizzazione

4.         La forza evangelizzatrice e pastorale del Concilio Vaticano II°

5.         Esigenze evangelizzatrici presentate dal Magistero:

            Evangelii Nuntiandi e Redemptoris missio

6.         Risposte missionarie della Chiesa. La nuova evangelizzazione

7.         La vita consacrata nel mistero e nella missione della Chiesa

 

Capitolo II. Giovanni di Dio: Fratello e Servo per la salvezza di tutti

1.         Sedotto dalla misericordia di Dio

2.         Testimone dell’ospitalità di Dio

3.         Contagiò gli altri coll’amore per il prossimo

4.         I primi compagni

5.         Segni profetici ed evangelizzatori della sua vita

 

II PARTE. ELETTI PER EVANGELIZZARE I POVERI E GLI INFERMI.

                   PANORAMICA STORICA

 

Capitolo III. L’Ordine Ospedaliero fino alla metà del XIX secolo

1.         Dalla morte di Giovanni di Dio alla divisione dell’Ordine in due Congregazioni

2.         Divisione dell’Ordine in due Congregazioni

2.1.      La Congregazione Spagnola

2.2.      La Congregazione Italiana

3.         L’Ordine in America durante questo periodo

4.         Presenza dell’Ordine in Asia, Africa ed Oceania

5.         Valori dell’ospitalità e fattori che influirono sulla diffusione dell’Ordine

6.         Fedeli all’ospitalità fino al martirio

 

Capitolo IV. Risposta apostolico-missionaria dell’Ordine dalla metà del XIX secolo

1.         Estinzione della Congregazione Spagnola

2.         Decadenza della Congregazione Italiana

3.         Decadenza ed estinzione dell’Ordine nelle Provincie oltremare

 

 

 

 

 

III PARTE. IMPEGNATI NELL’OSPITALITA’

 

Capitolo V. Dottrina dell’Ordine sull’evangelizzazione

1.         Iter storico delle Costituzioni dell’Ordine

2.         Principi sull’evangelizzazione

3.         La dimensione apostolico-missionaria negli scritti dei nostri Confratelli

4.         L’azione missionaria secondo il pensiero dei nostri Confratelli-missionari

 

Capitolo VI. Organi dell’Ordine al servizio dell’evangelizzazione

1.         Organi della Curia Generalizia al servizio delle missioni

2.         Organi interprovinciali e provinciali

 

IV PARTE. L’OGGI DELL’OSPITALITA’

 

Capitolo VII. La nuova diffusione dell’ospitalità

1.         Europa: forza dinamica della presenza dell’Ordine

2.         L’oggi dell’Ordine in America

3.         Africa: nuova linfa per l’albero dell’ospitalità

4.         Asia: presenza dell’Ordine in una cultura di contrasti

5.         Oceania: nuovi orizzonti dell’ospitalità

 

Capitolo VIII. Esigenze missionarie attuali per la vita dell’Ordine

1.         La vocazione del Fatebenefratello vissuta con spirito missionario

2.         L’animazione missionaria: una sfida per le nostre comunità

3.         La Carta dell’Animazione Missionaria

4.         Principi, a partire dai quali desideriamo operare

5.         La Nuova Ospitalità: nuova evangelizzazione in chiave juandediana

 

DOCUMENTAZIONE E BIBLIOGRAFIA

 

 

 


SIGLE ED ABBREVIAZIONI PRINCIPALI

 

 

AG                  AD GENTES

                        Decreto sull'attività missionaria della Chiesa Concilio Vaticano II°

AGFR             Archivio Curia Generalizia Fatebenefratelli in Roma

AIP                 Archivio Interprovinciale Pisas in Granada

Celam IV         IV Conferenza dell'Episcopato Latino-Americano

                        Santo Domingo (12-28 ottobre 1992)

Cost.               Costituzioni dell'Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio

                        (Si indica a seguito della abbreviazione l'anno corrispondente: es.: Cost. 1984,

                        vuol dire che ci riferiamo alle Costituzioni del 1984).

DS                   Lettera di Giovanni di Dio alla Duchessa di Sessa

DV                  DEI VERBUM Concilio Vaticano II°

                        Costituzione Dogmatica sulla Divina Rivelazione

EA                   Ecclesia in Africa

EN                  EVANGELII NUNTIANDI. Esortazione Apostolica di Paolo VI

                         L'evangelizzazione del mondo contemporaneo

GL                   Lettera di Giovanni di Dio a Gutierre Lasso

GS                   GAUDIUM ET SPES. Concilio Vaticano II°

                        Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel mondo attuale

LB                   Lettera di Giovanni di Dio a Luis Bautista

LG                   LUMEN GENTIUM. Concilio Vaticano II°

                        Costituzione Dogmatica sulla Chiesa

NA                  NOSTRA AETATE. Concilio Vaticano II°

                        Decreto sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane  

PC                   PERFECTAE CARITATIS. Concilio Vaticano II°

                        Decreto sul rinnovamento ed adattamento della vita religiosa

POE                Presenza dell'Ordine in Spagna. Madrid, 1986

RMi                 REDEMPTORIS MISSIO. Lettera Enciclica di Giovanni Paolo II

                         Sulla permanente validità del mandato missionario

SALOH           Segretariato Interprovinciale dell'Ordine Ospedaliero dell'America Latina

SC                               SACROSANCTUM CONCILIUM. Concilio Vaticano II°

                        Costituzione sulla Sacra Liturgia

SD                   SALVIFICI DOLORIS. Lettera Apostolica di Giovanni Paolo II

                        La sofferenza umana

SELARE         Segretariato Latino-Americano per il Rinnovamento

SS.GG.            Statuti Generali dell'Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio

VC                  VITA CONSECRATA. Esortazione Apostolica di Giovanni Paolo II

                        La vita consacrata

 

            LETTERE DI SAN GIOVANNI DI DIO. L'edizione delle Lettere di San Giovanni di Dio utilizzata è: Regola di Sant'Agostino. Lettere di San Giovanni di Dio. Roma, 1984.


                                                                          

PRESENTAZIONE

 

 

Il documento La dimensione missionaria dell’Ordine Ospedaliero, che giunge ora nelle vostre mani, è una riflessione che riempie una lacuna bibliografica dell'Ordine.

 

Il documento è il frutto di un lungo processo di elaborazione che riassumo brevemente.

 

·      Nella riunione della Commissione Generale di Animazione, dall'11 al 13 marzo del 1992, si constatò la necessità di realizzare una riflessione sulla  "dimensione missionaria dell'Ordine".  Senza giungere, allora, a definirne il titolo, si precisò che il documento, oltre a raccogliere il passato e il presente dell’azione apostolica dell’Ordine, doveva tracciare le linee del futuro in questo campo.

 

·      Nella riunione seguente, tenutasi nel medesimo anno dal 16 al 18 ottobre, si ritornò sul tema ritenendo che la celebrazione del V Centenario della Nascita di San Giovanni di Dio potesse costituire una buona opportunità per offrire all’Ordine un documento che ravvivasse il senso apostolico nei Confratelli e nei Collaboratori.

 

·      Nel 1993, nella riunione tenutasi dal 26 al 27 maggio, venne sottoposto all’esame della Commissione Generale di Animazione uno schema con i punti ritenuti fondamentali del documento. Apportate alcune modifiche, lo schema fu approvato dalla Commissione.

 

·      Venne nominata una Commissione formata da Fra Pascual Piles, allora  Primo Consigliere Generale, Fra Juan Bautista Carbó, Delegato dell'Africa e dai Confratelli Jesús Etayo e Ubaldo Feito che distribuirono il lavoro tra loro facendo affidamento sulla collaborazione di altri Confratelli dell’Ordine.

 

·      La Commissione Generale di Animazione, nella riunione che ebbe luogo dal 18 al 20 maggio 1994, insistette sull’opportunità di pubblicare il documento nell'anno del V Centenario della Nascita di San Giovanni di Dio.

 

·      Nonostante gli sforzi compiuti dalla Commissione per realizzare il servizio che le era stato affidato, nel Capitolo Generale dell'ottobre 1994 si dovette annunciare l’impossibilità di giungere nei tempi previsti alla elaborazione e pubblicazione del documento.

 

·      Nel Programma di Governo del sessennio 1994-2000 venne inclusa l'elaborazione e la presentazione del documento come attività da realizzare nel corso 1996-1997, sotto la responsabilità della stessa Commissione nominata precedentemente, incluso il Padre Generale.

 

·      Durante la riunione della Commissione Generale di Animazione del 26-27 giugno 1995, si ritenne che uno dei momenti più opportuni per presentare tale documento fosse l'Assemblea Generale dell'ottobre 1997.

 

·      Dopo il lavoro di elaborazione e redazione realizzato da ciascun membro della Commissione e una verifica congiunta del testo per evitare inutili ripetizioni, il documento fu presentato alla Commissione Generale di Animazione nella riunione tenutasi nei giorni 5 e 6 giugno 1997  e viene ora consegnato alle Province.

 

Riteniamo con ciò di aver realizzato il servizio che l'Ordine richiedeva.  Oltre a tenere conto dell’essenza della missione della Chiesa, l’evangelizzazione, e dei contributi che la vita consacrata apporta ad essa, ci siamo soffermati nel documento sull’analisi storica dell’azione missionaria dell’Ordine e dell’opera evangelizzatrice che stanno realizzando attualmente i nostri Confratelli nei paesi in via di sviluppo esprimendo apprezzamento e gratitudine per la loro testimonianza. Mantenendo fede ad un suggerimento avanzato dalla Commissione Generale di Animazione nella lontana riunione di marzo del 1992, è stata tracciata anche la proiezione futura della dimensione missionaria dell’Ordine.

 

Sono lieto di poter offrire all'Ordine questa riflessione, sicuro che essa contribuirà alla crescita spirituale ed apostolica dei Confratelli e dei Collaboratori.

 

 

 

 

 

Fra Pascual Piles

Superiore Generale

 

Roma,  12 ottobre 1997

 

 


 

INTRODUZIONE

 

La dimensione missionaria ha costituito una delle caratteristiche fondamentali del nostro Istituto Religioso nell'esercizio del suo apostolato lungo la storia. Questo spirito missionario continua ad essere presente come un segno, il quale ci dice che la misericordia di Dio desidera giungere a tutti gli uomini per mezzo della carità cristiana, secondo lo stile di San Giovanni di Dio e di tanti altri santi, uomini e donne, di ieri, di oggi e di domani, i quali, sentendo in se stessi l'amore di Dio, decisero di trasmetterlo agli altri.

 

Il documento si divide in quattro parti. La prima, suddivisa in due capitoli, ha come titolo La nostra missione nella Chiesa: annunciare e fare presente il Vangelo della misericordia. Il primo capitolo si riferisce alla dimensione evangelizzatrice della Chiesa a partire dal nuovo significato della vita dell’uomo instaurato da Gesù di Nazaret che, prima di salire al cielo, incaricò i suoi discepoli a continuare nel mondo la sua opera salvifica. Da loro, la comunità ecclesiale costituitasi nella Pentecoste, ereditò la missione di testimoniare ed annunciare il Vangelo quale compito più importante da realizzare nel mondo. In questo contesto si fa un riferimento speciale alla dimensione missionaria della Chiesa a partire dal Concilio Vaticano II nonché alla dimensione evangelizzatrice quale essenza e senso della Vita Consacrata.

 

Il secondo capitolo ha come oggetto la figura del nostro Fondatore che, trasformato e catturato dall’amore misericordioso di Dio, sente la urgente necessità di comunicarla agli infermi e ai bisognosi con gesti che si convertono in segni profetici ed evangelizzatori. In Giovanni di Dio ha origine la nostra famiglia religiosa; in lui e con lui partecipiamo alla missione universale della Chiesa.

 

La seconda parte, intitolata Eletti per evangelizzare i poveri e gli infermi, ripercorre la traiettoria storica dell’Ordine dalle origini fino alla fine del XIX secolo. Alla luce dei due capitoli che compongono questa parte, si può apprezzare l’impulso apostolico e missionario che ha animato e sorretto i nostri Confratelli nella diffusione dell’Ordine fino al, in taluni casi, sacrificio cruento della propria vita (capitolo terzo), e come seppero recuperare forza e vigore, una volta superata la crisi che visse la Chiesa e di conseguenza l’Ordine durante gran parte della seconda metà del cosiddetto Secolo dei Lumi (capitolo quarto).

 

I due capitoli che compongono la terza parte, intitolata Impegnati nell’ospitalità, offrono una visione d’insieme dei mezzi con cui l’Ordine si è sforzato a mantenere vivo lo spirito apostolico dei Confratelli ed ad appoggiare strutturalmente ed economicamente la sua missione nel mondo della salute. In questo contesto si fa riferimento alla dottrina contenuta nei documenti ufficiali dell’Ordine, Costituzioni e Lettere Circolari di alcuni Superiori Generali, e si dà speciale importanza alle testimonianze scritte di quei Confratelli che si sono distinti attraverso la loro vita, come p.e. San Riccardo Pampuri, oppure attraverso il loro servizio all’ospitalità nella missione «ad gentes» (capitolo quinto), mentre nel capitolo sesto viene offerta una breve descrizione degli organi dell’Ordine al servizio dell’evangelizzazione.

 

Nella quarta parte, dal titolo L’oggi dell’ospitalità, viene illustrato come la forza del carisma dell’Ordine vissuto dai nostri Confratelli sia stata capace di operare una seconda diffusione dell’ospitalità nel presente secolo. Grazie ad essa l’Ordine oggi è in grado di fare presente il Vangelo della Misericordia nei cinque continenti (capitolo settimo), superando le gravi difficoltà sociali e politiche che la società ha vissuto.

L’ultimo capitolo tratta delle sfide missionarie attuali che l'Ordine si trova ad affrontare, e di come la vocazione del Fatebenefratello deve essere vissuta con spirito apostolico-missionario nelle nostre Comunità per realizzare e trasmettere la nuova ospitalità in chiave juandediana quale espressione della nuova evangelizzazione.

 

Il documento si rivolge a tutti i Confratelli che oggi operano nell'Ordine per tradurre in realtà, insieme ai Collaboratori, la nuova ospitalità. Si rivolge altresì alle nuove generazioni di Ospedalieri, offrendo loro tutta la ricchezza spirituale che l'Ordine è andato accumulando grazie alla sua dimensione apostolico-missionaria, rimanendo fedele allo Spirito, alla Chiesa, a San Giovanni di Dio e all’uomo che soffre, affinché continuino a diffondere il messaggio di Cristo in tutte le parti del mondo.

 

Con questa riflessione vogliamo infine tributare un doveroso ricordo ai tanti Confratelli che ci hanno preceduto nell’opera di evangelizzazione, specialmente a quelli che si impegnarono e continuano ad impegnarsi nella missione "ad gentes".  Nel contempo esprimiamo la speranza che questo semplice contributo trovi una continuazione nella pratica. Se ogni Provincia si sforza ad addentrarsi nella propria storia per ricavare da essa le testimonianze di vita dei Confratelli che hanno reso possibile la realtà attuale, le prossime generazioni, oltre ad ammirare l’entusiasmo e il sacrificio che li animò nella loro azione apostolica, troveranno delle motivazioni che saranno per loro stimolo ed impulso a vivere e manifestare con rinnovato vigore il carisma che abbiamo ereditato da Giovanni di Dio.

 


 

 

 

 

I. PARTE

 

 

LA NOSTRA MISSIONE NELLA CHIESA:

 

ANNUNCIARE E RENDERE PRESENTE IL VANGELO DELLA MISERICORDIA

 


Capitolo primo

 

 

LA DIMENSIONE EVANGELIZZATRICE DELLA CHIESA

 

 

1. Gesù di Nazaret. Significato della vita dell'uomo

La dimensione evangelizzatrice della Chiesa consiste nel trasmettere la salvezza di Gesù, il quale venne per renderci partecipi del disegno amoroso che Dio Padre ha tracciato per l’uomo fin dalla creazione.

 

Il Padre ci creò per amore e bontà, per condividere con noi la sua natura divina: "In principio Dio creò il cielo e la terra" (Gn 1,1) e "Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò" (Gn 1,27). E tutto creò per il Verbo Eterno, il suo amato Figlio: "Per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelli nei cieli e quelle sulla terra....tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui" (Col 1,16).

 

Dio, da sempre, desiderò renderci "suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà: E questo a lode e gloria della sua grazia" (Ef 1, 5-6); e "procurando ad un tempo la sua gloria e la nostra felicità" (AG 2).

 

Da Gesù sappiamo che il Padre si manifesta nel Figlio, e i due nello Spirito Santo. In questo amore trinitario ha la sua origine la creazione dell'uomo "unica creatura terrestre che Dio ha amato per se stessa" (GS 24), perché solo l'uomo è chiamato a partecipare alla vita di Dio. A questo scopo siamo stati creati, essendo questa la ragione fondamentale della nostra esistenza.

 

L'umanità, a causa delle sue limitazioni, cominciò a muoversi in un mondo ambiguo nei suoi sentimenti verso Dio. Ricordiamo la storia d'Israele, prototipo delle contraddizioni vissute dall'uomo. Il popolo eletto viveva la fede e l'amore verso Dio con alterni momenti di infedeltà e di idolatria.

 

In questa ambiguità, noi uomini, abbiamo sempre agito, ponendoci ogni volta le stesse domande sull'enigma della vita, alle quali hanno tentato di dare risposta, senza nessun esito, tutte le correnti del pensiero umano. I grandi interrogativi sul significato della vita, del dolore e della morte possono indurci a dubitare dell'amore misericordioso del Padre quale si è manifestato nella sua creazione.

 

Dio però ha sempre mantenuto, per mezzo della Alleanza, la relazione con le sue creature e venne progressivamente  manifestando il suo amore e la sua bontà fino a quando, finalmente, si rivelò a noi nel suo Figlio Gesù Cristo: "Dio, che aveva già parlato molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose» (Eb 1,1-2).

 

Così Gesù, inviato dal Padre con la forza dello Spirito, diventa per tutti noi cammino di liberazione e salvezza, dando un significato pieno e definitivo alla umanità, perché "Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati" (1 Tim 2,4). Egli venne perciò a compiere il piano di salvezza annunciato dai profeti.

Tutta la vita e l'opera di Gesù si basano su questa missione, come appare nel vangelo di San Giovanni: "Il Padre che mi ha mandato, egli stesso mi ha ordinato che cosa devo dire e annunziare" (Gv 12,49; RMi 5).

 

Gesù è l'unica via che ci riconduce a Dio. La sua missione si concretizza nell’organizzare tutto secondo il disegno della creazione. Egli è la massima rivelazione dell’amore del Padre: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre" (Gv 14, 6-9). Gesù proclama la buona novella di Dio che ci invita a riconoscerlo come Padre e a orientare la nostra vita con fiducia verso di Lui compiendo la sua volontà.

 

La Costituzione Conciliare sulla Divina Rivelazione ci ricorda che: "Gesù Cristo con la sua presenza e con la manifestazione di sé, con le parole e con le opere, con i segni e con i miracoli, e specialmente con la sua morte  e la gloriosa resurrezione, e infine con l'invio dello Spirito di verità, compie e completa la rivelazione e la corrobora con la testimonianza divina, che cioè Dio è con noi per liberarci dalle tenebre del peccato e della morte e risuscitarci per la vita eterna" (DV 4).

 

Entrare in comunione con Dio, per mezzo di Gesù e sotto l'impulso dello Spirito, significa costruire una nuova società basata sulla fraternità e sulla solidarietà, significa favorire in modo speciale il debole e l'emarginato, secondo lo stile di Gesù, come anticipazione del Regno di Dio. Proclamare che Dio è il Padre di tutti e che, pertanto, tutti gli uomini sono fratelli chiamati a camminare insieme verso lo stesso destino e a costruire un mondo che giungerà alla sua pienezza, quando Dio sarà tutto in tutte le cose, rappresenta un profondo cambiamento delle relazioni umane.

 

2. Esperienza di fede e annuncio del messaggio di salvezza

Gesù, dopo essersi presentato come inviato del Padre, iniziò a circondarsi di seguaci, secondo lo stile degli antichi maestri, i quali riunivano i loro discepoli per condividere con essi la loro parola e la loro vita.

 

Successivamente elesse apostoli e discepoli (cfr. Lc 5, 10-11; 10, 1; Mc 3, 14). Venne così formandosi, attorno a Gesù, la primitiva comunità cristiana, la quale darà origine, in seguito, alla Chiesa di Cristo. Oltre a quelli menzionati nei Vangeli, molti altri ascoltarono la sua Parola e cominciarono a vivere una fede che li trasformò radicalmente.

 

A partire dall'esperienza pasquale nasce la Chiesa, una realtà nuova e inseparabile, formata da Gesù e dai suoi discepoli, espressione del disegno di Dio per il mondo. Dopo la Resurrezione, il Signore invia gli Apostoli alla "missione universale della evangelizzazione", per comunicare l'esperienza da loro vissuta: "Andate per tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15; cfr. Mt 29,19; Gv 20,21).

 

Il giorno della Pentecoste essi ricevettero lo Spirito Santo e si lanciarono nel mondo ad annunciare Colui che aveva riempito di speranza e di gioia la loro vita. Con la forza dello Spirito Santo, la primitiva comunità inizia così a proclamare e a diffondere il messaggio della salvezza in tutto il mondo: "Cristo inviò da parte del Padre lo Spirito Santo, perché compisse dal di dentro la sua opera di salvezza e stimolasse la Chiesa ad estendersi" ( AG 4).

La Chiesa ha visto sempre in questo primo gruppo di discepoli di Gesù il modello di riferimento per la comunità cristiana e per la sua missione nel mondo: "Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli, nella comunione dei beni, nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere" (Atti 2,42), perché "Avevano un cuor solo e un'anima sola» (Atti 4,32).

 

In seguito apparvero altre comunità in Samaria, Cesarea, Siria, Asia Minore ed Europa. E' facile indovinare che esse non avrebbero potuto sopravvivere senza un forte impegno di vita comune e non avrebbero potuto espandersi senza un convinto senso missionario.

 

Fa spicco, specialmente, la fondazione della Chiesa di Antiochia (cfr. Atti 11, 19-30), modello di attività missionaria. I suoi fondatori provenivano dalla comunità di Gerusalemme. Giunti ad Antiochia, mossi dallo Spirito, decisero di dedicarsi alla evangelizzazione, facendo della missione uno stile di vita radicato profondamente nella fede. Inizia così l’opera missionaria della Chiesa che dura fino ai nostri giorni.

 

3. La sfida costante dell’evangelizzazione nella storia della Chiesa

  L’evangelizzazione è per la Chiesa espressione di comunione con Cristo: "... l'attività missionaria scaturisce intimamente dalla natura stessa della Chiesa, ne diffonde la fede che salva, ne perfeziona l'unità cattolica allargandola, si regge sulla sua apostolicità, realizza l'impegno collegiale della sua gerarchia, testimonia, diffonde e promuove la sua santità" (AG 6).

 

L’identità della Chiesa si è andata manifestandosi lungo la sua storia nel mandato dell’evangelizzazione: "Vogliamo nuovamente confermare che il mandato d'evangelizzare tutti gli uomini, costituisce la missione essenziale della Chiesa, compito e missione che i vasti e profondi mutamenti della società attuale non rendono meno urgenti. Evangelizzare, infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare" (EN 14).

 

Il messaggio evangelico è giunto in innumerevoli luoghi di tutto il mondo, però si constata che il numero degli evangelizzati, oggi, rappresenta solo una terza parte dell'umanità: "Mentre si avvicina la fine del secondo millennio della redenzione, si fa sempre più evidente che le genti che non hanno ancora ricevuto il primo annunzio di Cristo sono la maggioranza dell'umanità" (RMi 40).

 

Un aspetto significativo sono stati i movimenti consecutivi di espansione e di regressione nell'azione evangelizzatrice (cfr. AG 6). Le epoche di espansione della Chiesa coincisero con i tempi delle scoperte e delle conquiste, dando origine alla cosiddetta "era del cristianesimo", la quale ebbe inizio con la caduta dell'Impero romano e le posteriori conversioni dei popoli d'Europa. La "scoperta" dell'America, e le missioni in Asia e in Africa contrassegnarono momenti molto importanti nella storia della evangelizzazione.

 

La Chiesa ha dovuto man mano superare numerosi ostacoli nell'esercizio della sua missione. Tra questi primeggiarono: le resistenze di molte culture nell'accettare la fede, l'opposizione dei sistemi politici, gli effetti derivati da una mancata inculturazione, la difficile convivenza con altre religioni, le persecuzioni religiose, ecc... Questi ostacoli sono stati progressivamente superati con la convinzione e la forza che lo Spirito Santo elargisce alla Chiesa. Alcuni di questi hanno provocato dei momenti di profonda rivitalizzazione e di testimonianza di martirio.

Negli ultimi tempi sono apparse difficoltà di altro tipo le quali, in questi nostri giorni, stanno influendo e vanno uniformando un tipo di cultura che svisa e altera il disegno di Dio sul mondo.

 

La società intera ha vissuto un cambio molto profondo e la Chiesa, in ragione della sua propria missione, ha dovuto rivedere e riprogettare le sue posizioni di fronte a queste nuove situazioni. E' in questo contesto che sorge il Concilio Vaticano II per orientare l’opera della evangelizzazione.

 

Il Concilio illumina la ecclesiologia della missione partendo dal significato cristocentrico «dell’incarnazione« come punto fondamentale di riferimento al quale, in tutti i momenti, noi dobbiamo ancorarci: "Pertanto la missione della Chiesa si realizza attraverso un'azione tale, per cui essa, obbedendo all’ordire di Cristo e mossa dalla grazia e dalla carità dello Spirito Santo, si fa pienamente ed attualmente presente a tutti gli uomini e popoli, per condurli con l'esempio della vita e la predicazione, con i sacramenti e gli altri mezzi della grazia alla fede, alla libertà ed alla pace di Cristo, rendendo loro libera e sicura la possibilità di partecipare pienamente al mistero di Cristo" (AG 5).

 

La Chiesa non nega gli elementi di verità che possono esistere nel mondo e in altre fedi (cfr. NA 2), però afferma che "Questa Chiesa pellegrinante è necessaria alla salvezza. Infatti solo Cristo è il mediatore e la via della salvezza» (LG 14). Tutto ciò deve essere applicato con un ampio significato e partendo dal disegno salvifico di Dio sulla creazione.

 

Terminato il Concilio e quando la teologia della missione sembrava ormai adattata a rispondere alle necessità che il mondo proponeva, sono sorte, dentro la Chiesa, alcune tendenze che hanno attaccato persino i contenuti degli insegnamenti conciliari. I fenomeni legati alla liberazione, la teologia politica, la salvezza dei non cristiani, la promozione della giustizia e della pace, e tutte le altre forme di testimonianza e di cooperazione missionaria sono stati vissuti intensamente, con messe a punto e soluzioni diverse, nell’interpretazione postconciliare.

 

Le diverse linee di pensiero sulla interpretazione di questi temi hanno fatto progredire i diversi aspetti pastorali della missione, a volte con stili, modi ed esperienze diverse, per conseguire però le stesse finalità.

 

L'Esortazione Apostolica "Evangelii Nuntiandi" e l'Enciclica "Redemptoris Missio", hanno contribuito ad armonizzare i diversi aspetti della missione, superando le interpretazioni che ebbero luogo nella tappa postconciliare.

 

4. La forza evangelizzatrice e pastorale  del Concilio Vaticano II

Il Concilio Vaticano II non fu, esclusivamente, un'originale iniziativa di Giovanni XXIII, ma lo si può considerare come il risultato di una situazione che si stava vivendo fin da cento anni prima. La Chiesa desiderava difendere la sua posizione davanti ai profondi ed accelerati cambiamenti che si stavano producendo nel mondo, come risultato della filosofia moderna, però essa non poteva affrontare queste nuove sfide basando la sua missione su categorie appartenenti al passato.

 

Si dovevano cercare nuove soluzioni perché, in quella situazione, la Chiesa aveva bisogno di annunciare con chiarezza l'essenza del proprio essere ed agire, come sacramento e come missione, per testimoniare l'amore di Dio rivelato in Cristo Gesù per tutto il mondo. Questo concetto sarà, posteriormente, il contributo più rilevante del Vaticano II, dal quale partirà tutta la sua forza evangelizzatrice e pastorale.

 

Molte furono le novità che portò il Concilio. Diamo qui un elenco di quelle che hanno avuto la ripercussione più importante:

 

a) La relazione della Chiesa con il mondo

Il Concilio propone una nuova forma, un nuovo modo di relazione tra la Chiesa ed il mondo, basata in una offerta di fede e non nel dominio del campo religioso nell'ambito secolare.

 

Questo nuovo stile vissuto nella libertà, ed il convincimento personale, facilitano ai credenti la loro presenza nel mondo, con l'obiettivo di costruire, man mano, il Popolo di Dio, partendo dalla fede e dalla carità.

 

Riconosce tutto ciò che vi è di positivo in quello che viene  apportato dalla modernizzazione alla dignità umana e, pertanto, alle relazioni con Dio, promuovendo i valori di una società giusta e solidale, illuminati dalla Rivelazione.

 

Inoltre il Concilio supera la prospettiva individualistica di appartenenza al Popolo di Dio, dichiarando la Chiesa come sacramento di Cristo e come comunione nella fede, il che origina un concetto della stessa come significato di comunità, significato che rimane riflesso anche in tutti i documenti conciliari, specialmente nella Lumen Gentium e Gaudium et Spes.

 

b) Chiesa, comunione e missione

Il Concilio relaziona parallelamente il mistero della Chiesa come comunione con quello della Chiesa come missione. La missione manifesta e realizza la comunione e, a sua volta, questa è l'origine e la meta della missione stessa.

 

Questa missione si radica nel mistero della comunione con Dio e, secondo lo stile di Gesù, consiste nell'annunciare e costruire il Regno con opere e parole, finalità questa della evangelizzazione.

 

La definizione della Chiesa come sacramento di salvezza, rappresenta una nuova categoria nella quale convergono la comunione ecclesiale e la missione nel mondo.

 

c) La riforma liturgica

Fu una delle innovazioni del Concilio, quella con maggiore risonanza pastorale. Suppone da parte dei credenti di superare delle attitudini religiose con aspetti e modi di tipo individualistico, perché, come membri del Popolo di Dio, essi celebrino la fede in modo comunitario.

 

L'uso poi degli idiomi nazionali, facilita la comprensione dei segni e la loro proiezione negli impegni della realtà quotidiana. La liturgia condivisa nella comunità deve rivitalizzare ed interpretare questi segni alla luce della vita.

d) Altri temi che influirono sul dinamismo pastorale ed evangelizzante del Concilio sono: tutto ciò che riguarda il sacerdozio comune di tutti i fedeli; l'importanza riconosciuta ai laici e ai loro carismi nella consacrazione nel mondo; i rapporti con i non cristiani e i non credenti; la collegialità dei vescovi; il ripristino del diaconato che può essere conferito anche a coloro che non aspirano al sacerdozio; il concetto di Chiesa che cammina verso la pienezza della verità; e la dichiarazione sulla libertà religiosa.

 

Sulla Vergine Maria poi, si sviluppa tutta una dottrina che la situa nell'essere stesso della Chiesa e come Mediatrice nell'opera redentrice di Cristo.

 

e) Sulla attività missionaria il Concilio esprime la sua dottrina nel decreto Ad Gentes, offrendo le linee-guida dell’impegno dell’evangelizzazione in base ai seguenti contenuti delle Costituzioni Conciliari:

 

·      La Chiesa come "sacramento di salvezza" e i motivi per  l'evangelizzazione universale (cfr. LG 48);

·      La Chiesa che custodisce e trasmette la Rivelazione di Dio a tutta l'umanità (cfr. DV 1);

·      La riforma liturgica come impulso efficace alla evangelizzazione (cfr. SC 2);

·      La solidarietà della Chiesa con il genere umano e la sua storia per la quale è urgente la missione universale (cfr. GS 1).

 

Il decreto Ad Gentes favorì l'inizio di vari progetti i quali ci hanno aiutato ad approfondire l'evangelizzazione fino ai nostri giorni.

 

 

5. Esigenze evangelizzatrici presentate dal Magistero:

    Evangelii nuntiandi e Redemptoris missio

 

a) Evangelii nuntiandi

L'esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi di Paolo VI venne pubblicata a dieci anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II, il giorno 8 dicembre 1975.

 

Il suo obiettivo fondamentale è enunciato nel titolo stesso che è "l'evangelizzazione del mondo contemporaneo", "rendere la Chiesa del XX secolo sempre più idonea ad annunziare il vangelo all'umanità del XX secolo" (EN 2), seguendo la linea del Decreto sulla attività missionaria della Chiesa, Ad Gentes, e raccogliendo il contenuto sulla evangelizzazione espresso nella Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi celebrato nel 1974.

 

Il grande contributo della Evangelii Nuntiandi consiste nell’ampliamento del termine "evangelizzazione". La stessa esortazione lo esprime molto graficamente: "A tutto il mondo! A tutte le creature! Fino agli estremi confini della terra!...come un appello a non imprigionare l'annuncio evangelico limitandolo a un settore dell'umanità, o a una classe di uomini, o a un solo tipo di cultura" (EN 50).

 

L'evangelizzazione è indirizzata al mondo in tutta la sua globalità. Appaiono, in essa, aspetti riferiti alla giustizia, allo sviluppo, alla promozione umana, alla liberazione e alla pace, aspetti che devono essere illuminati e promossi dalla Chiesa: "Le condizioni della società ci obbligano a rivedere i metodi, a cercare con ogni mezzo di studiare come portare all'uomo moderno il messaggio cristiano, soltanto nel quale egli può trovare la risposta ai suoi interrogativi e la forza per il suo impegno di solidarietà umana" (EN 3). E con questo aggiunge nuovi elementi a quelli già enunciati nel decreto Ad Gentes, universalizzando così il campo della evangelizzazione.

 

Tra gli aspetti più significativi, mettiamo in risalto i seguenti:

 

·      La Chiesa ha continuamente bisogno di evangelizzare se stessa mediante la conversione e il rinnovamento che la aiuti a conservare il suo impulso e la sua forza per annunciare il Vangelo.

·      L'evangelizzazione si presenta come una realtà ricca, complessa e dinamica, che contiene tutti gli elementi segnalati dalle Costituzioni Conciliari e dal Decreto "Ad Gentes", i quali devono essere affrontati globalmente.

·      Quale mezzo più efficace dell'evangelizzazione viene individuato la testimonianza coerente di una vita autenticamente cristiana.

·      Tra i destinatari della missione si trovano coloro che, ancora, non conoscono Cristo, i battezzati che vivono decristianizzati, e coloro i quali professano altre religioni che possiedano però elementi di salvezza.

·      L'azione evangelizzatrice riveste un carattere profondamente ecclesiale, perché viene compiuta in unione alla missione della Chiesa e in suo nome.

·      Agenti della evangelizzazione sono tutti i membri della Chiesa.

·      La Vita Consacrata assume una funzione primaria nella evangelizzazione, perché la dedizione totale dei religiosi interpella il mondo e la stessa Chiesa e suscita ammirazione.

 

Si presenta una visione nuova della spiritualità missionaria, basata sulla testimonianza dell'unità, sulla ricerca della verità e sul fervore dei grandi evangelizzatori.

 

L’esortazione Evangelii Nuntiandi è stata, senza dubbio alcuno, uno dei documenti di maggior risonanza del magistero postconciliare. Ha dato un grande impulso alla evangelizzazione, alla Chiesa in generale e al nostro Ordine. I suoi insegnamenti ci hanno aiutato ad orientare la nostra risposta evangelizzatrice in qualsiasi momento.

 

b) Redemptoris missio

La Lettera enciclica Redemptoris Missio di Giovanni Paolo II fu pubblicata il 7 dicembre 1990 a venticinque anni dal Decreto sull'attività missionaria della Chiesa "Ad Gentes".

 

E' la prima enciclica specificatamente missionaria dopo il Concilio, che approfondisce, concretizzandolo, l'insegnamento sulla evangelizzazione raccolto nella Evangelii Nuntiandi.

 

Ci ricorda la "missione del Redentore" e la "permanente validità del mandato missionario", come chiamata urgente alla evangelizzazione universale, con rinnovato impulso e con nuovo entusiasmo. Presenta una visione dinamica dei valori del Concilio e delle posizioni della Chiesa nel momento attuale: "Ma ciò che ancor più mi spinge a proclamare l'urgenza dell'evangelizzazione missionaria è che essa costituisce il primo servizio che la Chiesa può rendere a ciascun uomo e all'intera umanità nel mondo odierno, il quale conosce stupende conquiste, ma sembra avere smarrito il senso delle realtà ultime e della stessa esistenza" (RMi 2).

 

Tra gli aspetti più significativi, mettiamo in risalto i seguenti:

 

·      Raccoglie la teologia trinitaria del Vaticano II e la teologia postconciliare sulla missione animandoci ad approfondire lo studio dei diversi aspetti della missione.

·      Si insiste sull'impegno per la promozione umana, il rispetto della libertà e il dialogo interreligioso come momenti di inculturazione ecclesiale.

·      Ricorda il carattere missionario della Chiesa in tutte le sue manifestazioni, valorizzando l'esperienza ecclesiale da quando terminò il Concilio.

·      Distingue tre situazioni nell'attività missionaria della Chiesa: Dimensione ad gentes; attenzione pastorale ai credenti ed evangelizzazione del mondo scristianizzato.

·      Definisce i distinti ambiti della missione ad gentes: territoriali, fenomeni sociali nuovi, e aree culturali o aeropaghi moderni.

·      Interrelazioni e complementarità delle distinte attività missionarie, perché gli orizzonti della missione sono illimitati.

·      Impegno missionario delle giovani Chiese per raggiungere la loro maturità e la piena comunione con la Chiesa universale.

·      Insiste nel promuovere e coltivare le vocazioni missionarie «ad vitam».

·      Approfondisce la spiritualità missionaria come esigenza che associa la missione alla vocazione alla santità.

 

L'Enciclica Redemptoris Missio ha stabilito le basi per la evangelizzazione del terzo millennio, e vincola la riflessione teologica alla pastorale concreta, con una chiara proiezione verso il futuro.

 

6. Risposte missionarie della Chiesa. la nuova evangelizzazione

Le risposte missionarie della Chiesa sono i modi con i quali l'evangelizzazione illumina le necessità degli uomini per far loro giungere il messaggio di Dio rivelato in Cristo; sono state condizionate dai modi di intendere l'evangelizzazione e il suo sviluppo davanti alle sfide che il mondo propone. Ricordiamo brevemente questa evoluzione:

 

Il decreto Ad Gentes interpreta l'attività missionaria e la evangelizzazione, preferentemente, come annuncio del vangelo e impiantazione della Chiesa e la distingue dalla abituale azione pastorale verso i fedeli: "Il fine proprio di questa attività missionaria è l'evangelizzazione e l'impiantazione della Chiesa nei popoli o gruppi in cui ancora non ha messo radici. Parimenti l'attività missionaria tra le genti differisce sia dall’attività  pastorale da svolgere nei riguardi dei fedeli, sia dalle iniziative da prendere per ricomporre l'unità dei cristiani» (AG 6).

 

La Evangelii Nuntiandi considera l'evangelizzazione da una prospettiva molto ampia, come abbiamo già ricordato precedentemente. Sviluppa aspetti che erano abbozzati nel decreto Ad Gentes e afferma che è una attività molto complessa, la quale porta con se una pluralità di fattori che trascendono il solo annuncio del vangelo e che devono essere integrati nella loro totalità: "L'evangelizzazione è un processo complesso e dagli elementi vari: rinnovamento dell'umanità, testimonianza, annuncio esplicito, adesione del cuore, ingresso nella comunità, accoglimento dei segni, iniziative di apostolato" (EN 24).

 

Al momento attuale, Giovanni Paolo II centra tutta l'azione missionaria della Chiesa in ciò che viene chiamata "nuova evangelizzazione". Questa espressione è stata impiegata per la prima volta alla Conferenza dell'Episcopato Latino-Americano, in Haiti, il 9 marzo 1983: "La commemorazione del mezzo millennio di evangelizzazione giungerà al suo pieno significato, se sarà un impegno vostro come Vescovi, assieme al vostro presbiterio e ai fedeli; impegno non di evangelizzazione, ma bensì di una nuova evangelizzazione. Nuova nel suo ardore, nei suoi metodi e nella sua espressione".

 

Il documento della IV Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano  (Celam IV. Santo Domingo, 1992)  raccoglie le idee fondamentali sulla  «nuova evangelizzazione»:

 

·      la definisce (Celam IV 24; cf VC 81),

·      e ne indica i destinatari ( Ib. 25; Cf VC 79.80), la finalità (Ib. 26; RMi 33) e il contenuto (Ib 27).

 

«Questa evangelizzazione troverà la forza rinnovatrice nella fedeltà alla Parola di Dio, il suo luogo di accoglienza nella comunità ecclesiale, il suo soffio creatore nello Spirito Santo, che crea nell'unità e nella diversità, alimenta la ricchezza carismatica e ministeriale, e si proietta nel mondo mediante l'impegno missionario" (Celam IV 27).

 

L’espressione "nuova evangelizzazione" è diventata la parola-chiave preferita di Giovanni Paolo II. Questa parola-chiave, dopo essere stata pronunciata per la prima volta in America Latina, è stata applicata anche all'Europa ed ai paesi cristianizzati, immersi però in un processo di secolarizzazione.

 

In varie occasioni il Papa stesso ha animato la Chiesa ad una riflessione continua sugli aspetti che presenta questa nuova sfida pastorale per chiarirne i contenuti e per cercare le formule più adeguate per realizzarla., insistendo che deve essere: "nuova nel suo ardore, nei suoi metodi e nella sua espressione" (Celam IV 28).

 

In seguito indichiamo i contenuti che consideriamo elementi fondamentali della nuova evangelizzazione:

 

·      Espressione chiara del messaggio evangelico che annuncia il disegno salvifico di Dio manifestato in Gesù come salvezza integrale dell'uomo.

·      Uno stile prettamente testimoniale in chiave di radicalismo evangelico, come frutto di conversione personale e di un processo di auto-evangelizzazione.

·      Opzione per i poveri e per coloro che soffrono, come priorità in qualsiasi circostanza della nostra vita.

·      Impegno per la promozione umana, la giustizia e la solidarietà per promuovere la dignità dell'uomo, voluta da Dio.

·      Responsabilità di tutti i membri della Chiesa come agenti evangelizzatori nei vari settori ed ambiti nei quali si trovano.

·      Promozione dell'incontro e del dialogo tra cultura e fede per rispondere alle profonde aspettative dell'uomo.

 

Parallelamente all’evoluzione della riflessione teologica, la Chiesa è sempre stata presente in tutte le necessità dell'uomo per illuminarle con il Vangelo. E' presente nel campo educativo, nel mondo della salute, nell'attività sociale, nella famiglia, infanzia e gioventù e nella terza età, tra gli emarginati, gli immigrati, tra i mezzi di comunicazione sociale, il volontariato, nei Paesi in via di sviluppo con un'assistenza in tutte le primarie necessità, nei campi dei rifugiati, nella promozione delle Organizzazioni non Governative, ecc. Ogni ambito umano è adatto per realizzare la "nuova evangelizzazione".

 

7. La vita consacrata nel mistero e nella missione della Chiesa

«La vita consacrata si pone nel cuore stesso della Chiesa come elemento decisivo per la sua missione, giacché <esprime l’intima natura della vocazione cristiana>« (VC 3; cfr. AG 18).

 

Il nostro stile di vita e l'attività apostolica al servizio dell'uomo sono stati i due contributi primordiali alla evangelizzazione: "Anch'essi hanno lasciato ogni cosa, come gli Apostoli, per stare con Lui e mettersi, come Lui, al servizio di Dio e dei fratelli. In questo modo essi hanno contribuito a manifestare il mistero e la missione della Chiesa con i molteplici carismi di vita spirituale ed apostolica che loro distribuiva lo Spirito Santo, e di conseguenza hanno pure concorso a rinnovare la società" (VC 1).

 

Poniamo in risalto alcune caratteristiche che collegano la Vita Consacrata alla missione universale della Chiesa:

 

·      La Vita Consacrata è un dono di Dio concesso alla Chiesa (cfr. LG 43; VC 3).

·      E' ispirata dallo Spirito Santo (cfr. PC 1; VC 5,19).

·      Si trova immersa nel più profondo sentire della Chiesa ed esprime la missione salvifica della medesima (cfr. LG 43,44; VC 3, 5, 29).

·      Rende possibile, pur con diverse manifestazioni, l’opera apostolica universale (cfr. PC 1; VC 25,72).

 

Il consacrato o la consacrata è un testimone che annuncia il Regno di Dio, in un atteggiamento permanente di donazione, gratuità e speranza. Dalla continua conversione, dal vivere i Consigli evangelici e il servizio alla Chiesa, si stabilisce una nuova relazione tra Dio e l'uomo, per andar così realizzando il progetto di una umanità salvata e riconciliata in Cristo:

 

"Quanto alla significazione della santità della Chiesa, un'oggettiva eccellenza è da riconoscere alla vita consacrata, che rispecchia lo stesso modo di vivere di Cristo. Proprio per questo, in essa si ha una manifestazione particolarmente ricca dei beni evangelici e un'attuazione più compiuta del fine della Chiesa che è la santificazione dell'umanità" (VC 32).

 

L'annuncio del Vangelo è una priorità della Vita Consacrata e, in questa, noi troviamo molti dei suoi agenti più rappresentativi e carismatici.. Essa ha contribuito alla evangelizzazione con le risposte che le Famiglie Religiose hanno dato alle diverse sfide storiche. Nelle vite e nelle opere dei Fondatori, nella loro capacità di interpretare i segni dei tempi per rispondere alle esigenze che andavano sorgendo, troviamo il loro contributo più significativo a seconda dei diversi carismi:

 

Nella realtà attuale è doveroso far risaltare la testimonianza di vita dei religiosi e delle religiose a favore della promozione della dignità umana, della giustizia e della pace in paesi come il Mozambico, Vietnam, Liberia, El Salvador, Sierra Leone, Algeria, Ruanda, Zaire... una testimonianza non di rado segnata dal martirio, presente in tutte le epoche, che costituisce una delle forme più evidenti della evangelizzazione.

 

Il nostro Ordine Ospedaliero nasce del vangelo della misericordia, quale lo visse in pienezza San Giovanni di Dio, suo Fondatore. "Il nostro carisma nella Chiesa è un dono dello Spirito, che porta a configurarci con il Cristo compassionevole e misericordioso del Vangelo " (Cost.1984, 2a) , che ci unisce alla missione di Gesù: siamo inviati al mondo e "proclamiamo la grandezza dell'amore di Dio e mostriamo agli uomini che Lui continua a interessarsi della loro vita e delle loro necessità" (Cost.1984, 8).

 

Noi, religiosi di San Giovanni di Dio, assumiamo il mandato dell’evangelizzazione come esperienza e annuncio della fede in Gesù: "Il mandato di annunciare il Vangelo a tutte le genti, che la Chiesa ha ricevuto dal suo Signore, riguarda anche noi Fatebenefratelli. Consapevoli della nostra responsabilità nella diffusione della Buona Novella, manteniamo sempre vivo lo spirito missionario". (Cost. 48ab).

 

La storia del  nostro Ordine testimonia in maniera eloquente come i nostri Confratelli abbiano saputo fare presente il messaggio liberatore di Cristo ai poveri ed emarginati, nell'esercizio di un apostolato pienamente evangelico, volto a proclamare la misericordia di Dio verso il malato e il bisognoso.


 

Capitolo secondo

 

GIOVANNI DI DIO: FRATELLO E SERVO

PER LA SALVEZZA DI TUTTI

 

1. Sedotto dalla misericordia di Dio

Giovanni di Dio si identificò intimamente con Gesù di Nazaret nei suoi atteggiamenti e gesti di misericordia e solidarietà verso i poveri: si liberò progressivamente da ogni egoismo e tendenza a vivere un cristianesimo comodo, fece una lettura della situazione dei poveri e degli infermi di Granada in chiave di fede e di misericordia e, animato dall’esperienza di Dio, come Padre misericordioso, imitò Gesù Cristo nella dedizione radicale al servizio dei bisognosi della sua epoca per manifestare loro l’amore di Dio, renderli partecipi della sua stessa esperienza e annunciare loro la salvezza (cfr. Cost. 1984, 1).

 

Anche se il momento chiave del suo incontro con Dio va situato nell’eremo dei Martiri di Granada, allorché assistette alla predica del Maestro Avila nella festa di San Sebastiano, la luce definitiva, che illuminò il cammino per il quale lo Spirito lo avrebbe condotto a seguire in povertà radicale Cristo povero, inondò la sua vita durante il ricovero nell’Ospedale Reale di Granada. Vedendo come erano trattati i suoi compagni di sventura, non seppe trattenersi ed esclamò:

 

          "Oh, traditori nemici della virtù, perché trattate così male e con tanta crudeltà questi poveri infelici e fratelli miei che si trovano in questa casa di Dio insieme a me? Non sarebbe meglio che aveste compassione di essi e delle loro sofferenze, e li puliste e deste loro da mangiare con più carità ed amore di quello che non fate, poiché i Re Cattolici per questo lasciarono tutte le rendite che occorrevano?" [1]

 

L’Ospedale Reale fu il noviziato in cui lo Spirito lo aiutò a sopportare l’umiliazione e la sofferenza come esperienza di comunione con il Cristo umiliato e oltraggiato. La contemplazione del mistero dell’incarnazione del Verbo, che gli si mostrava trasfigurato nel volto dei poveri infermi, suoi compagni, lo aiutò a discernere come corrispondere l’amore infinito di Dio:

 

          " E vedendo castigare gli infermi, che erano pazzi e stavano insieme con lui, diceva: Gesù Cristo mi conceda il tempo e mi dia la grazia di avere io un ospedale, dove possa raccogliere i poveri abbandonati e privi di ragione e servirli come desidero io" [2].

 

In questa maniera Giovanni di Dio riuscì a cogliere il contenuto dell’inquietudine che non gli aveva permesso di continuare come pastore ad Oropesa, né di accettare  l’invito di suo zio a rimanere a Montemor quando, di ritorno da Vienna, si recò al suo paese natale alla ricerca dei familiari:

          "Signor zio, giacché Dio ha voluto chiamare a sé i miei genitori, è mia volontà di non rimanere in questa terra, ma di cercare un luogo dove io possa servire nostro Signore fuori del luogo nativo, come fece mio padre, lasciandomene tanto buon esempio. E poiché sono stato tanto cattivo e peccatore, è giusto che, avendomi il Signore dato la vita, quella che mi rimane la spenda nel fare penitenza e servirlo. E confido nel mio Signore Gesù Cristo che mi darà la sua grazia perché io possa realmente mettere in pratica il mio desiderio" [3].

 

Nell’Ospedale Reale Giovanni Ciudad raccolse i frutti del suo impegno generoso a favore della famiglia Almeida durante il suo soggiorno a Ceuta; nell’Ospedale Reale ricevette la risposta alla confessione generale e all’incessante supplica che aveva rivolto al Signore in Gibilterra:

 

          «...indicarmi il cammino che devo intraprendere per servirvi ed essere per sempre vostro schiavo, e dare finalmente pace e tranquillità a quest'anima, trovando così ciò che tanto desidera" [4].

 

Dio gli mostrò il cammino e Giovanni si dispose a percorrerlo con tutto l’amore che Dio stesso aveva infuso nel suo cuore. E non abbandonò mai più questo cammino, raggiungendo la pace e la serenità a cui aveva sempre aspirato, perché scoprì il «tesoro» per il quale valeva la pena impegnare la propria vita: farsi schiavo, prigioniero, per Gesù Cristo, dedicandosi ad amare e servire i suoi fratelli e prossimi (cfr. 2 GL 7.8).

 

Francesco de Castro, il suo primo biografo, lo presenta come ubriacato dal vino della carità:

 

          "Era tanta e tanto grande la carità, della quale mostro Signore aveva dotato il suo servo, ed erano così singolari le opere che da essa derivavano, che alcuni, giudicandolo con spirito vano, lo ritenevano per prodigo e dissipatore, non comprendendo che nostro Signore lo aveva messo nella cantina del vino ed ivi aveva stabilito in lui la sua carità, e che egli si era in tal modo inebriato del suo amore che non negava nessuna cosa che gli venisse chiesta per lui" [5].

 

2. Testimone dell’ospitalità di Dio

La vita di Giovanni, a partire dalla sua donazione definitiva al Signore, consistette nel lasciarsi invadere dall’ospitalità di Dio. L’Ospitalità, con la «O» maiuscola, significò per lui sentirsi invaso dall’accoglienza misericordiosa di Dio, dalla sua benevolenza e dal suo perdono. Si sentì accolto «ospitalmente» da Dio Padre, si sentì gioiosamente figlio di Dio, sicché alla fine tutti i suoi sforzi erano diretti a manifestare questa filiazione vivendo come  Gesù: in piena docilità al volere del Padre, e in totale dedizione a creare spazi e relazioni di fraternità.

 

Iniziò la sua missione di servizio ai poveri e infermi di Granada con l’aiuto di Dio, senza un ducato in tasca, con l’impegno incondizionato della sua esistenza, senza risparmiare le sue forze e senza riposare né di giorno né di notte. La gente di Granada, al principio, pensò di aver a che fare con una strana forma di «pazzia». Poco a poco scoprì che si trattava di vera «pazzia»: la pazzia che aveva rivoluzionato il suo mondo interiore e mosso il suo cuore, derivava nientedimeno che dal fatto che era stato contagiato dalla «follia d’amore» manifestata da Dio nel suo Figlio Gesù, che si fece povero per comunicarci la sua ricchezza, che si fece schiavo per restituirci la libertà e diede la sua vita nel servizio a tutti perché tutti avessero la vita per Lui.

 

Giovanni di Dio fu un povero sconcertante, in un’epoca in cui la mendicità era una «professione» assai diffusa. Sconcertò gli abitanti di Granada, quando, dopo aver deciso di seguire  Cristo povero abbandonando la sua piccola bottega di libraio e donando quel poco che aveva ai poveri, si propose di organizzare un luogo dove accogliere, dar da mangiare ed assistere i poveri infermi di Granada. Suscitò curiosità, quando, una notte tardi, incominciò a gridare: «Fate bene fratelli, fate bene a voi stessi dando elemosina ai poveri». E gli davano elemosina, molte elemosine., con le quali dapprima riuscì ad organizzare un piccolo rifugio, poi un minuscolo ospedale e più tardi acquistare un vecchio convento per organizzare ciò che viene considerato il primo ospedale di Giovanni di Dio, nella Cuesta de Gomeles, nel quale, come egli stesso dice, ricevettero assistenza ed aiuto più di 140 persone tra infermi, poveri e pellegrini.

 

Nel suo ospedale vennero accolti e serviti come fratelli i poveri e gli infermi, le prostitute decise a cambiare vita, i benefattori che lo aiutavano a fare il bene, i compagni che desideravano vivere come lui. Senza pretendere di fare «scuola», la testimonianza di vita di Giovanni contagiò quanti gli stavano intorno, in modo che il suo ospedale si trasformò in un luogo in cui si viveva, trasmetteva e si sperimentava l’ospitalità.

 

Anche se dedicava all’ospedale i migliori e maggiori sforzi del suo impegno caritativo, nessuna miseria lasciò indifferente il cuore di Giovanni. Nel volto dei poveri contemplava quello del Signore ed il suo cuore non gli permise di andare oltre senza tentare di rimediare alle loro necessità. Giovanni, il più povero di tutti, seppe convincere quanti lo potevano sostenere nel suo apostolato. Scrive alla Duchessa di Sessa:

 

          «... l’altro giorno, quando stavo a Cordova, andando per la città, ho trovato una casa con la più grande necessità, dove vi erano due ragazze che avevano il padre e la madre ammalati a letto e rattrappiti da dieci anni; li ho visti così poveri e così malconci, che mi spezzarono il cuore...mi hanno scritto una lettera che mi ha spezzato il cuore per quanto mi mandavano a dire. Mi trovo in tanta necessità che il giorno in cui devo pagare quelli che lavorano, alcuni poveri rimangano senza mangiare...Così, buona Duchessa, io desidero, se così piace a Dio, che guadagnate voi questa elemosina». (1 DS 15-17).

 

E a Gutierre Lasso:

 

          «...vedendo soffrire tanti poveri miei fratelli e mio prossimo, che si trovano in così grande necessità sia per il corpo che per l’anima, non potendoli soccorrere, sono molto triste... (...) Fratello mio in Gesù Cristo, sento molto sollievo a scrivervi, perché mi sembra di parlare con voi e di farvi partecipe dei miei affanni; so che voi le sentite... Nostro Signore Gesù Cristo vi ricompensi in cielo la buona opera che avete fatto per Gesù Cristo, per i poveri e per me.» (2 GL 8.13).

 

3. Contagiò gli altri con l’amore per il prossimo

Giovanni di Dio definì se stesso «il fratello di tutti». E’ questa, probabilmente, una delle migliori definizioni che si possono dare di lui, perché visse e manifestò la fraternità indistintamente verso i poveri e gli infermi, i ricchi caduti in povertà, i soldati in difficoltà, le prostitute e le «signore» di Andalusia e Castiglia che con le loro elemosine lo aiutavano a realizzare il suo apostolato di carità.

 

Negli abitanti di Granada si produsse un cambio radicale dell’immagine di Giovanni di Dio. Scrive il Castro:

 

          «perché la gente comune giudicava sempre che quello che gli vedevano fare era un ramo di pazzia, finché poi videro bene quanto frutto e quale buon vino quel seme, sotterrato e marcito, venne a portare"[6].

 

Come dice lo stesso testo, fu a poco a poco che vennero cambiando di criterio nei suoi confronti, vedendo la coerenza della sua vita, la donazione totale e disinteressata, la sua costanza, il suo spirito di sacrificio, il suo modo di chiedere e l'universalità del suo amore. Possiamo affermare che a Granada si passò dai dubbi circa la sua persona alla identificazione totale con Giovanni di Dio attraverso i seguenti passaggi:

 

·      L'ammirazione. Il primo sentimento positivo rispetto alla sua persona fu la sorpresa. E' questo lo stesso Giovanni che abbiamo visto pazzo? Però, quanto è cambiato! La sua nuova vita dimostrava effettivamente il cambio che vi era stato; ma più che un cambiamento, rivelava chi era veramente Giovanni di Dio.

 

·      Il riconoscimento. All’ammirazione seguì il riconoscimento: Giovanni di Dio incominciò ad essere amato da tutti. Faceva cose che nessun altro faceva, e nella sua casa dava ospitalità a qualsiasi tipo di persone: malati, poveri, pellegrini, ecc.. Non era pazzo, ma lucido, anzi lucidissimo. Lo amavano e lo benedicevano i poveri, i ricchi, le autorità civili ed ecclesiali.

 

·      La collaborazione. Con il riconoscimento gli giunse anche la collaborazione. L'opera di Giovanni di Dio divenne l’opera dell’intera città di Granada che la sentì come sua. Era un'opera sostenuta dal popolo sotto tutti i punti di vista, con denaro, con l’impegno personale, con il coinvolgimento di amici e compagni. Tutti, gradualmente, si sentirono protagonisti dell'ospedale del benedetto Giovanni di Dio. Più che di collaborazione, si trattò di una vera e propria identificazione con l’opera di Giovanni.

 

·      Il ricordo. Giovanni non poteva morire del tutto. Il suo amore continuava a pervadere ogni vicolo e angolo della città del Darro. Il suo funerale costituì una grande manifestazione di affetto e di venerazione. Dice il Castro:

 

            "ben si può dire che alle sue spoglie furono fatti tali grandiosi funerali e resi tali onori, che non ebbero mai principe, imperatore o monarca del mondo" [7].

 

Lo spirito di Giovanni di Dio continuava a vivere nei suoi fratelli che lo perpetuavano a Granada ed estendevano la sua opera nei cinque continenti, facendo sì che, oggi, lui non sia solo una figura storica, ma una presenza viva tra di noi.

 

4. I primi compagni

Giovanni di Dio esercitava un grande fascino su quanti venivano a contatto con lui. Grazie a Francisco de Castro sappiamo che per un certo periodo era lui solo ad occuparsi di tutte le incombenze della sua opera. Più tardi si unirono a lui volontari, infermieri stipendiati, ed amici, come Giovanni d'Avila, che il Santo chiamava affettuosamente Angulo, i quali lo aiutavano e lo accompagnavano nei suoi lavori e nei suoi viaggi. Tutti queste persone si sentirono contagiati dall’integrità della sua vita e dalla sua capacità di trasmettere l’esigenza cristiana di vivere la carità e il servizio a favore dei poveri.

 

I primi Fratelli di Giovanni di Dio sono anch’essi frutto della sua grande carità. Da una delle sue lettere sappiamo che il Santo si rendeva perfettamente conto che il suo modo di vivere esigesse degli atteggiamenti personali che dovevano manifestarsi in una dedizione totale alle cose di Dio, in un impegno incondizionato a favore dei poveri ed in un’integrità di vita fondata sulla grazia di Dio, sulla coltivazione della preghiera e sulla pratica dei sacramenti (cfr. LB passim). Quando li scelse, non si lasciò influenzare da pregiudizi, né confondere da elementi esteriori, perché aveva sperimentato su se stesso che la misericordia di Dio è capace di trasformare il cuore dell’uomo che si lascia sedurre dalla sua misericordia.

 

I suoi primi compagni sono difatti in genere persone lontane da Dio, con una vita più o meno sregolata, ai quali però la sua dedizione, la sua parola e la sua testimonianza di carità fecero tanta impressione che cambiavano atteggiamento e, soprattutto, desideravano vivere, con lui, la sua stessa missione, creando così una nuova famiglia religiosa. 

 

La storia di Antón Martín e Pedro Velasco è ben conosciuta da tutti. Come è stato riferito da vari testimoni nel processo di beatificazione, si trattava di nemici, dato che Pedro aveva assassinato il fratello di Antonio, il quale, per questo motivo desiderava vendicarsi. La carità e lo zelo apostolico di Giovanni di Dio li trasforma, prima in veri fratelli, in seguito in collaboratori della sua opera ed infine nei suoi primi compagni.

 

Quanto a Simone d'Avila, la storia ce lo presenta come un detrattore di Giovanni di Dio; lo discreditava e lo seguiva passo per passo per spiarlo nelle visite che faceva alle vedove povere e alle giovani donzelle bisognose. Seguendo tutti i suoi passi con l’intenzione di smascherare ciò che egli sospettava essere una falsa carità, lo portava però ad acquisire una conoscenza talmente profonda della sua vita che lo trasforma da detrattore in un grande ammiratore di Giovanni di Dio. Mosso dalla grazia divina, si sentì attratto dal suo stile di vita ed entrò a far parte dei suoi compagni.

 

Domenico Piola fu un commerciante che aveva accumulato grandi ricchezze. I suoi contatti con il santo andarono cambiando gradualmente la sua vita; si identificò con lui e pensò di lasciare le cose del mondo per seguirlo ed imitare la sua carità. Prima di accettarlo, Giovanni di Dio, gli chiese di mettere ordine nei suoi affari. Visse in seguito, a detta di quanti lo hanno conosciuto, dando grande edificazione e buon esempio.

Poco invece sappiamo della vita di Juan García prima di diventare un compagno di Giovanni di Dio. Attratto dalla testimonianza di Giovanni di Dio, si unì a lui per lavorare nel suo ospedale. La sua grande carità e disposizione a servire i malati lo portò a restare sempre nell’ospedale con gli infermi.

 

5. Segni profetici ed evangelizzatori della sua vita

E' difficile riassumere in poche parole le caratteristiche dello spirito profetico ed evangelizzatore della vita di Giovanni di Dio. A modo di sintesi mettiamo in risalto i seguenti, senza pretendere di essere esaurienti.

 

5.1. Intima relazione con Dio

Come risultato dell’esperienza di sentirsi amato misericordiosamente dal Padre, Giovanni sviluppa progressivamente la comunione con Dio, che lo anima a vivere l’amore come adesione filiale alla sua volontà. Nell’accettarla mette in evidenza che ha scoperto in Gesù ed appreso da Lui che per mantenersi nell’amore del Padre bisogna compiere la sua volontà. (Cfr. Gv 15, 9‑10; 14, 31)

 

A partire dalla sua conversione, Giovanni sviluppa i suoi atteggiamenti di fede, carità e speranza in maniera tale che il suo volere era il volere di Dio.

 

5.2. La fede

La fede lo conduce ad accettare nella sua vita la presenza salvifica di Dio con tale profondità che era Dio stesso a plasmarla. Lo stesso soprannome «di Dio» lo sta ad indicare. Giovanni non appartiene più a se stesso, ma a Dio. Non vive più per se stesso, ma per Dio e il suo Regno.

 

Traendo forza da questa esperienza di fede, intesa come accettazione gioiosa della presenza e della salvezza di Dio nella propria esperienza, Giovanni assunse quei atteggiamenti che più tardi raccomandò nelle sue lettere:

 

       «Dio prima di tutto e sopra tutte le cose  del mondo». (Inizio delle lettere)

       «...tutto ciò si deve patire per Dio... tutto questo per amore di Dio... di tutto dovete rendere molte grazie a Dio». (LB. 9)

 

       «...perché le buone opere che gli uomini fanno, non sono loro, ma di Dio. A Dio onore, gloria e lode, perché tutto è di Dio». (1 GL. 11)

 

5.3. La carità

Giovanni di Dio è il Santo della Carità. L’amore a Dio e al prossimo è il motore e la meta della sua vita. La carità, per lui, è:

 

·      la manifestazione di comunione con Dio: «Abbiate sempre carità, perché dove non c’è carità, non c’è Dio, anche se Dio c’è in ogni luogo». (LB. 15)

·      «la madre di tutte le virtù». (1 DS 16)

·      la prova dell’amore a  Gesù Cristo: «... so che volete bene a Gesù Cristo e che avete compassione dei suoi figli, i poveri». (2 GL. 10)

·      la garanzia del perdono dei peccati: «...come l’acqua spegne il fuoco, così la carità cancella il peccato». (1 DS. 13)

·      «l’anima» della compassione e della dedizione agli altri: «Vedendo soffrire tanti poveri miei fratelli e mio prossimo, che si trovano in così grandi necessità sia per il corpo che per l’anima, non potendoli soccorrere, sono molto triste». (2 GL. 8). «... mi indebitai per tre ducati a favore di alcuni poveri molto bisognosi». (1 DS. 3)

 

L'amore al prossimo diventa «l’anima» che anima la sua vita. Vive il cristianesimo a perfetta imitazione di  Gesù Cristo, amando sempre il prossimo, anche quando non viene corrisposto. Giunge a vivere l’amore cristiano nella sua esigenza più sconcertante, amando i suoi nemici, facendo il bene ai «buoni come ai cattivi». Francisco de Castro riferisce un fatto preciso a questo riguardo. Persone ben intenzionate, senza dubbio, informarono l’Arcivescovo Guerrero che Giovanni di Dio accoglieva gente di mal costume nel suo ospedale che, secondo il loro dire, gettavano discredito su di esso. L’Arcivescovo lo chiamò e lo invitò a non accogliere coloro che non ne fossero «degni»:

 

          «Giovanni di Dio ascoltò con molta attenzione tutto quello che il suo prelato gli diceva, e con molta umiltà e mitezza gli rispose: ’Padre mio e buon prelato, io solo sono il cattivo, l’incorreggibile ed inutile, che merito di essere scacciato dalla casa di Dio. I poveri che stanno nell’ospedale sono buoni, e di nessuno di essi io conosco alcun vizio. E poi, giacché Dio tollera i cattivi e i buoni, ed ogni giorno fa sorgere sopra di tutti il suo sole, non è ragionevole scacciare gli abbandonati e gli afflitti dalla loro casa»[8].

 

Per amore di Dio, sopporta con pazienza grandi affronti e li accetta come un modo di soffrire per Cristo identificandosi con Colui che, al male che gli veniva fatto, rispondeva con il bene (cfr. LB 10). Sa bene che dove non vi è carità, non vi è Dio (cfr. LB 15); così lo esprime nelle sue lettere.

 

Molto sensibile al dolore altrui, gli si spezza il cuore quando incontra delle persone che sono nel bisogno. Accoglie tutti nella sua casa, a rischio di essere tacciato di essere troppo generoso. Ma è consapevole che il suo destino è rendere presente la misericordia di Dio ed amare tutti senza frontiere, con atteggiamento evangelico e con autentico senso profetico.

 

5.4. La speranza

La speranza, per Giovanni di Dio, è:

 

          «Speranza solo in Gesù Cristo che, in cambio delle fatiche e delle infermità che per suo amore sopporteremo in questa miserabile vita, ci darà la gloria eterna per i meriti della sua sacra Passione e per la sua grande misericordia». (3 DS. 9)

 

La descrive in maniera concisa, quando dice:

 

          «... fratello mio amatissimo e stimatissimo in Gesù Cristo, ...molte volte non esco di casa a motivo dei debiti che ho ...con tutto ciò, confido solo in Gesù Cristo che mi sdebiterà, poiché Lui conosce il mio cuore». (2 GL. 7.8; cfr. 1 DS. 6 ; 2 DS. 7. 20)

 

          «...sono molto afflitto e in grandissima necessità; di tutto però rendo grazie a nostro Signore Gesù Cristo perché... sono così tanti i poveri che qui affluiscono che, molto spesso, io stesso sono spaventato per come si possa sostentarli; ma Gesù Cristo provvede a tutto e dà loro da mangiare». ( 2 GL. 3)

 

          «...e poiché Gesù Cristo provvede a tutto, a Lui siano rese grazie per sempre.  Amen Gesù». (2 GL. 9)

 

          «...dopo il lavoro, dobbiamo rendere grazie a nostro Signore Gesù Cristo che usa con noi tanta misericordia». (2 DS. 18)

 

5.5. Solidarietà con i poveri e gli infermi

Giovanni di Dio si dedica radicalmente al servizio degli infermi e dei bisognosi, a partire da un impegno personale che lo porta ad identificarsi con essi: si «svuota di se stesso» per situarsi al livello dei suoi «fratelli e prossimi» e così poter entrare in un dialogo di amore con loro, dialogo che si concretizza nel servizio e nella donazione della sua vita per rimediare alle loro necessità.

 

E’ questo un aspetto che risalta con forza prorompente nella sua vita: non serve soltanto i poveri, ma fa sua la vita e la sorte dei poveri che serve. Lo esprime con molta chiarezza scrivendo a Gutierre Lasso:

 

          «La presente sarà per farvi sapere, che io sono molto afflitto e in grandissime necessità... mi trovo indebitato e prigioniero solo per Gesù Cristo; devo più di duecento ducati... molte volte non esco di casa a motivo dei debiti che ho... ho voluto ragguagliarvi delle mie preoccupazioni perché so che ne soffrirete come io soffrirei per le vostre, e perché so che volete bene a Gesù Cristo e che avete compassione dei suoi figli, i poveri; perciò vi informo delle loro necessità e delle mie». (2 GL. 1.7.8.10)

 

Forte di questa identificazione profonda, che lo fa sentire povero e bisognoso, e dello «svuotamento» personale, Giovanni di Dio può offrire il suo servizio e rimediare alle necessità dei poveri senza ferire la loro «dignità» o cadere in atteggiamenti «paternalistici». In questo modo riesce a comprendere perfettamente la situazione di ogni persona. Come Cristo, Giovanni di Dio vive l’atteggiamento della compassione che nasce dall’amore: soffre con chi soffre e spera con chi non ha...

 

5.6. La preghiera

Giovanni di Dio, a prima vista, appare come una persona eminentemente attiva. Tuttavia la Chiesa, nella bolla di canonizzazione, lo presenta come modello di carità e di profonda preghiera. Dalla sua biografia desumiamo con chiarezza questo tratto caratteristico del suo essere cristiano: ha saputo coniugare perfettamente il verbo amare nella sua doppia valenza, amare Dio e il prossimo, raggiungendo quell’armonia esistenziale che solo l’amore riesce a comunicare. La sua opera di carità si rinnova e trae forza dal contatto costante con Dio, contatto che avviene non solo nei momenti di preghiera, che sono molti, ma anche nella dedizione agli, cosa che gli permette di realizzare una lettura in chiave di fede della vita, della sofferenza, della povertà, di tutto.

 

Il suo stile di preghiera è molto semplice, simile a quello di un qualsiasi credente del suo tempo: recita le preghiere comandate dalla Santa Madre Chiesa; medita la passione di Cristo, specialmente il venerdì; si trova molto bene con la recita del rosario; assiste alla celebrazione Eucaristica; si confessa spesso; con frequenza va dal direttore spirituale; raccomanda le sue necessità al Signore con volontà, disposto a compiere sempre la sua volontà, si fida totalmente di Gesù Cristo, gli rende costantemente grazie per la sua grande misericordia e per il suo amore e la sua bontà e opera il bene e la carità a favore dei poveri e degli infermi (cfr. 2 DS 18.19).

 

Si può affermare senza ombra di dubbio che Giovanni di Dio è un uomo di preghiera, un profeta, che sa captare e mettersi in contatto con Dio in tutte le realtà, nonostante la frenetica attività che lo assorbe.

 

5.7. L’ascetica

A partire dalla sua conversione, Giovanni di Dio incomincia a condurre una vita molto dura, che il Castro ci descrive nei seguenti termini nel capitolo XVII della sua biografia:

 

          «Solo il lavoro ordinario che Giovanni di Dio svolgeva per cercare le elemosine ed aver cura dei suoi poveri, senza contare le continue richieste e noie di tutti, era una penitenza ed una mortificazione della carne tanto grande, da costituire un peso appena sopportabile per un altro che fosse di corpo sano e forte... Eppure, il fratello Giovanni di Dio non si contentava di tutto questo, ma mortificava la sua carne con opere di grande penitenza, assoggettandola allo spirito e non concedendole neppure il necessario».[9]

 

Più avanti, il Castro continua:

 

          «Erano tanti i travagli, che Giovanni di Dio sosteneva per rimediare alle sofferenze di tutti gli altri, sia per la strada che faceva nei viaggi, patendo in essi molto freddo, sia per il lavoro ordinario che svolgeva in città, che ne rimase distrutto». [10]

 

In base a queste testimonianze, possiamo dire che la sua ascetica si manifestò soprattutto nei seguenti tre aspetti:

 

·      Primo, il poco riguardo che ha per il suo corpo, non desidera trattarlo con delicatezza; vive per i poveri e si identifica con loro. Al cibo e al vestito fa allusione parecchie volte nelle sue lettere (cfr. 2 DS 13), e si vede quanto poco gli occorreva per vivere. Il lavoro, il poco sonno che si concede, l'austerità, riflettono costantemente il suo ascetismo.

 

·      Il secondo aspetto sono tutte le esigenze legate alla sua donazione agli altri, vale a dire: essere attento agli ammalati, seguire il corso delle loro malattie, visitarli quando, stanco, torna a casa, uscire a chiedere l'elemosina, preoccuparsi della riabilitazione delle donne di malaffare, dare spiegazioni e convincere i creditori... La sua ascesi giunge fino al punto di rendere grazie a Dio sia per il bene che per il male.

 

·      Il terzo aspetto è quello che, per poter realizzare quanto sopra, Giovanni di Dio, intraprende, a partire dalla sua conversione, un processo di svuotamento di se stesso per potersi riempire dell'amore di Dio. Dopo aver ascoltato il sermone del Maestro Avila, uno dei suoi desideri è quello di voler essere tenuto in poca considerazione: si spoglia, si getta nel fango, lascia che gli altri si prendano beffe di lui e che lo prendano per pazzo.  Dice di se stesso continuamente di essere un grande peccatore e lo conferma anche all’arcivescovo Guerrero in punto di morte. i Venerdì, quando esorta le prostitute a cambiare vita, lo fa confessando i propri peccati; egli è, nella sua opinione, l’unico indegno di stare nel suo ospedale... Proprio lui che aveva raggiunto le vette più alte dell’amore e della santità, si sentì un nulla. E questa è un'altra delle sue espressioni profetiche.

 

5.8. La collaborazione con i laici

La sua opera fu sempre aperta, non solo ai malati e ai poveri, ma anche a tutte le persone che desideravano collaborare con lui.

 

Inizia con le elemosine degli abitanti di Granada; si sente appoggiato dal lavoro che gli stessi poveri cominciano a fare in casa e, con loro, i pellegrini e le prostitute, alle quali egli chiede aiuto in particolare; ha infermieri che lavorano in ospedale quando egli è fuori casa per chiedere l'elemosina; nelle sue uscite lo accompagna Juan de Avila (Angulo); i benefattori arrivano ad essere, con i loro aiuti, i costanti protagonisti dell'ospedale. La città di Granada giunge a sentire la sua assenza quando viaggia fino a Valladolid, per andare a Corte, e vi rimane per nove mesi, al punto da tributargli, al suo ritorno, un grande ricevimento.

 

Tutto questo non è se non l'espressione della convinzione che egli ha, di realizzare un'opera con la partecipazione di tutti, dando valore ad ognuna delle persone che vi contribuiscono, con grande apertura ed universalità. La sua opera fu, perciò, sin dai primi inizi, anche opera dei collaboratori, credenti o non credenti, purché si identificassero con il suo spirito umanitario nei confronti di coloro ai quali egli desiderava testimoniare la forza della salvezza.

 

5.9. La sua saggezza

Giovanni di Dio fu un uomo saggio, dotato di quella saggezza biblica che nasce dalla semplicità, dall'umiltà, dalla crescita in fedeltà alla chiamata di Dio, dall’armonizzazione della propria esistenza in corrispondenza a quanto considerava fondamentale per la propria vita.

 

Le sue risposte saranno sempre più ragionate e la gente lo considererà, ogni volta di più, come un uomo pieno di buon senso.

 

5.10. La sua armonia e serenità

Le giornate di Giovanni di Dio erano piene; non aveva tempo da «perdere», giacché le necessità dell’ospedale e l’assistenza ai poveri non gli lasciavano neppure il tempo e «lo spazio di un credo». (1 GL. 4) Ciò nonostante si preoccupava di visitarli uno ad uno, si interessava del loro stato e di come avevano passato il giorno in sua assenza. Quando incontra qualcuno che soffre, non ha fretta: accoglie, ascolta con calma e, nel limite del possibile, offre rimedio alle sue necessità. Il Castro ci riferisce:

 

          «Ed era tanto il concorso di tutta la gente che vi si recava per trattare con lui, che molte volte poteva appena capirvi in piedi. Egli, seduto nel mezzo di tutti, con grandissima pazienza ascoltava le necessità che ciascuno gli esponeva, e non rinviava nessuno senza conforto, dando elemosina o dicendo buone parole». [11]

 

5.11. Lo spirito evangelizzatore

Giovanni di Dio è un apostolo che ha una visione universale ed ecumenica della vita, tratta dalla sua esperienza di salvezza di Dio, nella quale ha sperimentato che Dio è il Padre di tutti che ama indistintamente tutti in maniera gratuita. Questa esperienza è alla base del suo spirito apostolico. La trasmette con i suoi gesti di amore universale e la annuncia con la parola e per iscritto, esortando tutti ad agire nello stile di Dio:

 

            «Se considerassimo quanto è grande la misericordia di Dio, non cesseremmo mai di fare il bene mentre possiamo farlo» (1 DS 13).

 

Da qui il suo grande desiderio di portare le persone a vivere centrati in Dio, a sperimentare la salvezza e ad apprezzare il valore fondamentale della persona umana. Con il linguaggio del suo tempo dice che «un’anima vale più di tutti i tesori del mondo» (1 DS 17).

 

Da qui il suo interesse di approfittare di tutte le occasioni per presentare la Buona Novella. L’annuncio della salvezza è un’esigenza radicata profondamente nel suo cuore. La sua carità non si limita a risolvere problemi e necessità di ordine sociale; il suo impegno per l’uomo non ha come fine principale, e men che meno esclusivo, la promozione sociale degli emarginati e l’assistenza ai malati. Vive e realizza il servizio ai poveri e agli infermi come modo personale di imitare Gesù Cristo, di annunciare il Vangelo e rendere presente l’amore di Dio all’uomo, particolarmente ai più deboli.

 

E’ lui stesso a dire, elencando una serie di necessità e problemi che ha:

 

          «... mi trovo indebitato e prigioniero solo per Gesù Cristo». (2 GL. 7)

 

E alla fine delle sue lettere:

 

          «Giovanni di Dio che desidera la salvezza di tutti come la sua stessa. Amen Gesù».

 

E’ chiaro che non si occupa unicamente dell’attenzione corporale e di risolvere problemi di ordine sociale ed economico:

 

·      Ogni Venerdì va nelle case chiuse per evangelizzare le prostitute;

·      insegna il catechismo ai bambini ed agli assistiti nel suo ospedale;

·      si preoccupa dell’assistenza religiosa e dell’amministrazione dei sacramenti ai malati dell’ospedale;

·      orienta spiritualmente le persone con cui intrattiene relazioni:

 

* Luis Bautista, in ordine al discernimento vocazionale;

* Gutierre Lasso, su affari di famiglia e sul futuro dei figli;

* le lettere alla Duchessa die  Sessa, specialmente la terza, sono piene di orientamenti di                      carattere spirituale.

 

Giovanni di Dio realizza un servizio integrale alla persona partendo dalla sua identità di credente impegnato, per cui non si limita a un solo livello dell’uomo. Lo esprime molto bene, quando dice:

 

«...vedendo soffrire tanti poveri... in così grandi necessità sia per il corpo che per l’anima...» (2 GL 8)

 

Inoltre, non si dedica esclusivamente alle persone accolte nel suo ospedale, ma il suo amore è aperto a:

 

«E poiché accorreva a lui ogni sorta di poveri e bisognosi per essere aiutati - vedove ed orfani onorati, in segreto; persone coinvolte in liti giudiziarie, soldati sbandati e poveri contadini...-, egli soccorreva tutti secondo le loro necessità, e non mandava via nessuno sconsolato».[12] (...) senza contare gli studenti che manteneva e i poveri vergognosi nelle loro case».[13]

 

Parliamo, oggi, molto di nuova evangelizzazione, di nuova ospitalità, di pastorale della salute. In Giovanni di Dio il contenuto immutabile della Buona Novella ha trovato espressione con quell'ardore e quelli atteggiamenti che, a noi, invece, oggi spesso mancano. Ed anche in ciò vi è il suo caratteristico profetismo.

 


 

II PARTE

 

ELETTI PER EVANGELIZZARE

I POVERI E GLI INFERMI

 

Panoramica storica

 

 


Capitolo terzo

 

L’ORDINE OSPEDALIERO

FINE ALLA SECONDA META’ DEL XIX SECOLO

 

 

1. Dalla morte di Giovanni di Dio alla divisione dell’Ordine in due Congregazioni

Gli inizi dell'opera di Giovanni di Dio sono, per la verità, molto umili e semplici, però provvidenziali, basati sullo stile di vita e sulla testimonianza del Fondatore. Solo alla luce della Divina Provvidenza si può trovare la spiegazione della continuità e dello sviluppo che ebbe l'opera iniziata da Giovanni di Dio. L'appoggio materiale e morale lo trovano, questi primi Ospedalieri, nelle persone dell'Arcivescovo di Granada, Don Pedro Guerrero e in San Giovanni d'Avila, insieme ad altri benefattori. Il supporto canonico-istituzionale fu assolutamente nullo: si trattava di un'opera senza strutture, mancante di  un'organizzazione costituita, senza regola e, solo 37 anni dopo la morte di Giovanni di Dio, nel 1587, avrà luogo il Primo Capitolo per nominare il Generale e formulare le Costituzioni.

 

Tutto partì da Granada. A Giovanni di Dio succedette Antón Martín nella direzione dell’ospedale. Durante il periodo compreso tra il 1552-1565, dirige le sorti dei Fratelli di Spagna Fra Juan Garcìa. Egli diede l'abito a Rodrigo de Sigüenza, Sebastián Arias, Pedro Soriano, Melchor de los Reyes e Frutos de San Pedro.

 

a) Le prime fondazioni al di fuori di Granada

Tra le attività di maggior importanza, svolte in questo periodo, se ne trovano alcune che segnano un punto fondamentale per il futuro e lo sviluppo dell’Ordine: il trasferimento dell'ospedale dalla Cuesta de los Gomérez sul terreno dei Gerolimini; il viaggio di Antón Martín a Madrid con la nuova fondazione di un ospedale; e, poco dopo, la Guerra de las Alpujarras.

 

Il desiderio di sistemare quanto prima, e nel miglior modo possibile, il nuovo ospedale granadino, portò Antón Martín a Madrid, nel 1552, in cerca di aiuti economici. Le offerte furono generose, tra le altre quelle del Principe Felipe e della Infanta Donna Juana. Furono molti anche coloro che chiesero ad Antón Martín di aprire un ospedale, in Madrid, il quale avesse le medesime caratteristiche di quello di Granada. Antón Martín ritornò a Granada per sistemare le cose e tornò quindi di nuovo a Madrid, dove fondò un ospedale intitolandolo all' "Amor di Dio". Mentre si dedicava ai lavori dell'ospedale ed al suo ampliamento, si ammalò gravemente e morì la notte del 24 dicembre del 1553, non senza però avere, in precedenza, designato nel suo testamento i Fratelli Maggiori o Superiori per gli ospedali di Madrid e di Granada.

 

L’Opera dei Fratelli di Giovanni di Dio andava progredendo continuamente, con grande fiducia e affidamento nella Divina Provvidenza, e con una generosa apertura ai piani di Dio, la quale si manifestava nelle molte richieste che pervenivano ai Fratelli perché estendessero la nuova ospitalità. Le vocazioni fiorivano e si moltiplicavano in Spagna, dando slancio e fiducia ai nostri primi Confratelli nel proseguire ampliando sempre più l'attività ospedaliera a servizio dei poveri e dei malati. Così, dopo la fondazione di Madrid, fece seguito quella di Lucena nel 1565; Utrera, 1567; Jerez de la Frontera, 1568; Cordova e Siviglia nel 1570.

 

La partecipazione dei Fratelli alla guerra de las Alpujarras e alla battaglia di Lepanto apre, riguardo al carisma, nuovi sbocchi, dando al medesimo un significato molto più ampio. La missione non si limita più soltanto al servizio in ospedale; d'ora in poi, si estenderà anche all'assistenza ai militari in terra e in mare, alle spedizioni navali, alla cura dei colpiti da morbo in tempi di epidemie, e questo, in qualsiasi parte del mondo dove vi sia la necessità di assistenza sanitaria.

 

Negli anni settanta del secolo XVI, si integra all'Ordine il Venerabile Pedro Pecador, fondatore dell'Ospedale di Nostra Signora de la Paz in Siviglia, e di quelli di Malaga, Antequera e Ronda. Viene integrato nell'Ordine anche San Giovanni Grande, fondatore dell'Ospedale della Candelaria di Jerez de la Frontera, al quale si devono aggiungere gli ospedali di Medinasidonia, Sanlúcar de Barrameda, Arcos de la Frontera, Puerto de Santa Maria e Villamartín.  Assieme a loro, entrano a far parte della Congregazione anche i loro rispettivi discepoli ed ospedali. Fra i seguaci di Giovanni Grande vi era Fra Pedro Egipciaco, che sarà il primo Generale della Congregazione Spagnola.

 

b) Approvazione della Congregazione di Giovanni di Dio: San Pio V

I Confratelli Pedro Soriano e Sebastián Arias vennero dalla Spagna a Roma nel 1570 per chiedere l’approvazione dell’Ordine, ed ottennero da San Pio V il Breve "SALVATORIS NOSTRI" (8 agosto 1571) e la Bolla "LICET EX DEBITO" (1 gennaio 1572) con la quale venne eretto, in Congregazione Religioso-Ospedaliera, il gruppo dei "Fratelli di Giovanni di Dio" sotto la Regola di San Agostino e l’obbedienza degli Ordinari locali, e concesso loro un abito proprio.

 

Ottenuta l'approvazione nel 1572, Fra Pedro Soriano, non tornò più in Spagna, ma rimase in Italia, dove fondò alla fine del 1572 l'Ospedale di Nostra Signora della Vittoria in Napoli. Nel 1581 comincia la sua attività a Roma, nella Piazza di Pietra. Nel 1584 si trasferisce all’Isola Tiberina, come attesta la sua firma nella scrittura d’acquisto dell'ospedale San Giovanni Calibita.

 

c) Erezione dell’Ordine: Sisto V

L’Istituto si espande rapidamente e, cosa molto importante, i Fratelli vivono con autentico zelo lo spirito di carità ereditato da Giovanni di Dio. Sentono che è giunto il momento di costituire un Ordine, con regole e Superiori propri. Sisto V, che conosce molto bene l’opera dei Fratelli, il 1 ottobre 1586, eleva la Congregazione nel rango di un Ordine con la Bolla Etsi pro debito, autorizzando i Fratelli a celebrare il Capitolo Generale, ad approvare le Costituzioni ed ad eleggere il Superiore Generale.

 

Il Capitolo si tenne nell’Ospedale San Giovanni Calibita dal 20 alo 24 giugno 1587. Il giorno 23 fu eletto Superiore Generale dell’Ordine Ospedaliero Pedro Soriano e si approvarono le prime Costituzioni per tutto l’Ordine.

 

2. Divisione dell’Ordine in due Congregazioni

Il 13 febbraio 1592, con la promulgazione del Breve Ex omnibus da parte di Clemente VIII, i Fratelli retrocedono allo stato precedente all’approvazione dell’Istituto da parte di Pio V, giacché, con questo Breve, viene permesso loro di emettere soltanto il voto di prestare servizio negli ospedali sotto l’obbedienza degli Ordinari.

 

Anche se non era intenzione del Papa provocare la separazione giuridica dei Fratelli d’Italia e di Spagna, questa si produce per i seguenti fatti:

 

·      parziale reintegrazione dell’Ordine in Italia con il Breve Romani Pontificis (9.IX.1596) di Clemente VIII;

·      parziale reintegrazione in Spagna con il Breve Piorum virorum (12.04.1608) di Paolo V;

·      reintegrazione totale in Spagna: il 7 luglio 1611 Paolo V eleva la Congregazione di Spagna nel rango di un vero Ordine regolare con il Breve Romanus Pontifex. Da questo punto in poi ha inizio giuridicamente la separazione delle due Congregazioni, perché il Papa concede ai Fratelli in Spagna di celebrare il Capitolo Generale, eleggere il Generale e redigere proprie Costituzioni;

·      reintegrazione totale in Italia: viene concessa dallo stesso Paolo V mediante il Breve Romanus Pontifex (13.02.1617) con le stesse prerogative che aveva concesso alla Congregazione Spagnola. Da questo momento l’Ordine ha due Superiori Generali.

 

Quindi l’Ordine, giuridicamente, consta di due Congregazioni, ognuna con Costituzioni e un Superiore Generale proprio, dal 1611 al 14 settembre 1888, giorno in cui la Provincia di Spagna viene annessa ufficialmente alla Congregazione Italiana. Nella pratica però l’unità ha inizio già nel 1867, anno in cui l’Ordine viene restaurato in Spagna dal Beato Benedetto Menni, essendo Generale della Congregazione Italiana P. Giovanni M. Alfieri.

 

Tuttavia va detto che già dal 1587 si nota un certo distanziamento dei Fratelli spagnoli dai Fratelli di Roma, promosso soprattutto da alcuni Fratelli dell’Ospedale di Granada e di altre parti della Spagna, che si rifiutarono di accettare un Generale dell’Ordine residente a Roma e, di conseguenza, di rinnovare la professione sotto la sua autorità. Questo atteggiamento diventa particolarmente evidente, quando, morto prematuramente P. Pedro Soriano nel agosto 1588 durante la visita canonica all’ospedale di Perugia, i Fratelli spagnoli non partecipano al Capitolo Generale che viene celebrato nel marzo 1589.

 

2.1. La Congregazione Spagnola

 

a) L’Ordine in Spagna

Il 20 ottobre del 1608, Pedro Egipciaco, viene eletto primo Generale della Congregazione di Spagna. In questo Capitolo si redigono anche le Costituzioni le quali, portate a Roma dallo stesso Fratello Pedro Egipciaco, vengono approvate da Paolo V che conferma l’istituto l’11 giugno 1611. Dopo aver rinnovato la sua professione davanti al Papa, Pedro Egipciaco ritorna in Spagna, dove, in seguito, viene rieletto Generale il 12 novembre del 1614. Papa Paolo V, il 16 marzo 1616, emette un Motu Proprio, con il quale esenta i Fratelli dalla giurisdizione degli Ordinari. Sempre Paolo V, con un Breve del 7 dicembre del 1619, divide la Congregazione Spagnola in due Province: quella di Nostra Signora della Pace (Andalusia) e quella di San Giovanni di Dio (Castiglia).

Agli inizi del secolo XVII il nostro Ordine contava una ventina di ospedali nella Penisola Iberica. Dopo le prime due fondazioni erette a Cartagena de Indias (1596) e all’Avana (1603) cominciò a svilupparsi anche in America e si estese poi fino alle Filippine, nelle quali i Fratelli giunsero nel 1617.

 

Nell'anno 1715 i due rami dell'Ordine, spagnolo e italiano comprendevano ben 16 Province con 256 ospedali e 2.399 religiosi ospedalieri. Il ramo spagnolo era composto dalle Province: di Nostra Signora de la Paz (Andalusia) con 26 ospedali; di San Giovanni di Dio (Castiglia) con 22 ospedali; da quella dello Spirito Santo (della Nuova Spagna che comprendeva anche le Filippine) con 28 ospedali; di San Bernardo de Tierra Firme con 11 ospedali; e di San Raffaele Arcangelo (Perù e Cile) con 20 ospedali.

 

Il giorno 9 febbraio del 1738 venne eletto Generale della Congregazione Spagnola Fra Alonso de Jesus y Ortega "Il Grande". Con lui il ramo spagnolo dell'Ordine giungerà al suo massimo splendore. Si può avere un'idea della grandezza dell'opera degli Ospedalieri, in questi anni, dal fatto che entro il gennaio del 1735 ed il dicembre del 1757, vennero ricevuti nelle strutture ospedaliere della Congregazione, solo in Spagna, ben 726.637 ammalati.

 

L'espansione dell'Ordine in Spagna ebbe una linea ascendente fino alla fine del Generalato del Fratello Alonso de Jesus y Ortega, morto nel 1771. In questo periodo la Congregazione Spagnola contava 1.261 religiosi e sette Province: tre in Spagna, tre in America (in una delle quali erano inclusi anche i cinque ospedali delle Filippine); e una in Portogallo la quale comprendeva vari Centri assistenziali in Africa e in Asia. A partire da questo momento, inizierà la decadenza della Congregazione Spagnola, fino alla sua totale e formale estinzione nel 1850.

 

b) Arrivo dei Fratelli e consolidamento dell'Ordine in Portogallo

Già fin dagli inizi dell'Ordine, i Fratelli ebbero il desiderio di acquistare la casa nella quale nacque il loro Fondatore. Nonostante numerosi tentativi, e per diverse cause, questo non lo si poté concretizzare se non nel 1606, quando due Fratelli dell'Ospedale di Antón Martín di Madrid andarono in Portogallo. Sulla casa nella quale nacque Giovanni di Dio in Montemor-o-Novo vennero edificati una chiesa e un Ospedale.

 

L'espansione dell'Ordine in Portogallo seguì la stessa traiettoria e si impiegarono gli stessi criteri e metodi usati per la Spagna. Di fatto, essa, fu una Provincia della Congregazione Spagnola fino al 1790, quando la Santa Sede ne approvò la sua separazione definitiva, nominando un Vicario Generale con un suo proprio Definitorio. Nella pratica però, era già da parecchio tempo che detta Provincia viveva separata dalle Province spagnole, approssimativamente fin dal 1702.

 

Nel 1745 l’Ordine aveva 11 ospedali in Portogallo, nove ospedali militari nei quali i Fratelli prestavano il loro servizio, ed altri cinque che invece erano suddivisi tra Africa e Asia, con un numero complessivo di 130 religiosi.

 

2.2. La Congregazione Italiana

 

a) I Fratelli Ospedalieri in Italia

L'opera dei Fratelli di Giovanni di Dio conobbe in Italia anni di espansione e di grande fioritura, basati nella totale dedizione caritativa; disponibilità ad assistere qualsiasi tipo di necessità sorgesse, e assistenza mirata e qualificata. Tutto questo fece guadagnare, ai Fratelli, le simpatie e i favori delle autorità sia civili che ecclesiastiche, ed anche quelle di molti benefattori, così che essi ebbero una rapida espansione con un grande numero di fondazioni in Italia e in gran parte dell'Europa: Austria, Germania, Polonia, Francia.

 

Anche in Italia i Fratelli assistettero i soldati sui campi di battaglia, e curarono le vittime delle varie pestilenze ed epidemie, dando così una grande testimonianza di carità e ospitalità.

 

Per farsi un’idea della stupefacente crescita e fioritura dell’Ordine in Italia, basta pensare che, ad appena 80 anni dalla prima fondazione (Napoli 1575), i Fratelli Ospedalieri contavano già su sei Provincie fiorenti (Roma, Napoli, Lombardia, Bari, Sicilia e Sardegna) con 66 ospedali, 1032 posti-letto, 27.469 assistiti all’anno e 595 Religiosi, tra cui alcuni molto illustri che si distinsero per la loro preparazione ed abilità nella medicina, chirurgia, farmaceutica ed infermieristica, come per esempio Fra Pasquale de L'Homme e Fra Gabriele Ferrara.

 

b) Fondazioni transalpine

I paesi ai quali ora faremo riferimento, e che compongono la mappa dell'Ordine in Europa assieme ai tre che abbiamo già preso in considerazione, videro nascere la famiglia juandediana grazie a religiosi ospedalieri giunti dall'Italia o da Province appartenenti alla Congregazione Italiana. La rapida espansione era frutto soprattutto della vita esemplare dei Fratelli e della missione apostolica che svilupparono.

 

b.1) Francia

Gli Ospedalieri ebbero una rapida propagazione in Francia a partire dall'anno 1602, data nella quale Fra Bonelli ed i suoi compagni, giunti dall'Italia, fondarono l'Ospedale della Carità di Parigi, all’epoca il più importante della nazione, e culla della Provincia Francese che sarebbe stata eretta nel Capitolo Generale del 1639. Con l'aiuto delle autorità civili ed ecclesiastiche, l'Ordine si estese rapidamente per tutta la Francia.

 

Sebbene uniti alla Congregazione Italiana, i Fratelli francesi godevano di un regime parzialmente autonomo, con un Provinciale che riceveva dal Generale anche la patente di Vicario Generale e che governava indipendentemente dall'Italia. Nel 1789 la Provincia Francese aveva 40 ospedali in Francia e 5 nelle colonie, con un totale di 350 religiosi.

 

b.2) Paesi austrogermanici

Nell'anno 1605 i Fratelli Gabriele Ferrara, illustre medico e chirurgo, Giovanni Battista Cassinetti ed altri religiosi giunsero a Feldsberg su istanza del Principe Carlo de Liechtenstein, per assumere la direzione dell'Ospedale di Santa Barbara, il primo dei 22 Ospedali che Fra Gabriele Ferrara fondò fino alla sua morte avvenuta nel 1627.

 

Nacque subito una fiorente Provincia, quella di San Michele Arcangelo dalla quale poi hanno avuto origine tutte le altre Province dell'Europa Centrale.

 

Accaddero qui le stesse cose che capitarono in altri luoghi e cioè i Fratelli curavano gli ammalati nei propri ospedali ed accompagnavano le truppe imperiali durante le loro campagne belliche assistendo i feriti e i malati. E mai mancò l'assistenza, fatta con carità ed abnegazione, a coloro che erano colpiti da epidemie nei tempi di pestilenza.

 

b.3) Polonia

Giunse il Fratello Gabriele Ferrara anche in Polonia, nel 1609, e si prese carico dell'Ospedale di Cracovia. Subito vennero fatte nuove fondazioni in Polonia e in Lituania. Nel 1645 si costituì in Provincia indipendente sotto il titolo dell'Assunzione. Sebbene fosse una Provincia molto prosperosa (13 ospedali e 156 religiosi alla fine del secolo XVIII) essa sparì quando i suoi territori furono divisi tra la Russia e la Prussia.

 

 

3. L’Ordine in America durante questo periodo

Nella Bolla di Gregorio XIII "IN SUPEREMINENTI", del 28 aprile del 1576, si fa menzione delle fondazioni che i Fratelli di Giovanni di Dio hanno fatto "in diverse Province delle Indie del Mare Oceano", senza però che si specifichi né il numero, né i luoghi nei quali tali fondazioni furono fatte.

 

Tanto nella prima biografia di San Giovanni di Dio (1585), come nelle Costituzioni redatte nel Primo Capitolo Generale (giugno 1587), si segnala l'esistenza di tre Ospedali in America: il primo in Messico; il secondo nella città di "Nombre de Dios" in Panama; e il terzo nella città dei Re in Perù (cfr. Cost. 1587, fol. 43 v).

 

Alcuni di questi Ospedali, sicuramente, erano quelli che i primi colonizzatori avevano eretto per l'assistenza agli spagnoli che andavano nel Nuovo Mondo e per gli stessi indigeni. Altri ospedali, come capitava anche nella Spagna in quel tempo, erano stati costruiti da persone pie, da associazioni o confraternite le quali, venute a conoscenza della Congregazione Ospedaliera fondata a Granada da Giovanni di Dio, offrirono questi ospedali alla medesima, prima ancora che i Fratelli Ospedalieri partissero per stabilirsi in America.

 

In un manoscritto conservato nell'Archivio delle Indie consta, che i Fratelli di Giovanni di Dio di Granada si offrirono, nel 1584, ad andare in America. Questa loro offerta però, venne rifiutata in data 18 aprile 1584. Consta però anche, che in una delle flotte spagnole destinate a Cuba e alla Nuova Spagna, si imbarcarono, per assistere i malati ed i feriti, otto religiosi ospedalieri, Superiore dei quali era Fra Francisco Hernàndez. Questo ospedaliero vide il vasto campo d'azione che in tutte quelle terre si offriva per una missione sanitario-ospedaliera e, al suo ritorno in Spagna, presentò a Filippo II un memoriale nel quale espose i servizi prestati e la necessità che i Fratelli andassero nelle Indie; terminava quindi la sua relazione chiedendo al Re la licenza di poter tornare, con altri cinque Confratelli Ospedalieri, in quelle regioni, allo scopo di praticare il loro lavoro missionario-ospedaliero.

 

Accondiscese il monarca, questa volta, alla richiesta, e spedì una Real Cedola, datata da Madrid il 2 dicembre del 1595,  indirizzata al presidente e ministro della «Casa di Contrattazione» di Siviglia, ordinandogli di lasciar partire per le Indie Fra Francisco Hernàndez e i suoi cinque Confratelli, per prendersi cura degli ospedali di Cartagena, Nombre de Dios e Panama. Dopo una lunga navigazione arrivarono al porto di Cartagena de Indias, oggi Colombia, nel mese di aprile del 1596, e presero possesso dell'ospedale che vi era in questa città dedicato a San Sebastiano.

 

Stabilitosi permanentemente in America (1596), l’opera dell’Ordine, agli inizi del secolo XVII, si andava sviluppando ed estendendo in un modo molto importante per il Continente Americano. Allo scopo di regolamentare la nuova situazione arriveranno delle disposizioni del Consiglio Reale delle Indie, dettate appositamente per i Fratelli e per gli ospedali in America e raccolte nelle Costituzioni del 1640.

 

Nell’ultima parte del secolo XVIII (circa il 1780), le statistiche delle tre Province americane, senza contare le Filippine, esprimono:

 

·      la Provincia di San Bernardo, 11 ospedali e 70 religiosi;

·      la Provincia di San Raffaele Arc. 20 ospedali e 245 religiosi;

·      la Provincia dello Spirito Santo 26 ospedali e 255 religiosi.

 

Le cause che favorirono la presenza e l'espansione dell'Ordine in America furono la carità e la dedizione dei Fratelli, la loro disponibilità a curare qualsiasi necessità sorgesse o si presentasse,  l'universalità nell'accoglienza e la preparazione umana e scientifica dei Fratelli, la quale dava loro la possibilità di dare una maggior qualità di servizio nelle prestazioni assistenziali e, infine, l'appoggio delle autorità civili ed ecclesiastiche.

 

La buona fama degli Ospedalieri sia davanti alle autorità che al popolo, favorì, alcune volte, la loro chiamata a prendersi carico di ospedali già esistenti, altre volte invece furono essi stessi ad erigerli. In molti casi però, gli ospedali erano già fondati.

 

La simpatia del popolo e delle autorità si mostrava, soprattutto, nella generosità che avevano nei confronti dei Fratelli. La maggior parte degli ospedali non poteva funzionare con le sole rendite assegnate, era allora necessario ricorrere all'elemosina per sostenerli. Esistevano anche molte Confraternite ed Associazioni negli Ospedali, le quali erano un vero appoggio sia spirituale che assistenziale ed economico per gli stessi.

 

 

3.1. Apporti alla evangelizzazione

Sinteticamente segnaliamo qui, come apporto dei Fratelli alla evangelizzazione di quel continente, le seguenti motivazioni:

 

·      L'arrivo degli spagnoli in America, procurò anche l'ingresso della fede cristiana: sacerdoti e religiosi accompagnavano i colonizzatori, allo scopo di assistere spiritualmente le truppe e diffondere il Vangelo.

·      L'evangelizzazione mediante il servizio ai malati e bisognosi fu, e continua ad essere, il grande apporto dell'Ordine anche in quel continente. Assistenza corporale e spirituale, oggi diremmo integrale, la quale, come già è stato indicato fu ed  è di alto livello qualitativo e molto riconosciuta. Vi furono anche buoni ed illustri medici, chirurghi, infermieri e sacerdoti.

·      Sebbene l'evangelizzazione, attraverso la predicazione, non fosse il motivo primario dell'Ordine in America, tuttavia i Fratelli fecero anche un grande lavoro pastorale nelle chiese degli ospedali, e in alcune parrocchie anche con la dedizione nell'impegno e compito della catechesi e della formazione, in un continente tanto bisognoso di questo.

·      Il lavoro caritativo e l'abnegazione degli Ospedalieri con i malati e l’impegno di molti di loro nella questua, erano occasioni per la evangelizzazione, attraverso anche la loro  testimonianza, le parole semplici e la concretezza della vita che i Fratelli vivevano. Facciamo risaltare in questo encomiabile lavoro la figura del Venerabile Francisco Camacho in Lima.

·      E' da porre in risalto il reale inserimento che i nostri Fratelli portarono a termine in quei luoghi, vissero vicini alle realtà delle persone del Nuovo Continente, e lavorarono instancabilmente a favore dei più sfavoriti umanamente. Durante il periodo nel quale iniziarono i movimenti di indipendenza, vi fu l’impegno a favore di questi movimenti da parte di alcuni di loro, riconosciuti anche dal popolo, nella lotta, appoggio e servizio a fianco di coloro che cercavano l’indipendenza.  La loro testimonianza però, fu quasi sempre quella della ospitalità. E a vari Fratelli questo comportò l'essere confinati e il carcere. Potremmo dire che furono, assieme ad altri religiosi, sacerdoti e laici, dei veri pionieri e precursori degli attuali testimoni della teologia della liberazione. Alcuni esempi li troviamo nella vita di Fra Agustin de la Torre, Fra Rosauro Acuna e Fra Pedro Dominguez in Perù; Fra Santiago Monteagudo in Cile e Fra Josè Olallo Valdès in Cuba.

 

 

4. La presenza dell’Ordine in Asia, Africa e Oceania

Gli inizi della presenza dell'Ordine in Asia, Africa e Oceania bisogna abbinarli alle espansioni dei regni di Spagna e Portogallo nei secoli XVI e seguenti.

 

La colonizzazione di nuove terre e la difesa di altre, necessitavano l'invio costante di flotte dell'Armata, sulle cui navi subito s'imbarcarono i Fratelli Ospedalieri, per prestare servizio ai feriti in guerra e alle popolazioni dei luoghi dove essi arrivavano. Questo fece sì che, i Fratelli, arrivassero con una certa rapidità nei nuovi Continenti. Nonostante questo, la vera e stabile permanenza, o impiantazione dei Fratelli, non avverrà se non alcuni anni dopo, quando essi si prenderanno carico della direzione degli ospedali fondati dai reami di Spagna e Portogallo, alcune volte su richiesta stessa dell'Ordine, altre, chiamati dalle autorità del posto.

 

A fianco poi di religiosi di altri Istituti, troviamo l'Ordine esercitando sempre la carità e praticando l'Ospitalità secondo il carisma di San Giovanni di Dio.

 

Fino al secolo XIX, data nella quale venne meno la presenza dei Fratelli in molti luoghi, per le stesse ragioni che in Europa e America, le caratteristiche e gli apporti dati alla evangelizzazione sono molto simili a quelli già descritti per l'America.

 

a) Asia

Anche se non vi furono fondazioni stabili nel continente asiatico fino ad alcuni anni più tardi, i Fratelli, nel loro continuo andare e venire con le Armate spagnole e portoghesi, stabilirono dei presidi di assistenza sulle coste della Cina, vuoi perché vi erano scoppiate delle epidemie e contagi, vuoi perché grande era il numero dei feriti da curare, sulle navi, durante alcune battaglie.

 

I Fatebenefratelli arrivarono nelle Filippine nell’anno 1611, dove si fecero carico di un Convalescenziario aperto da Fra Juan de Gamboa a Bagumbayan, fuori le mura di Manila che però venne dovuto abbandonare posteriormente. I primi documenti relativi alla presenza dell’Ordine nelle Filippine, risalgono al 1617 e hanno come oggetto la licenza concessa da re Filippo III ai Frati per fondare ospedali. Ma in realtà la loro presenza si consolida soltanto dopo il 1641, quando venne a costituirsi una Vice-Provincia, dipendente dal Commissariato Generale del Messico, con due ospedali generali a Cavite e Manila ed altre fondazioni a Cebu, Zamboanga e San Rafael de Bulacan. Le vicissitudini politiche e sociali di Spagna, nel secolo XIX, segnarono la vita dell'Ordine nelle Filippine e, alla fine di detto secolo, l'Ordine si estinse, rimanendo questo Arcipelago senza la presenza dei Fratelli fino all'arrivo dei Fratelli italiani nel 1988.

 

Sulla coste dell'India i Fratelli portoghesi fondarono vari ospedali: Goa nel 1685, Bacaim nel 1686, Diu nel 1687, e Damao nel 1693. Questi ospedali seguirono le stesse sorti della Provincia Portoghese in quanto a sviluppo ed estinzione.

 

b) Africa

Dal 1573 fino al 1834 più di un centinaio di Fratelli accompagnarono i soldati spagnoli nella conquista e nella difesa di postazioni africane appartenenti alla Corona spagnola. In qualità di medici, chirurghi, infermieri, missionari e catechisti, meritarono i più alti elogi delle autorità, inclusi quelli del Re Filippo III il quale, indirizzò in questo senso, una lettera a Padre Egipciaco. Tra tanti altri, possiamo porre in risalto la presenza di Padre Pedro Soriano alla conquista di Tunisi e Biserta, sotto la guida di Don Giovanni di Austria nel 1573, così come quella di venti Ospedalieri che, nel 1843 passarono a Ceuta per assistere i colpiti dal "morbo maligno" e dei quali ben tredici morirono.

 

La prima fondazione stabile, nelle terre africane, venne fatta dai Fratelli del Portogallo, nel Mozambico, nel 1681. Il Decreto del mese di maggio del 1834 soppresse la presenza dell'Ordine in quei paesi.

 

 

c) Oceania

Nel maggio del 1606 giunse, sulle coste dell'Australia, la prima spedizione spagnola  partita dal porto di Callao, nel Perù, sei mesi prima. Nella spedizione vi erano quattro Religiosi Ospedalieri, allo scopo di assistere i malati e i feriti, membri dell'equipaggio, e con la licenza di fondare e amministrare ospedali. Non si hanno notizie sicure, per sapere di preciso, se questi Fratelli vi si stabilirono e vi fondarono degli ospedali, anche perché, probabilmente, nemmeno gli spagnoli si fermarono.

 

 

5. Valori dell’ospitalità e fattori che influirono sulla diffusione dell’Ordine

Le ragioni fondamentali che diedero origine all'espansione e allo splendore dell’Ordine in quest'epoca, si possono sintetizzare in tre:

 

·      Il vivere con gioia ed entusiasmo, da parte dei Fratelli, il Carisma e lo spirito del Fondatore, così come la loro disponibilità e dedizione incondizionata alla cura dei malati, dei poveri e dei più bisognosi, tanto negli ospedali propri che all'infuori di essi. I Fratelli furono dei veri testimoni della ospitalità nella continua assistenza ai malati di peste, contagi ed epidemie, molto frequenti in quell'epoca, sia nei loro ospedali, che altrove, recandosi essi nei luoghi dove il morbo si manifestava, curando e servendo con amore e con competenza anche scientifica i colpiti dal male. Oltre al servizio in ospedale, bisogna porre in risalto anche il lavoro che gli Ospedalieri fecero durante le molte guerre e sui campi di battaglia, tanto in terra che in mare.

 

·      La preoccupazione e l'ansia per dare un servizio qualificato nell'assistenza ai poveri e ai malati, così come l'accoglienza e l'attenzione che essi prestavano a tutti coloro che bussavano alle porte dei loro ospedali. Ed è bene far risaltare anche la loro preoccupazione per la formazione sia spirituale che professionale dei Fratelli, tra i quali vi furono illustri medici, chirurghi ed infermieri i quali, assieme alla signorilità del comportamento, ripieno di tanta carità, apportarono nel servizio ospedaliero un livello molto alto di qualità, che in quel tempo era impossibile riscontrare

 

·      A motivo di quanto è stato detto in precedenza, l'Ordine guadagnò anche la simpatia delle autorità sia ecclesiastiche che civili, inclusa quella dei Re. Infatti, essi ebbero una attenzione di particolare favore all'Ordine, realizzata sotto forma di Cedole e Permessi Reali sia per nuove fondazioni nella Spagna, che in America e nelle Filippine, e l’impiantazione dell’Ordine in Centro Europa.

 

 

6. Fedeli all’ospitalità fino al martirio

Di fronte alla lunga storia del nostro Ordine e alla sua grande espansione in tutti i continenti del mondo, è facile supporre l'esistenza di una lunga lista di testimoni del Cristo misericordioso e veri martiri della ospitalità. Il desiderio di diffondere il Vangelo attraverso la pratica della carità e il servizio ai malati e ai bisognosi, ha portato molti ospedalieri a subire persecuzioni e a donare la propria vita nello spargimento del sangue. E' stata questa una costante nella storia dell'Ordine, la quale ora, con brevi pennellate, descriviamo.

 

·      Brasile 1636: Nel porto di San Salvador, per mano di pirati olandesi, subiscono il martirio il Fratello portoghese Jesus Arana y Acosta e i Fratelli spagnoli Francisco Esforcia e Sebastian.

·      Colombia 1637: I Fratelli Diego de San Juan, spagnolo, e Antonio de Almazãn, colombiano, vengono uccisi dagli indiani Chocoes. Nel 1646 il Fatebenefratello Miguel Romero e un religioso francescano vengono martirizzati dagli indiani Chocoes.

·      Cile 1656: Fra Gregorio Mejia soffre il martirio in Valdivia per mano degli indiani aucas. Nel 1795 sarà il Fratello Bernardo Lugones a subire il martirio per mano degli indios aracuanos.

·      Polonia 1656: Nell'ospedale di Lublino viene martirizzato Fra Eustaquio Biescekierski, che però, dato per morto in un primo momento, riprese a vivere guarendo dalle sue ferite. In Varsavia furono assassinati i Fratelli Nicolas Orkieska, sacerdote, e Fra Melchor Moreti. Altri Fratelli, come Ippolito Ciarnowski, furono maltrattati e feriti, anche se ebbero salva la vita. In Lowiez trovarono la morte i Fratelli Norberto Gotkoswiez e Hilario. La causa fondamentale di queste uccisioni fu l'invasione della Polonia da parte di popoli vicini i quali perseguitavano i seguaci di Cristo.

·      Filippine 1725: Nella tenuta di Buenavista, oggi San Rafael de Bulacan, furono uccisi da tribù negroidi Fra Antonio de Santiago nella seconda metà del sec. XVII e Fra Antonio Guémez nel 1731. Fra Lorenzio Gómez fu invece ucciso mentre questuava nel nord di Luzon.

·      Francia: con l'arrivo della rivoluzione e la soppressione degli Ordini religiosi, i Fratelli incominciano ad essere perseguitati ed incarcerati soffrendo, alcuni di loro, anche il martirio. Fra Vomerange a Burdeos, Fra Felicien Citet a Parigi, i Fratelli Marcel Clémont e Modesto Bernard subiscono il martirio sui ponti di Rochefort; quest'ultimo fu in seguito esiliato alla Guayana dove mori in miseria.

·      Spagna: Durante la guerra d'indipendenza (1808 e anni seguenti), durante l'invasione delle truppe di Napoleone, molti Fratelli furono perseguitati ed espulsi con violenza dagli ospedali. Alcuni di loro, e precisamente i Fratelli Pedro Perez, Antonio Perez, Manuel Groizar e Nicolas de Ayala, trovarono la morte servendo come infermieri, medici o chirurghi nelle truppe spagnole.

 

In tutti questi casi, sia la pratica del servizio ospedaliero che la predicazione del messaggio evangelico, furono la causa del martirio.


 

 

Capitolo quarto

 

 

RISPOSTA APOSTOLICO-MISSIONARIA DELL’ORDINE

DALLA META’ DEL XIX SECOLO

 

Già fin dall'epoca del Rinascimento le autorità civili iniziano a considerare l'assistenza ai malati e ai poveri come un dovere politico, basato sull'imperativo della giustizia; poi, poco a poco, in un lungo processo che culmina nel secolo XVIII, gli ospedali vanno secolarizzandosi passando sotto la giurisdizione civile.

 

Nella seconda metà del secolo XVII si delinea una nuova epoca nella vita europea caratterizzata dal razionalismo e dalla lotta contro i sistemi esistenti, in particolare contro le case reali e la Chiesa.

 

 

1. Estinzione della Congregazione Spagnola

 

a) Decadenza dell’Ordine in Spagna

Nel mese di settembre del 1807, le truppe francesi penetrarono nel territorio spagnolo. A questi fatti antecedenti, si deve aggiungere anche il periodo conosciuto come quello del Triennio Costituzionale che va dal 1820 al 1823. Una delle prime misure prese dai liberali, in questo periodo,   (settembre del 1820), fu l'approvazione, da parte delle Cortes, di un progetto di legge che prevedeva la soppressione dei conventi di Ordini monastici e la riforma di quelli dei mendicanti. Con questa legge si apriva la porta alla secolarizzazione dei religiosi; il fatto di proibire, in seguito, l'ammissione di nuovi candidati e che inoltre venisse soppressa la maggior parte dei conventi come nell'ordinare che si chiudessero tutte le comunità che avessero meno di 24 professi, fu la fine. Quest'ultima misura prevedeva, per l'Ordine Ospedaliero, la soppressione di quasi la totalità dei suoi Conventi-Ospedali esistenti in Spagna.

 

Il 9 marzo del 1836 viene emesso il Decreto Reale di soppressione totale degli Ordini religiosi e monastici. Rimasero aperti solo due ospedali nostri: quello di Siviglia e quello di Madrid. In Madrid, nel convento-ospedale di Antón Martín rimase una comunità composta da 14 Fratelli con il Priore Fra Antonio Albors.

 

Nel maggio del 1830 venne celebrato quello che doveva essere l'ultimo Capitolo Generale della Congregazione di Spagna ed eletto il suo ultimo Generale nella persona di: Fra Josè Bueno y Villagran. Fra Josè Bueno, vedendo che tutto era perduto e senza ormai possibilità alcuna di altre soluzioni, prese le convenienti misure per mettere in salvo, prima che si abbattesse tanta rovina su tutto l'edificio ospedaliero, ciò che risultasse di maggior valore. Così inviò parte della documentazione dell'Archivio Generale, all'Ospedale di Siviglia (l'unico ancora esistente all'arrivo del Beato Benedetto Menni). Raccomandò quindi al Generale della Congregazione italiana, a quel tempo Fra Benedetto Vernò, le cause di beatificazione del Venerabile Francisco Camacho e di San Giovanni Grande, "affinché non ci si dimentichi" e concludeva: "a Lei, come unico Capo Superiore che oggi esiste nell'Ordine, corrisponde aver cura di quanto apparteneva alla Congregazione Spagnola, in merito alla quale, Ella prenderà le misure che riterrà prudenti per conservare il tutto...". Morì il giorno 11 marzo del 1850 in Madrid e con lui si estingueva formalmente la Congregazione Spagnola dell'Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio.

 

Alle cause estrinseche che determinarono la estinzione formale della Congregazione Spagnola (l'invasione francese; le guerre che in seguito vi furono; il triennio liberale; la politica di sclaustrazione e secolarizzazione degli Ordini religiosi) bisognerebbe aggiungere quelle intrinseche alla Congregazione stessa. Tra queste, molte, sono la conseguenza delle prime. Possiamo anche parlare di un mancato adeguamento, da parte della Congregazione di Spagna, ai problemi di quel tempo, per affrontare le nuove circostanze politiche, sociali ed economiche.

 

b) Restaurazione dell'Ordine in Spagna

Padre Giovanni Alfieri, prese a cuore la causa di ripristinare l'Ordine in Spagna. Tentò di farlo partendo da quei pochi Fratelli che erano rimasti alla morte di Fra Josè Bueno, però questo non fu possibile, perciò lui stesso andò in Spagna, ottenendo dalla Regina Isabella II il permesso di stabilire delle comunità ospedaliere.

 

·      Dopo vari altri tentativi, che non ebbero esito positivo, inviò, per una tanto difficile impresa, il Beato Benedetto Menni, il quale era stato recentemente ordinato sacerdote. Il Beato Menni arrivò a Barcellona nella Settimana Santa del 1867 e fondò l'asilo San Giovanni di Dio, per bambini poliomielitici, nel dicembre dello stesso anno. Fu l'inizio della Restaurazione dell'Ordine in Spagna, che si consolidò attraverso difficoltà di ogni tipo, le quali però furono tutte vinte da una forte volontà, e dall'amore a Dio, ai poveri e ai malati, e all'Ordine.

 

·      Il 21 giugno 1884, venne approvata l'erezione canonica della Provincia di San Giovanni di Dio in Spagna, con 120 Fratelli e cinque case, le quali subito aumentarono sia in Spagna che in Portogallo ed America. Gli ospedali fondati dal Beato Menni erano in maggioranza destinati all’assistenza degli infermi mentali e di bambini paralitici e scrofulosi, categorie tra le più trascurate. La Provincia di Spagna fu annessa canonicamente alla Congregazione Italiana il 14 settembre 1888, fatto che sigillò in maniera definitva la riunificazione dell’Ordine.

 

·      Le linee di forza lungo le quali si compie l'opera di restaurazione del Beato Menni furono: una vita spirituale profonda, la disponibilità a rispondere a qualsiasi necessità urgente (peste e guerre) e, in particolare, il fervore della carità dei Fratelli, la cui testimonianza attrasse numerosi candidati.

 

c) Estinzione e restaurazione dell’Ordine in Portogallo

Nemmeno il Portogallo rimase indenne dalle turbolenze socio-politiche e culturali che colpirono l'Europa del secolo XVIII. Nel maggio del 1834, con il Decreto di sclaustrazione emesso dal ministro Aguiar, vennero soppressi, in Portogallo e nelle sue colonie, tutti gli Ordini e Congregazioni religiose, senza eccezione alcuna, e con questo restò estinto totalmente anche il nostro Ordine.

 

La restaurazione fu fatta anche da Padre Benedetto Menni, il quale, su istanza di Padre Giovanni Alfieri inviò, una volta consolidato l'Ordine in Spagna, vari Fratelli con l'incarico primario di restaurare la casa nella quale era nato San Giovanni di Dio. Nell'agosto del 1893 venne stabilita la comunità della Casa di Salute di Telhal per malati mentali.

Non furono facili i primi anni, sia per le difficoltà economiche che per quelle socio-politiche, ed anche perché i Fratelli, come religiosi, erano fuori da qualsiasi forma legale e non avevano nessuna protezione da parte delle autorità civili; tutto questo fu causa di non pochi guai, fino a quando non vennero trovate delle soluzioni.

 

2. Decadenza e restaurazione della Congregazione Italiana

Le difficoltà socio-politiche e culturali che visse l'Europa a partire dalla seconda metà del secolo XVIII, ebbero ripercussioni anche nella Congregazione Italiana. La Rivoluzione Francese portò alla soppressione dell'Ordine in Francia; il Giuseppinismo portò, come conseguenza della sua politica, alla separazione delle Province  di: Austria, Polonia, Lombardia, Napoli, Sicilia e Toscana dalla giurisdizione del Governo Generale dell’Ordine con sede a Roma.

 

a) Italia

Nel 1810, nel Regno d’Italia, venne decretata la soppressione degli Ordini religiosi. Con grandi difficoltà i Fratelli rimasero negli Ospedali, fino a quando, nel 1814, cessò la persecuzione contro la Chiesa, e l'Ordine poté ricostituirsi in tutta la penisola.

 

Realizzata l'unità d'Italia (7 luglio 1866), vennero dichiarate estinte tutte le Congregazioni religiose, e i loro beni furono incamerati dal governo. In alcune città però i Frati rimasero negli ospedali ricorrendo ad una formula coniata appositamente, e cioè come "Associazione ospedaliera laica", servendo come infermieri e talora anche come amministratori. L'Ordine contava in questo periodo 50 ospedali e 352 religiosi.

 

Padre Giovanni Maria Alfieri, nominato Superiore Generale nel 1862, fu senza dubbio il grande artefice della restaurazione in Italia. Lottò instancabilmente per mantenere i Fratelli nei Centri che furono dell'Ordine e, poco a poco, abilmente, preparò il loro ricupero. Si sforzò anche perché si mantenesse vivo lo spirito religioso ed il morale dei Fratelli. Il suo successore, Padre Cassiano Maria Gasser, consolidò la restaurazione dell’Ordine nelle sue dimensioni religiosa, spirituale e apostolica.

 

b) Decadenza e restaurazione in Francia

Arrivata la Rivoluzione Francese, venne pubblicato il Decreto del Direttorio (11 febbraio 1790), con il quale venivano soppressi tutti gli Istituti Religiosi della nazione. Con la legge poi del 18 ottobre 1792, venne decretata la vendita dei beni degli Ospedali, così che l'Ordine si estinse.

 

La restaurazione fu lunga e laboriosa ed ebbe, con Paul de Magallòn, aiutato da un gruppo di compagni, una figura profetica e piena di spirito di Dio, la quale riassumeva in sé l'ospitalità e l'amore alla Chiesa e all’Ordine. Desiderarono mettersi sotto la tutela del Padre Generale e così, nel 1823, si recarono a Roma dove fecero il loro noviziato ed emisero la professione religiosa per ritornare quindi in Francia. Subito vennero fatte nuove fondazioni, la prima delle quali fu l'Ospedale di Lione nel 1825.

 

Non senza difficoltà, anche per un nuovo Decreto di soppressione del 1880, continuò la crescita in Francia, grazie alla fermezza e costanza ed allo spirito juandediano dei Fratelli. Essi introducevano l’Ordine anche in Irlanda, a Tipperory nel 1877, in Inghilterra a Scorton nel 1880 e in Belgio a Leuze nel 1908.

 

c) Provincia Germanica di San Michele Arcangelo

Essendo Imperatore Giuseppe II (1765-1790), vennero emesse delle Leggi in virtù delle quali i Religiosi Ospedalieri rimasero separati dalla giurisdizione di Roma, ed altre norme che resero difficile il normale funzionamento della Provincia, dato che le case che si trovavano al di fuori del territorio austriaco, furono staccate da essa. I Fratelli di dette case eressero nel 1781 una nuova Provincia, denominata Provincia per Imperium dedicata a S. Carlo Borromeo, con sede a Monaco di Baviera.

 

Non meno funeste si rivelarono le leggi napoleoniche che provocarono la scomparsa dell’Ordine, ad eccezione degli ospedali di Breslavia e di Neustadt.

 

A partire dal 1831, regnando Luigi I di Baviera, tornò una certa calma, la quale permise la riunione con Roma e l’erezione di nuove Province: Baviera 1851, Silesia 1853 ed Ungheria 1856.

 

d) Polonia

La scomparsa della Provincia dell’Annunziata comincia con la spartizione del regno di Polonia negli anni 1772-93-95 tra Russia, Prussia ed Austria, e si consuma definitivamente durante l’occupazione napoleonica nel 1806, alla quale sopravvisse soltanto l’ospedale di Cracovia che passò sotto la giurisdizione di Vienna.

 

Dato che a partire dalla Seconda Guerra Mondiale la Silesia è entrata a far parte del territorio polacco, ricordiamo qui l’evoluzione dell’Ordine in questa regione. Nel 1710 viene fondato l’ospedale di Breslavia che, assieme a quello di Neustadt fondato nel 1764, sarà l’unico a sopravvivere ai tristi avvenimenti politici e militari dell’epoca. Erette alcune altre fondazioni, le case di Silesia furono costituite in Provincia regolare il 14 gennaio 1883.

 

La Provincia Polacca ha potuto essere rifondata soltanto nel 1922.

 

3. Decadenza e scomparsa dell’Ordine nelle Provincie oltremare

 

a) Decadenza e scomparsa dell’Ordine in America

Il secolo XIX è stato caratterizzato dal desiderio di emancipazione nell’ambito politico, desiderio che si è esteso poi anche all’ambito religioso. Le misure di sclaustrazione e soppressione, dirette contro i religiosi in Spagna, si estenderanno anche alle colonie. Le nuove idee enciclopediste, i movimenti di indipendenza e le grandi distanze rispetto alla metropoli, andarono preparando, poco a poco, il terreno adatto. Alcuni Fratelli poi, contagiati dall'ambiente che li circondava, promossero la separazione dei Conventi-Ospedali americani dalla Congregazione Spagnola. Per poter conseguire questo loro obiettivo, si rivolsero alle autorità civili ed ecclesiastiche. Per ottenere poi l'appoggio dei Vescovi, questi Fratelli non ebbero timore a rinunciare ai privilegi concessi dall'esenzione, sottomettendosi ad essi e, con l'aiuto delle autorità civili, conseguirono che il Re chiedesse a Papa Pio VII il Breve di emancipazione dalla obbedienza del Generale di Spagna, in virtù del quale, i Religiosi passarono sotto la giurisdizione dei sindaci e dei maggiordomi nominati dal Re per gli ospedali. Nel 1801 chiesero anche la soppressione dei Commissariati, e fu la Provincia dello Spirito Santo della Nuova Spagna quella che più si impegnò nell'ottenere il Breve, con a capo Fra Juan Nepomuceno Abreu.

 

Le Province dello Spirito Santo e di San Bernardo, appena ricevuto il Breve, celebrarono il Capitolo, presieduto dai Delegati dei Vescovi, e furono eletti i Provinciali, Consiglieri, Priori e le altre cariche. La Provincia di San Raffaele invece, rimase fino al 1816 sotto l'obbedienza del Generale, anch'essa però, in quell'anno, celebrò il Capitolo. In Messico venne nominato Fra Juan Nepomuceno Abreu e con lui si estinguerà la Provincia dello Spirito Santo della Nuova Spagna. Sopravvissero soltanto i Fratelli degli Ospedali delle Filippine e di Cuba, i quali nel 1824 cercarono, ma senza riuscirvi, di tornare sotto il Generale di Spagna, visto che con l’estinzione in Messico non avevano più un Superiore Maggiore che consentisse l’accettazione canonica dei Novizi. Sembra che la Provvidenza divina abbia voluto premiare questa fedeltà allo spirito di universalità del nostro Ordine, inviandoci il Servo di Dio Fra Josè Olallo Valdès, religioso cubano il quale, fino alla sua morte avvenuta nel 1889, rimase fedele ai suoi voti nell'Ospedale di Porto Principe (Cuba), essendo egli l'ultimo dei Fratelli Ospedalieri della Congregazione Spagnola nelle terre americane.

 

Sebbene l'onere dell'assistenza in America ricadesse in modo preponderante sui Religiosi Ospedalieri spagnoli, è necessario però fare qui menzione anche della presenza dei Fratelli Portoghesi e Francesi in quelle terre.

 

I Fratelli Portoghesi erano già stati in Brasile accompagnando le spedizioni dell'Armata spagnola e portoghese, e vi fondarono vari ospedali a partire dal 1724, anno nel quale aprirono l'ospedale di Pernambuco. La loro presenza, però, venne meno alla metà del secolo XIX.

 

I Fratelli francesi vennero a fondare ospedali nelle colonie del loro paese, e concretamente nelle Antille (Guadalupe 1685) e in Canada nel 1716. La loro presenza in Canada fu molto breve e, per il resto, tutto si estinse con la rivoluzione francese.

 

b) La restaurazione dell'Ordine in America

La restaurazione dell'Ordine in America Latina è anch'essa opera del Beato Benedetto Menni. L'assenza dei Fratelli Ospedalieri dall'America durerà soltanto alcuni anni. Infatti, nel 1892, il Padre Generale Cassiano Maria Gasser e Padre Benedetto Menni, Provinciale di Spagna, giunsero in Argentina per studiare la possibilità di una fondazione in America. Questo però non avverrà che nel 1901, quando l'Ordine potrà  stabilirsi nuovamente in America con la fondazione dell'Ospedale San Martín a Guadalajara de Jalisco (Messico).

 

In questa maniera l’albero dell’ospitalità rigermogliò dalle profonde radici che con l’amore misericordioso di tanti Fratelli era stato impiantato nel continente che oggi chiamiamo il continente della speranza. Torneremo a parlare del presente dell’Ordine in America in un altro capitolo.

 


 

 

 

III  PARTE

 

 

IMPEGNATI NELL’OSPITALITA’

 


Capitolo quinto

 

 

DOTTRINA DELL’ORDINE SULL’EVANGELIZZAZIONE

 

 

Durante i più di 450 anni di vita dell'Ordine, la letteratura sulla sua attività missionaria è abbondante, nonostante che la nostra sia più una Istituzione dedicata alla pratica della carità, e pertanto all'azione, che non alla scrittura. Nonostante ciò, la lista degli scritti realizzati è molta ampia. Dalla vasta bibliografia prendiamo alcuni degli scritti più importanti.

 

 

1. Iter storico delle Costituzioni

Lungo la storia, diversi testi delle Costituzioni raccolgono lo spirito e la missione evangelizzatrice dell'Ordine alla luce del carisma della ospitalità. Possiamo distinguere due grandi periodi storici: dalle origini fino al Generalato di Padre Alfieri e dal Padre Alfieri fino ai nostri giorni.

 

a) Dalle origini fino al Generalato di Padre Alfieri

E' necessario, avanti tutto, far notare che, durante i primi 35 anni (1550-1585), i Fratelli vissero senza nessuna norma scritta riconosciuta dalla Chiesa.

 

Nei 31 anni successivi (1585-1616), si promulgarono le seguenti Costituzioni:

 

·      Intento di formulare delle Costituzioni nel 1583 promosso da Fra Baltasar de Herrera, risoltosi in un nonnulla, in quanto San Pio V aveva sottomesso i Fratelli alla  obbedienza degli Ordinari, per cui non potevano redigere Costituzioni per tutti gli ospedali esistenti.

·      Costituzioni per l'Ospedale di Granada, promulgate dall'Arcivescovo di Granada Don Juan Mendez de Salvatierra nel 1585. Anche se orientate espressamente all'ospedale di Granada, furono accolte ed osservate anche dai Fratelli di tutti gli altri Ospedali.

·      Costituzioni per tutto l'Ordine edite nel 1587. Una volta  approvato l'Ordine da Sisto V con il Breve "ETSI PRO DEBITO", il 1-10-1586, esse sono state redatte e sono il frutto del Primo Capitolo Generale del 1587.

·      Costituzioni del Secondo Capitolo Generale (1589). A questo  Capitolo non assistettero i Fratelli di Spagna. Anche se nel prologo si dice che si tratta della traduzione all’italiano delle Costituzioni del 1587, si introducono alcuni cambi significativi.

·      Prime Costituzioni della Congregazione Italiana (1596), promulgate una volta realizzata la parziale reintegrazione dell'Ordine in  Italia.

·      Costituzioni della Congregazione Spagnola (1611), dopo la reintegrazione piena dell'Ordine in Spagna. Da qui inizia, giuridicamente, la separazione delle due Congregazioni, la quale durerà fino al 1867, con la restaurazione dell'Ordine in    Spagna fatta dal Beato Benedetto Menni. Con alcune nuove edizioni e cambiamenti fatti nel 1640 e nel 1741, esse sono le Costituzioni definitive osservate fino alla estinzione dell'Ordine in Spagna.

·      Costituzioni nuove della Congregazione Italiana (1616), esse sono, in realtà, le definitive, osservate fino alla riunificazione dell'Ordine, anche se si apportarono alcune correzioni alla traduzione dal latino nel 1718.

 

b) Dal Generalato di Padre Alfieri fino ad oggi

·      Costituzioni per tutto l'Ordine nel 1885. Si fecero, adattando le precedenti.

·      Costituzioni nuove nel 1926. Sono molto diverse, strutturate e normative, frutto dell’adeguamento al nuovo Codice di Diritto Canonico del 1917. Si ristamparono nel 1950.

·      Costituzioni "ad experimentum" nel 1971: si fece un nuovo testo secondo le direttive date dal Concilio Vaticano II, accogliendo i nuovi indirizzi sulla Vita Consacrata diramati dal Concilio stesso. Per la prima volta gli aspetti normativi vengono raccolti e pubblicati a parte negli Statuti Generali.

·      Costituzioni del 1984. Raccolgono la nuova teologia della Vita Consacrata e recuperano il senso "originale" dell’ospitalità, con un grande arricchimento dottrinale e pastorale. Come nel 1971, la maggior parte delle norme giuridico-pratiche vengono raccolte e pubblicate negli Statuti Generali.

 

 

2. Principi sull'evangelizzazione

Le Costituzioni, con stili diversi e secondo le epoche, raccolgono i principi fondamentali che ispirano, in ogni momento, la missione evangelizzatrice dell'Ordine. Segnaliamo qui i criteri più importanti delle medesime:

 

a) L'ospitalità: missione apostolica dell’Ordine

L'ospitalità è il nucleo centrale della vita dell'Ordine; è il Carisma che San Giovanni di Dio ricevette e della cui esperienza fondatrice noi tutti partecipiamo tutta la Famiglia Ospedaliera; è anche il nucleo essenziale della nostra spiritualità, come ben dicono sempre le Costituzioni e gli scritti della Chiesa e dell'Ordine; è infine il nucleo centrale della nostra missione apostolica:

 

            "E' tanto importante alle vostre coscienze e al progresso di questo ospedale e santa casa, culla e generosa comodità dei poveri, che è lo scopo del vostro Istituto e quello che voi, soprattutto, pretendete" (Cost. 1585, Intr.).

 

            "Incoraggiati dal dono ricevuto, ci consacriamo a Dio e ci dedichiamo al servizio della Chiesa nell'assistenza agli ammalati e ai bisognosi, con preferenza per i più poveri» (Cost.1984, 5a).

 

b) Consacrati nell’ospitalità  per esercitare nella Chiesa il ministero della misericordia

Sebbene sia cosa certa, che i primi seguaci di San Giovanni di Dio vivessero uniti nello spirito del Fondatore, ma senza nessuna norma canonica di vita per disimpegnare la loro missione, è anche vero che essi furono presto riconosciuti dalla Chiesa per esercitare la loro missione ospedaliera con la consacrazione religiosa.

 

            "In virtù di questo dono (dell’ospitalità), siamo consacrati dall’azione dello Spirito Santo che ci rende partecipi in modo singolare dell'amore misericordioso del Padre ... Questo amore di Dio, «diffuso nei nostri cuori» ci spinge a consacrare al Padre tutta la nostra persona" (Cost. 2b, 10a).

 

Le citazioni che a questo riguardo si potrebbero riportare, sarebbero quasi interminabili, perché si dovrebbero raccogliere i differenti aspetti a cui fanno riferimento le diverse edizioni delle Costituzioni. Tuttavia il contenuto fondamentale rimane lo stesso.

 

c) La missione di guarigione della Chiesa nell’apostolato dell'Ordine

Seguendo Gesù Cristo che passò per questo mondo facendo del bene a tutti e curando ogni sorta d'infermità (Atti 10,38; cfr. Cost.1984, 2a), l'Ordine, fin dal suo Fondatore, ha posto al centro della sua missione l'uomo che soffre e che si trova nel bisogno. A lui ha diretto tutte le sue premure, continuando in questo modo l'azione salvifica del Signore lungo il tempo.

 

Con parole, con gesti e con la dedizione della propria vita, noi Fratelli di San Giovanni di Dio, vogliamo curare integralmente le persone bisognose. Anche l'attenzione spirituale è sempre stata da noi praticata con accuratezza, perché sappiamo che,  assieme alle cure fisiche, psichiche e sociali, la fede, vissuta con maturità, è fonte di vita e salute anche in mezzo alla malattia:

 

            «Come Fatebenefratelli, siamo stati chiamati a realizzare nella Chiesa la missione di annunciare il Vangelo agli ammalati e ai poveri curando le loro sofferenze e assistendoli integralmente" (Cost.1984, 45a).

 

d) Accoglienza universale

Ispirati a Gesù Cristo e sull'esempio di San Giovanni di Dio, noi Fratelli Ospedalieri, non abbiamo mai fatto discriminazioni nella nostra missione apostolica. Le Costituzioni stesse lo indicano, e quanto praticato lungo i secoli lo conferma:

 

            "In questo ospedale di Giovanni di Dio, si curano tutte le malattie, sia degli uomini che delle donne che vi ricorrono» (Cost.1585 10,1).

 

            "In ogni uomo vediamo un nostro fratello; accogliamo e serviamo, senza alcuna discriminazione chi si trova nel bisogno" (Cost. 1984, 45b).

 

e) Dimensione profetica della missione ospedaliera

L'azione di guarigione della Chiesa comprende la promozione, la cura e la difesa della vita. L'Ordine ha sempre fatto di tutto per promuovere la vita, e ha proclamato la sua ferma decisione di difenderla e di lottare per essa, molte volte con una testimonianza umile ed esemplare nel servizio quotidiano ai malati, altre volte invece con chiari gesti di denuncia, «impegnandosi evangelicamente contro ogni forma di ingiustizia e manipolazione umana» (Cost. 1984, 12c) e, all'occorrenza, anche con la testimonianza di martirio di molti Fratelli. Tutto quello da loro fatto nelle diverse circostanze, così come quello che fece a suo tempo San Giovanni di Dio, costituisce la traiettoria profetica seguita dell’Ordine, e raccolta, a volte in modo sottinteso, nelle Costituzioni:

 

            "Si ricorderanno i nostri Fratelli di essere tenuti, nell'assistenza corporale degli infermi degenti nei nostri ospedali, a tutti i servizi necessari ... anche con pericolo di vita"  (Cost.1926, 225b).

 

            "L'Ospitalità che abbiamo professato, ci impegna a vegliare sui diritti della persona a nascere, a vivere decorosamente, a essere assistita nelle infermità e a morire con dignità" (Cost.1984, 23a).

 

f) Assistenza tecnica-professionale e umanizzazione

E' certo che negli ultimi anni la medicina ha fatto progressi come non mai, tanto da giungere a quote inaspettabili fino a solo una decina di anni fa. In questo, senza alcun dubbio, l'Ordine di San Giovanni di Dio, fin dal proprio Fondatore fu pioniere, non solo nella sua dedizione caritativa e ospedaliera, ma anche per il livello tecnico e professionale che da sempre offre nei suoi Ospedali. La preparazione in medicina, chirurgia, infermieristica, farmaceutica e per altre specializzazioni, fu sempre una delle costanti preoccupazioni dell'Ordine. Per questo scopo, in molti ospedali dell'Ordine, si fondarono scuole di Medicina e Chirurgia e di Infermieristica, nelle quali si formarono molti Fratelli (Madrid, Parigi, La Rochelle, Roma, Venezia, Napoli, Milano, Vienna, Feldsberg, Straubing, Praga, ecc...). Altri Fratelli si formarono in università prestigiose.  Nelle varie aree già menzionate, si distinsero dei Fratelli celebri, i quali esercitarono la loro professione non solo negli Ospedali dell'Ordine, ma anche tra gli eserciti combattenti nelle campagne militari di diversi Paesi, e in Ospedali civili (p.e. i Fratelli Chaparro, Ferrara, Bueno, ecc...).

 

L'organizzazione ospedaliera e le cure assistenziali prestate, furono un altro degli aspetti nei quali i Fratelli ebbero un grande intuito e creatività, essendo in ciò dei veri pionieri. Attualmente l'Ordine ha delle opere di diverso tipo assistenziale, tra queste vi sono grandi Ospedali molto qualificati tecnicamente, nei quali si lavora con i mezzi moderni più avanzati e sofisticati.

 

Lungo tutto questo periodo di tempo e assieme alla preoccupazione di dare un'assistenza tecnica e professionale di qualità, l'Ordine ha sempre desiderato mantenere uno stile pieno di carità, di tenerezza e molto umano nell'assistenza ai poveri e ai malati. Amore e scienza, umanizzazione e tecnica, sono il binomio che sempre si è cercato di mantenere, rimanendo così fedeli allo stile di San Giovanni di Dio, e rendendo reale la missione della Chiesa di esercitare la carità e di curare i malati:

 

            "La carità, perciò non può essere separata dal progresso, il quale deve essere all'avanguardia, deve essere antico nella carità e moderno nei mezzi. Carità antica, mezzi moderni".[14]

 

            "Gli infermieri dormiranno nelle sale di detti infermi per poter accudire con immediatezza alle loro necessità" (Cost.1585, 9,8,).

 

            "Il medico e il chirurgo devono essere tali nella scienza e carità, come si richiede per curare le tante infermità dei tanti malati che si curano in detto ospedale" (Cost.1585, 11,1).

 

            "Con la nostra missione ospedaliera, realizziamo e sviluppiamo il meglio del nostro essere...questo suppone... la preparazione umana, teologica e professionale, requisiti indispensabili per offrire agli ammalati e a ogni persona bisognosa il servizio efficiente che meritano e che giustamente attendono da noi. Nell'ambiente tecnicizzato e consumista della società moderna, nella quale si scoprono ogni giorno nuove forme di emarginazione, il nostro apostolato ospedaliero è pienamente attuale. In questa situazione noi siamo chiamati a realizzare la nostra missione con atteggiamenti e modi umanizzanti" (Cost.1984, 43,44a).

 

g) Collaborazione con la Chiesa e le altre istituzioni

Fin dal suo inizio l'Ordine è sempre stato aperto alla collaborazione con altre Istituzioni, allo scopo di realizzare la sua missione evangelizzatrice. Questa è una linea che ancora oggi viene seguita e dimostra lo spirito di solidarietà e di servizio del nostro Ordine.

 

            «Secondo fine o scopo dell'Ordine «è la cura e l'assistenza corporale e spirituale degli infermi... negli ospedali propri dell'Ordine o in quelli al medesimo affidati..." (cfr. Cost.1926, 1,3).

 

            "Gli atteggiamenti di servizio e di apertura propri della nostra missione, ci muovono a cooperare con altri organismi, della Chiesa o della società, nel campo del nostro apostolato specifico" (Cost.1984, 45e; cfr.47).

 

h) Missione "ad gentes"

L'Ordine nacque quasi contemporaneamente alla scoperta del Continente Americano e immediatamente contribuì alla missione evangelizzatrice esercitandola attraverso il servizio della ospitalità.

 

Quell'inizio segnò la vocazione missionaria dell'Ordine il quale, nel limite delle sue possibilità, e lungo tutta la sua storia si rese presente nei cinque continenti, portando il messaggio dell'amore misericordioso del Padre ai poveri, ai malati e ai bisognosi:

 

            "Consapevoli della nostra responsabilità nella diffusione della Buona Novella, manteniamo sempre vivo lo spirito missionario. Esercitiamo l'apostolato ospedaliero potenziando costantemente la nostra presenza in terra di missione, particolarmente nei paesi meno favoriti" (Cost. 1984, 48).

 

Seguendo questo orientamento, che è anche quello della Chiesa, (vedi Concilio Vaticano II "AD GENTES"), l'Ordine ha fatto grandi sforzi per rendersi presente in Africa, America Latina e Asia,

 

 

i) L’apostolato della questua

La questua è stata una pratica apostolica che ha accompagnato l’Ordine lungo tutta la sua storia. "Fratelli, fate del bene a voi stessi". Era questo il richiamo che  San Giovanni di Dio gridava per le vie di Granada nel chiedere l'elemosina per il suo ospedale. Fino a pochi anni fa, e ancora oggi in alcuni luoghi, gli ospedali vivevano con le elemosine dei benefattori dell'Ordine. Attualmente, anche se con mezzi più moderni e, nella maggior parte dei casi, come appoggio all'impegno sociale che l'Ordine realizza, questo ancora viene fatto e forma parte della sua missione evangelizzatrice. Secondo gli intendimenti di San Giovanni di Dio, si tratta di un vero apostolato a favore delle persone che, con i loro beni, sostengono l’attività caritativa dell’Ordine.

 

            "Fedeli al nostro spirito, promoviamo l'esercizio dell'elemosina come forma di apostolato. La consideriamo non soltanto come opera di misericordia che ci dà la possibilità di avere i mezzi per aiutare i bisognosi, ma anche come un bene che fa a se stesso chi la pratica, inoltre, come annuncio della giustizia e della carità, per contribuire ad abbattere le barriere esistenti tra le classi sociali" (Cost.1984, 49b).

 

j) Uniti ai collaboratori

La presenza dei Collaboratori nella realizzazione della missione è stata una caratteristica continua dell'Ordine. Certamente, fino a pochi anni fa, erano i Fratelli coloro i quali realizzavano la maggior parte delle attività ospedaliere. Però, fin dai tempi del Fondatore, sempre vi sono stati dei Collaboratori nei nostri Centri: medici, chirurghi, sacerdoti, ausiliari, benefattori e numerose Confraternite ed Associazioni nei vari ospedali.

 

Ai nostri giorni, data la modernizzazione della medicina e della assistenza, vi è stato l'inserimento di un gran numero di Collaboratori nelle nostre opere, con i quali condividiamo la nostra missione. Nello stesso tempo l’Ordine conta sull’aiuto di molte persone che, integrate nel volontariato associato, donano il loro tempo e il loro essere al servizio degli infermi e dei bisognosi.

 

            "Consapevoli dei nostri limiti, ricerchiamo ed accettiamo la collaborazione di altre persone, professionisti o no, volontari o collaboratori, ai quali ci sforziamo di partecipare il nostro spirito nella realizzazione della nostra missione"  (Cost.1984, 46b; cfr. 51a).

 

k) Sacerdozio ministeriale a titolo di ospitalità

Giovanni di Dio chiamava tutti Fratelli e considerava se stesso come il Fratello minore di tutti. I suoi seguaci costituirono una Fraternità per il servizio ai poveri e ai malati, e quando l'Ordine venne approvato dalla Chiesa lo fu come un Ordine laicale, di Fratelli, come bene lo esprime Giovanni Paolo II nella esortazione apostolica "Vita Consecrata"(cfr.VC, 60). Però fin dalla sua approvazione e per il conforto dei propri malati e poveri, così come per la comunità dei religiosi, l'Ordine ha sempre avuto alcuni Fratelli sacerdoti per la cura spirituale e pastorale negli ospedali e nelle comunità juandediane.

 

            "Che ognuno degli ospedali esistenti ora, o che verranno fondati in futuro, possa avere un Fratello sacerdote, la cui funzione sarà quella di dire messa, celebrare gli altri uffici divini, amministrare i sacramenti, sia ai Fratelli che ai poveri di Cristo" (Bolla LICET EX DEBITO; S.Pio V, 1572).

 

            "Il nostro Ordine è un Istituto laicale, tuttavia, fin dalla sua approvazione, fu concesso che alcuni confratelli potessero accedere al sacerdozio per provvedere all'esercizio del sacro ministero tra gli ammalati e nelle nostre comunità e opere" (Cost.1984, 1c).

 

 

3. La dimensione missionaria dell'Ordine negli scritti dei nostri Fratelli

La dimensione missionaria costituisce un valore essenziale nella vita degli ospedalieri. La nostra storia e tradizione sono piene di testimoni che lo  attestano.  Proponiamo qui di seguito alcune delle testimonianze scritte più significative, dalle quali traspare la preoccupazione, animazione e dedizione volta a fomentare l'azione missionaria nel nostro Ordine. In omaggio alla brevità, prenderemo in esame solamente gli scritti dei Fratelli, a partire da Padre Giovanni Maria Alfieri.

 

a) Padre Giovanni Maria Alfieri

Nominato Generale il 19 maggio del 1862, tenne questa carica fino alla morte avvenuta nel 1888. Figura di spicco dell'Ordine, la sua profonda vocazione ospedaliera, l'amore ai poveri a ai malati, alla Chiesa e all'Ordine, si congiungevano e configuravano in lui assieme alle sue grandi doti d'intelligenza e al suo spirito imprenditoriale; era, insomma, la persona della quale l'Ordine aveva bisogno in quegli anni difficili della seconda metà del secolo XIX.

 

Diede impulso alla restaurazione dell’Ordine in Spagna, Portogallo e America, e durante il suo generalato vennero fondati gli ospedali di Israele, Inghilterra e Irlanda; animò i Fratelli italiani a mantenersi fedeli e costanti nella missione di carità con i malati, soprattutto quando arrivò la soppressione degli Ordini religiosi in questo paese (7 luglio 1866). Lo stesso fece con gli Ospedalieri di altre Province.

 

Scrisse molte lettere (tra le quali 26 Circolari), per ravvivare lo spirito di carità ed inculcare l'esatta osservanza e la formazione dei giovani religiosi. Segnaliamo, come esempio, qui di seguito, dei brani di alcuni suoi scritti:

 

            "Esorto ed ordino che tutti, ed in tutti i luoghi dove vi sono i vostri ospedali, prestino al popolo tutto l'aiuto possibile, anche nella prevenzione dei disastri e che, per mezzo dei vostri superiori, offrano alle autorità competenti, ecclesiastiche e civili, la vostra opera ed anche i vostri ambienti, conservando sempre però voi la direzione e l'assistenza".[15]

 

            "Questo nostro molto amato figlio in Cristo, Benedetto Menni mandiamo ora in Francia e in Spagna, dove rimarrà per tutto quel tempo che noi riterremo opportuno, affinché promuova l'incremento e il bene del nostro Ordine, secondo il tenore delle nostre Costituzioni, le nostre Istruzioni e quelle della Santa Sede. Per il che, in sommo grado, lo raccomandiamo al Signore e ai Venerabili Vescovi e Superiori Ecclesiastici e Regolari e vivamente li preghiamo che prestino a lui efficace protezione".[16]

 

b) Beato Benedetto Menni

Nato a Milano nel 1841, Generale dell'Ordine Ospedaliero, restauratore dell'Ordine in Spagna, Portogallo e America Latina, Fondatore della Congregazione delle Suore Ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù, morì a Dinan nel 1914.

 

Possiamo dire che il suo impegno ospedaliero fu soprattutto missionario. A 26 anni partì dall'Italia per compiere la missione che avrebbe marcato tutta la sua vita: la restaurazione dell’Ordine in Spagna, America e Portogallo. Egli dimostrava così la sua disponibilità:

 

            "Scrivevo al Reverendissimo P. Alfieri, allora Superiore Generale del nostro Ordine, dicendogli che mi sentivo animato in tal modo dal desiderio di lavorare per il bene del nostro Istituto Ospedaliero, da offrirmi a Sua Paternità Reverendissima, perché mi mandasse dove credeva fosse più conveniente, allo scopo di praticare la Santa Ospitalità".[17]

 

Le lettere scritte dal Beato Menni furono molte: 463 ai Fratelli e 870 alle Suore Ospedaliere, e molte altre, soprattutto nei suoi primi anni di permanenza in Spagna. Riportiamo qui solo alcuni frammenti i quali testimoniano la sua vocazione e dedizione missionaria.

 

            "Entro pochi giorni io stesso accompagno il primo gruppo di religiosi nostri che vanno in America. Impresa ardua e difficile, superiore alle nostre forze, che però, fidandoci dell’aiuto di Dio, speriamo di poter portare ad un felice esito".[18]

 

Tentò, inoltre, di estendere l'Ordine a Rio Munni e alle Filippine.

 

            "Ho ricevuto la sua del 30 ed anche la mappa del Rio Munni, nella quale vedo che detto paese è stato annesso alla Spagna. Non avrei nessuna difficoltà nell'inviare qualche Fratello; sarebbe però cosa buona che il Governo considerasse gli appartenenti al nostro Ordine come se fossero dei missionari, ossia, che vengano esentati dal servizio militare. Così attendo che Lei mi dica se può influire onde poter conseguire questo".[19]

 

            "Mediante la volontà del Signore, sarà una realtà l'arrivo dei Fratelli del nostro Ordine Ospedaliero a queste Isole Filippine, però non andranno ad occuparsi di ospedali...ma a fondare in questo arcipelago una casa-asilo per dementi".[20]

 

Seguendo la tradizione dell'Ordine nostro, egli dimostrò il suo spirito ospedaliero e missionario, nella continua disponibilità ad assistere i malati e i bisognosi ovunque essi si trovassero, specialmente durante le epidemie e le catastrofi:

 

            "Ecc.mo Signore, le gravissime notizie che pubblicano i giornali sullo stato sanitario del manicomio di San Baudillo di Llobregat, muovono il sottoscritto ad offrire a V.E., a nome della detta Corporazione dei Fratelli Ospedalieri di San Giovanni di Dio e delle Suore Ospedaliere di Nostra Signora del Sacro Cuore di Gesù, il personale necessario per l'assistenza ai colerosi nel riferito manicomio di San Baudillo".[21]

 

Nei suoi molti scritti troviamo raccomandazioni ed orientamenti che indirizzava ai Fratelli, come Superiore, riguardanti il servizio e l'ospitalità con i malati e i poveri:

 

            "Per ciò stesso, in virtù del voto di Ospitalità, ognuno dei religiosi professi del nostro Ordine, è obbligato a prestare ai malati, siano essi poveri o ricchi, tutti quei servizi corporali e spirituali dei quali hanno bisogno e che secondo le loro attitudini e facoltà essi possono prestare e che l'obbedienza in conformità con gli scopi del nostro Istituto assegna loro".[22]

 

c) San Riccardo Pampuri

Nacque il 2 agosto 1897 in Trivolzio (Pavia). Dopo un'infanzia e una gioventù esemplari, nel 1921 si laureò in Medicina e Chirurgia e, dal 1922 fino al suo ingresso nell'Ordine, esercitò la sua professione di medico condotto nel paese di Morimondo. Entrò come postulante nell'Ordine nel 1927 ed emise i voti temporanei il 24 ottobre del 1928. Morì a Milano il 1 maggio 1930.

 

Si distinse per la sua bontà, semplicità, il suo candore e la sua profonda vita spirituale. Dai suoi scritti (146 lettere) e in relazione al tema del quale ci occupiamo possiamo mettere in rilievo:

 

La sua grande attenzione verso le missioni era dovuta in gran parte a sua sorella, Suor Longina, missionaria in Egitto. Sua sorella apparteneva alla congregazione delle Francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria e rimase in Egitto per oltre 60 anni. La relazione epistolare con lei fu intensa (66 lettere), piena di tenerezza e profondamente spirituale. San Riccardo le manifestava il suo desiderio di amare e servire Dio e trovare il sistema migliore per rispondere alla sua chiamata:

 

            «Avrai compreso come nella ricerca della strada per la quale il Signore desidera che io lo serva, non poche volte mi si è presentata quella, tanto gloriosa, del missionario; però molte altre volte la pochezza fisica e più ancora la morale mi dissuasero da tutto questo. Nonostante questo, però, con quanto ardore abbraccerei questo stato, se la Provvidenza me lo indicasse come quello a me più conveniente".[23]

 

            "Il giorno 3 ebbi occasione di parlare con il R.P.Provinciale dell'Ordine di San Giovanni di Dio, nel quale mi era stato concesso di entrare già da un anno, egli mi disse che con molto piacere mi accoglierebbe (se avesse questa occasione), e questo nonostante la mia salute un po’ malandata e il dubbio della pleurite. Come tu ben sai, già da tempo io sentivo il bisogno di una Regola per poter perseverare in una vita degna, senza pericolo di gravi cadute. Per questo ho accettato l'offerta fraterna e il giorno 6 ho presentato la domanda di ammissione confidando esclusivamente nella bontà e misericordia di Dio".[24]

 

L'assistenza ai malati e bisognosi fu l'ambiente nel quale San Riccardo disimpegnò la sua attività apostolica e missionaria.. La sua diligenza e professionalità non conoscevano limiti, nonostante la sua fragile salute:

 

            "Prega anche per i miei malati, perché con l'aiuto di Dio io possa procurare a loro un vero sollievo".[25]

 

L'Ordine accoglierà il medico santo, chiamato da Dio a vivere la sua consacrazione ospedaliera. Furono solo tre gli anni che egli trascorse tra noi, pieni però di amore, umiltà, donazione agli altri e testimonianza di ospitalità. Servì come formatore dei giovani religiosi che si preparavano a diventare infermieri ed anche come medico a Brescia. Si fece voler bene da tutti, malati e Confratelli, per la sua vita esemplare.

 

            "Prego tanto per i nostri cari ammalati, perché possano trovare nei nostri ospedali la salute spirituale ed anche, abbondantemente, quella materiale, quando ciò sia per la maggior gloria di Dio e la salvezza di loro stessi".[26]

 

d) Padre Efrem Blandeau

Nominato Superiore Generale per Decreto della Sacra Congregazione dei Religiosi il 15 gennaio 1939, il suo servizio di governo ed animazione dell'Ordine durò fino al 26 aprile 1953. Fu una persona semplice, dotata di grande bontà e intelligenza, cose queste che lo fecero amare da tutti.

 

Compì il suo servizio durante la Seconda Guerra Mondiale, distinguendosi per la sua preoccupazione nell'assistere ed interessarsi dei diversi eventi che le Province e i vari Centri soffrivano o sopportavano. Conosciamo due sue lettere, orientate a far conoscere all'Ordine la situazione nella quale si trovavano i Centri e il numero dei nostri Confratelli morti, dispersi o prigionieri.

 

In una delle sue lettere a tutto l'Ordine, egli valutava così il nostro apostolato:

 

            "Dobbiamo essere apostoli per il nostro irraggiamento e fascino personale, nel compimento dei nostri doveri quotidiani per molto umili e modesti che siano. Agendo così risponderemo al desiderio del Santo Padre il quale, parlando all'Azione Cattolica dichiara che gli ospedalieri sono, per loro propria vocazione caritativa, i pionieri dell'Azione Cattolica".[27]

 

e) Padre Mosè Bonardi

Fu eletto Superiore Generale dell'Ordine il 26 aprile 1953 e rimase in questo incarico fino al 1959. Mostrò una speciale sensibilità e preoccupazione per le opere missionarie e per la formazione dei religiosi destinati alle medesime. Poniamo qui in evidenza alcuni paragrafi dei suoi scritti:

 

            "San Giovanni di Dio sognò la vita del missionario tra i deserti dell'Africa; noi suoi figli, in questo Anno Mariano, come omaggio alla Vergine Santissima, traduciamo in atto questo desiderio del Santo Fondatore e portiamo la sua opera di evangelizzatore, affidata alla carità, tra le genti anche lontane dalla fede e dalla civiltà".[28]

 

            "L'ideale missionario si va diffondendo e prende consistenza e forza tra le file del nostro Ordine. Noi accoglieremo di buon grado tutte le iniziative che dovessero sorgere da questo fervore missionario e, unificandole, le presenteremo a tutte le Province affinché prendano parte e ci diano il contributo della loro collaborazione. In questa corsa di fede e generosità, tutte le Province, anche le più piccole e povere di soggetti e mezzi economici, potranno trovare il loro posto d'onore e di lavoro".

 

            "E' pertanto indispensabile che i religiosi che vengono destinati in terra di missione siano in precedenza preparati convenientemente".[29]

 

f) Padre Igino Aparicio

Venne nominato Superiore Generale il giorno 26 aprile del 1959, disimpegnando questa responsabilità fino al 1971. A continuazione di quanto fatto da Padre Mosè Bonardi, anch'egli diede impulso all'estensione dell'Ordine in terra di missione e mostrò uno speciale interesse per la formazione e l'adeguato inserimento dei Fratelli in quei Paesi e nelle loro culture. Mettiamo in rilievo alcuni passi delle sue lettere circolari:

 

            "Dobbiamo ringraziare il Signore per l'attuale momento di espansione che l'Ordine ha conseguito tramite le Province Spagnole, sia nella Penisola come nelle terre d'America e più recentemente in Africa".[30]

 

            "Colgo l’occasione per informarvi che l'Ordine ha oggi un ospedale missionario in India..., nello stato del Kerala e diocesi di Chanagacherry, di rito malabarico. Questa nuova fondazione è stata realizzata dalla Vice-Provincia Renana".[31]

 

            "Il religioso che risiede in una terra straniera deve considerare come uno dei suoi primi doveri quello di sforzarsi per adattarsi all'ambiente culturale del paese ne quale abita... Si procuri da parte dei religiosi di adattarsi ai costumi e alle usanze del paese, al suo genere di alimentazione, alle forme sociali, fino ai modismi stessi del linguaggio che sono propri del luogo... Nei centri di formazione... si deve andar disponendo l'animo dei giovani per vivere il giorno di domani in qualsiasi luogo dove l'obbedienza li può inviare.... creando in essi una mentalità di universalismo cristiano, perché sappiano amare, rispettare ed impegnarsi nei confronti della nazione alla quale saranno destinati".[32]

 

4. L’attività missionaria secondo il pensiero dei nostri missionari

In questo capitolo vogliamo esporre il pensiero e la testimonianza di alcuni Confratelli i quali, attualmente, esercitano il loro apostolato in vari luoghi del mondo. Desideriamo che le loro parole conferiscano una nota di realismo e vita vissuta alla presente riflessione.

 

a) Fra Anthony Leahy - Papua Nuova Guinea[33]

La chiamata a lavorare nelle opere missionarie dell'Ordine è un dono e una eredità che tutti noi Fratelli abbiamo ricevuto da Gesù e dal nostro Padre San Giovanni di Dio. La nostra missione consiste nel portare la Buona Novella di Gesù, secondo lo stile di San Giovanni di Dio, a tutti coloro che, ogni giorno, incontriamo sulla nostra strada.

 

Noi Fatebenefratelli ci troviamo in Papua Nuova Guinea dal 1971. Fu il desiderio di continuare l'opera di San Giovanni di Dio, a portarci qui, rispondendo inizialmente alle necessità specifiche del paese, specialmente nell'assistenza ai minorati fisici e psichici.

 

Il piccolo seme si è convertito in un piccolo e salutare bosco. Il fertilizzante che ci ha aiutato in questa crescita è stata l'accettazione di candidati nativi come postulanti e, in seguito, come Fratelli. Oggi, la missione Papua Nuova Guinea abbraccia due campi:

 

1) curare i bisognosi specialmente il malato e il povero;

2) aiutare le vocazioni native nel discernimento.

 

La speranza ed il sogno dell'Ordine sono ora che, il popolo della Papua Nuova Guinea, possa conoscere l'amore di Dio attraverso la conoscenza e l'opera di Giovanni di Dio, affinché essi stessi, in seguito, possano essere missionari in mezzo alle persone con le quali vivono e lavorano.

 

 

b) Fra Fortunatus Thanhauser[34]: i Fratelli di San Giovanni di Dio in India

Dopo la fondazione eretta dai Fratelli del Portogallo a Goa vari secoli fa, i missionari sono tornati nuovamente in India terminato il Concilio Vaticano II e, alla base di tutto questo, c'è la visita che un Vescovo indiano fece in Germania nell'anno 1964. Questo prelato era già stato altre volte nell'ospedale dell'Isola Tiberina in Roma, ed era rimasto impressionato dalla dedizione con la quale i Fratelli servivano i malati e i poveri. I modi gentili e caritatevoli dei Fratelli lo fecero riflettere e pensare: "Se potessi avere questi Fratelli nella mia diocesi in India!". Finalmente, i Fratelli si prepararono ad andare in India.

 

Vincendo ogni sorta di difficoltà, tre Fratelli ottennero il visto d'ingresso in India. I primi Fratelli, arrivati dalla Germania furono, Fra Fortunatus e Fra Prakash.  Giunsero a Kattappana il 19 novembre 1969 e aprirono un piccolo dispensario con l'aiuto di un medico indiano ed anche di alcune  religiose. Questo dispensario con 20 letti andò man mano crescendo, lungo 25 anni, fino a convertirsi in un ospedale con 275 posti letto e 18 medici, inclusi gli specialisti.

Vedendo le necessità e con il consiglio e parere dei medici, si costruì il Long-Time-Hospital, con una capacità di 150 letti per pazienti cronici, anziani e un reparto per bambini minorati.

 

Nell'ospedale le conversioni sono rare, ma nel Long-Time-Hospital (la Casa dei Poveri), ve ne sono frequentemente anche se nessuno vi è né forzato né indirizzato. Lo stesso capita con i bambini della scuola, nella quale sono assistiti 56 bambini esterni. Nell'ospedale di Kattappana, abbiamo portato a termine vari progetti per realizzare una pastorale più regolare, dato che la stessa è ancora considerata, unicamente, come amministrazione degli ultimi sacramenti.

 

Dato che Kattappana si trova in un luogo appartato era difficile disporre di sacerdoti e insegnanti per i novizi, perciò si decise di trasferire il noviziato a Madras-Poonamallee, vicino al seminario dei Padri Salesiani. Nella stessa casa del noviziato dal 1981 vi è una piccola Casa dei Poveri (Poor Home) e un dispensario.

 

Chiamati dal Vescovo di Kandwa nello stato del Madhya Pradesh, una nuova opera venne iniziata in Deshgaon, vicino a Kandwa, nel 1986, con l’apertura di un centro di salute ed un dispensario. In questo Stato le conversioni sono proibite dal governo.

 

c) Fra Savio Tran Ngoc Tuyen.[35]  Bien-Hoa Vietnam

La presenza dei Fratelli canadesi in Vietnam va dal gennaio del 1952 al settembre del 1975. I Fratelli sopportarono molte prove durante la guerra, per poter trasmettere la spirito di San Giovanni di Dio e la sua spiritualità ai Fratelli Vietnamiti. Essi furono una grande testimonianza di evangelizzazione per la loro attività ospedaliera.

 

Grazie alla loro perseveranza e ai loro sacrifici conseguirono di poter formare dei Fratelli Vietnamiti, essendo questa la ragione per la quale il nostro Ordine esiste in Vietnam fino ai nostri giorni, sebbene non siano più giunti altri Fratelli missionari da più di vent'anni.

 

Dal 1975 fino ai nostri giorni, i Fratelli Vietnamiti si sforzarono di adattarsi alle circostanze del regime socialista, per poter continuare a vivere secondo lo spirito di San Giovanni di Dio e la spiritualità dell'Ordine, nonostante le molte difficoltà che vi sono state e che vi sono, ma "San Giovanni di Dio continua a vivere nel tempo".

 

L'azione missionaria in Vietnam:

 

·      Obiettivo: Le persone povere dei villaggi abbandonati, isolati e lontani.

·      Azione: Formare la gente alla prevenzione e all'igiene, curare le malattie all'inizio delle medesime e curarle a domicilio.

·      Mezzi: Quelli che occorrono sono gli economici e i finanziari. Ed anche i Fratelli, che da due a quattro abitino in ogni paese.

·      Utilità: Per l'Ordine sarebbe facile costruire una casa nella quale si potrebbero fare molte cose, sarebbe un segno sensibile, una testimonianza per la gente e permetterebbe di poter curare molte più persone, le quali conoscerebbero molto di più il nostro Ordine. I prezzi delle prestazioni sarebbero bassi e l'assistenza più accurata.

 

d) Fra Manuel Nogueira.[36] Nampula Mozambico

La nostra opportunità missionaria: lo sappiamo bene, tutta la Chiesa è missionaria e missionari sono tutti gli enti e gli organismi che compongono la Sposa Amata, continuando così il ministero dello stesso Cristo. E' altrettanto vero che, tutti questi organismi, devono assumere l'impegno missionario in accordo con la loro propria natura ed il loro carisma, utilizzando tutti i mezzi adeguati. Pertanto, a noi, spetta essere missionari della carità ospedaliera, dato che questo è il nostro carisma e il nostro compito: esprimere l'amore del Padre verso i bisognosi di ogni tipo.

 

Risulta pertanto evidente quanto sia opportuno e adeguato il nostro modo di collaborare nella costruzione del Regno di Dio nelle circostanze attuali. In effetti, quanto più varie sono le voci e le chiamate in questo nostro mondo, più evidente è l'urgenza della testimonianza attraverso le opere come spazio di donazione al servizio delle miserie umane.

 

Però se le nostre possibilità sono grandi, altrettanto sono le nostre responsabilità. Non tutti i tipi di preparazione delle nostre opere e dei nostri Fratelli sono ugualmente validi per conseguire una efficace azione missionaria.

 

Alcune condizioni per una positiva riuscita: opere adatte alle condizioni: Sappiamo che oggi l'attività ospedaliera, come qualsiasi altra, può convertirsi in una attività apostolica interessata, ed addirittura di sfruttamento.

 

Questo deve significare per noi un avvertimento al momento di decidere che tipo di opere dobbiamo organizzare o che dobbiamo lasciare, secondo le circostanze.

 

E' ovvio che le nostre opere devono essere particolarmente aperte ai più bisognosi, a coloro che vengono respinti da altri organismi, a coloro che possono contare solamente sul nostro aiuto. Da ciò si deduce che una rigorosa selezione dei pazienti o malati che accogliamo nelle nostre opere, può essere anche il segno di un lavoro ben organizzato, ma sicuramente non lo è nel significato di un vero sviluppo fatto con carità. Il vero uomo di carità ha, come lo ebbe il nostro Fondatore, un cuore sensibile verso tutti i bisognosi e non solo per una parte di loro.

 

Per questo, se un'opera deve specializzarsi in un determinato settore o aspetto dell'assistenza sanitaria, sarà utile, e a volte molto conveniente, che funzioni in essa un reparto per cure di casi urgenti o di grande bisogno di aiuto. Mai si deve chiudere la porta ad un povero. Una porta aperta e un raggio di speranza deve esserci anche per i più sfortunati.

 

Apertura e collaborazione con tutti e a favore di tutti: Altra preoccupazione deve essere l'apertura e collaborazione con tutti gli organismi, soprattutto se lavorano nel nostro stesso campo sanitario.

 

Quando si giunge in un posto, da lontano, e si è avuto una formazione molto lontana da quella della vita reale, esiste il pericolo di considerare se stessi come il modello e prototipo, male interpretando coloro che pensano o agiscono in modo diverso dal nostro. Dobbiamo far fronte a questa tentazione e coltivare lo spirito di apertura e collaborazione con tutti, verso tutti e di tutti.

 

L'apostolato della questua: l'apostolato della questua, tanto amato dal nostro Santo Fondatore e dai suoi primi seguaci, non è forse oggi in crisi tra di noi come conseguenza della tendenza ad aprirci preferibilmente a coloro che possono pagare, e a coloro che hanno chi paga per loro? E, in un'epoca in cui ogni giorno i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, quale cosa migliore noi potremmo fare che chiedere l'elemosina, forti del nostro carisma, per avvicinare gli uni e gli altri e, incluso, prevenire così le rivolte sociali per quel poco che possa dipendere da noi?

 

La nostra identità ecclesiale e di consacrati:: finalmente uno sguardo alla convenienza di dimostrare nella nostra attività caritativa quello che siamo, vale a dire, membri della Chiesa e consacrati. Sia che viviamo in un ambiente cristiano o musulmano, orientale o animista, siamo sempre eletti da Cristo, investiti e inviati dalla sua Chiesa, per la diffusione del suo Regno d'Amore compassionevole e misericordioso. La gente deve sapere e deve notare questo. Devono toccare con mano che il nostro stile di vita e l'amore con il quale trattiamo il prossimo, nascono da Dio, e si fondano sulla dottrina e sull'esempio del Signore Gesù.

 

Riassumendo: le nostre opere e le nostre relazioni con tutti, soprattutto con i più sfortunati, testimonino la nostra adesione a Cristo. Saremo così, per tutti, un raggio della carità di Dio, attenuando  la mancanza di amore che tanto sta impoverendo il mondo e la società.

 

e) Fra Riccardo Botifoll.[37] Lunsar (Sierra Leone)

Ovviamente, l'obiettivo immediato dell’attività dell'Ordine nei paesi in via di sviluppo deve essere di carattere medico sanitario; sia esso perseguito attraverso ospedali, dispensari o centri di cura primaria della salute. Bisogna tenere sempre più in considerazione che l’attività sanitaria non può essere lasciata alla libera iniziativa di ogni istituzione, slegata dall’azione della rete sanitaria statale; urge invece un coordinamento, per non dire una integrazione, con gli organismi statali ed internazionali. (OMS, Società di lotta contro la tubercolosi, la lebbra, ecc..) Gli impressionanti esiti conseguiti con la vaccinazione dei bambini (sarampiõn, tetano, polio) e quelli che si intravedono già con la vaccinazione antimalarica, indicano questa direzione.

 

Un rischio contro il quale bisogna premunirsi é quello di voler «strafare», vale a dire, proporsi che i nostri centri ospedalieri esistenti in questi paesi, abbiano un livello di tecnica e di comodità paragonabili con gli ospedali europei. Con ciò si conseguirebbe solo che, i beneficiari risulterebbero essere una minoranza di gente ricca, e che i nostri centri restino cosi fuori dalla portata della grande maggioranza dei poveri, ai quali noi, teoricamente, siamo venuti appositamente a prestare assistenza. E questo é un pericolo reale.

 

Molti altri commenti potremmo fare, pero non é possibile per il breve spazio concessomi. Mi si permetta però una riflessione che, per chi mi conosce, può sembrare ossessiva: la nostra attività missionaria deve anche mirare a cambiare il mondo europeo dal quale proveniamo. Lavoriamo in Africa, persuasi che da qui noi possiamo aiutare la nostra vecchia Europa.

 

"Fratelli,... fate del bene a voi stessi, dando ai poveri..". Continuiamo a rivolgere questa semplice, ma incisiva esortazione juandediana dai nostri semplici e poveri ospedali della selva verso il nord sazio e nel contempo insoddisfatto. I1 lavoro quotidiano delle nostre mani vuole essere una preghiera, affinché l'Europa creda veramente nel sermone della montagna, in "opere e verità". Questa é la nostra speranza. Ed é una ragione di più sulla quale fondiamo il nostro impegno missionario.

 

f) Fra Rafael Teh.[38] Monrovia

L'Africa è un continente di popoli emarginati, agitati a causa del tribalismo e da rivalità etniche. Violenze, colpi di stato, problemi di rifugiati delle guerre civili, violazione dei diritti umani, sfruttamento da parte dei potenti, fame, povertà, malattie, disperazione e morte. La mancanza di pace e di giustizia sono state le cause principali di questo insieme di problemi che affliggono l'Africa. L'ingiustizia é profondamente radicata in molte strutture del peccato del continente. Questa è la realtà. Vi sono pochi ricchi con abbondanti proprietà e molti diseredati senza terra ed in estrema povertà. Di fronte al potere di alcune poche persone c’è l'impotenza e la schiavitù dei più.

 

Le sfide dell'Africa nel campo della salute sono: la malnutrizione cronica, le malattie diarroiche associate alle cattive condizioni dell'acqua e dei servizi igienico-sanitari, la malaria e altre malattie contagiose, 1'AIDS e il finanziamento della sanità, l'alto indice della mortalità infantile causato dalla malnutrizione cronica e dalla mancanza d'igiene, tutti mali che si potrebbero prevenire con le cure primarie e preventive.

 

La crisi economica ed il taglio dei fondi stanno contribuendo ad impoverire ancor di più l’azione sanitaria. I1 proibitivo costo dei medicinali e delle degenze in ospedale, rende impossibile a molte persone, specialmente del mondo rurale, l'accesso alle cure mediche di cui invece avrebbero bisogno. La malattia e la povertà formano un circolo vizioso: uno si ammala perché é povero e diventa ancora più povero perché è malato.

 

In questa situazione noi Fatebenefratelli viviamo e realizziamo quotidianamente la nostra missione ospedaliera e in essa i nostri centri ospedalieri sono come delle oasi in mezzo al deserto. E questo lo posso testimoniare, specialmente qui in Monrovia, dove il nostro ospedale é rimasto attivo anche in mezzo al fragore delle bombe e alle distruzioni della guerra, come "una Casa di Dio", nella quale si accolgono tutte le persone. E' cosa molto gratificante vedere le dimostrazioni di gioia e i sorrisi dei malati e bisognosi che hanno potuto giungere in questa oasi, anche se solamente per appagare la loro sete o per passare il loro ultimo giorno di viaggio verso l’eternità. Vengono volentieri per il trattamento umano che ricevono, perché hanno un letto e delle lenzuola pulite per riposare, anche quando, tutto questo, non é che per qualche attimo di tempo. Quanto desidererei che queste oasi ospedaliere si estendessero attraverso tutto questo deserto, specialmente nelle zone estreme della periferia!

 

Alcune volte mi vien voglia di gridare per la frustrazione e l’impotenza che sento per non essere capace di cambiare le strutture del peccato della società. Quotidianamente scopriamo il volto del Servo sofferente di Javhè vedendo tanta gente sommersa dalla povertà, dallo sfruttamento e dalla mancanza di cultura, condannata a vivere in situazioni veramente infraumane. Ho però anche, d'altra parte, la consolazione di sapere che ogni azione che il missionario ospedaliero realizza é una MISSIO DEI, cioè una realtà di Dio e mistero eterno. Quando giungiamo ai nostri limiti umani, Dio ci conduce attraverso le frontiere create dalla voracità umana. E' lo spirito ospedaliero di generosità e di magnanimità, che motiva il nostro essere aperti ad esplorare nuove strade che ci pongono ancora di più al servizio delle persone emarginate e renda ancora più effettiva la nostra missione. La nuova ospitalità ci invita a trasferirci dal centro alla periferia, per cercare nuovi metodi per la trasformazione del mondo del povero e del suo ambiente, ovvero per la trasformazione delle strutture sociali deviate che portano con se queste umilianti condizioni.

 

g) Fra Juan Bautista Carbó.[39] Lomé (Togo)

Dalla visione prospettica africana, posso affermare che, l’attività missionaria sviluppata dall'Ordine durante la sua storia, e in modo speciale in questi ultimi cinquant'anni, é stata feconda e più estesa di quanto, a prima vista, possa sembrare.

 

La missione ospedaliera si è svolta in consonanza con i principi enunciati nella "Redemptoris Missio", al n. 42: «L’uomo contemporaneo crede più ai testimoni che ai maestri, più all'esperienza che alla dottrina, più alla vita e ai fatti che alle teorie.. La testimonianza della vita cristiana é la prima e insostituibile forma della missione".

 

Quando oggi vediamo i luoghi nei quali l'Ordine é presente, nella maggior parte dei casi constatiamo che all'intorno del Centro ospedaliero si sono sviluppati nuclei di popolazione, avendo contribuito cosi, la nostra presenza juandediana, allo sviluppo sociale, economico ed anche religioso, perché, in alcuni luoghi, i Fratelli, sono arrivati prima ancora dei "missionari" ufficiali.

 

Questo non significa che non vi siano state delle lacune, esse però erano dovute più all'impeto di voler fare e assistere a tante necessita, piuttosto che alla mancanza di buona volontà o di desiderio.

 

Il futuro del carisma ospedaliero ha in Africa una grande base di impianto e sviluppo, principalmente per i Fratelli africani, ma nello stesso tempo é anche una sfida per tutto l'Ordine. Il futuro è pieno di speranze. Necessita però la collaborazione di tutti per appoggiare questa crescita, la quale é molto rapida e che per questo i potrebbe sfuggirci di mano.

 

L'Ordine deve concretizzare il modo con il quale desidera essere presente in queste terre africane, dato che i bisogni sono molti e dato che, nel futuro, la Chiesa africana avrà un grande peso all'interno della Chiesa universale.

 

Oltre a ciò abbiamo una grande responsabilità, perché siamo l'unico Istituto maschile che si dedica interamente al servizio dei poveri e dei malati, dovendo pertanto, per questo motivo, aprire nuovi canali e aiutare cosi ad impiantare il carisma della misericordia in queste nuove Chiese, tanto ricche di contenuto, di vita, e di donne e uomini aperti al trascendente.

 


Capitolo sesto

 

 

ORGANISMI AL SERVIZIO DELL’EVANGELIZZAZIONE

 

Tutta la struttura giuridica ed organizzativa dell’Ordine è finalizzata ad animare, appoggiare ed incrementare il senso apostolico dei Fratelli e l’azione evangelizzatrice che il nostro istituto realizza attraverso il servizio ai malati e ai bisognosi insieme ai collaboratori nella Chiesa.

 

In questo capitolo ci limiteremo ad elencare i mezzi che l’Ordine ha orientato espressamente ad appoggiare l’azione dell’Ordine nei paesi in via di sviluppo, distinguendo quelli che hanno una dimensione universale, perché promossi dalla Curia Generalizia, da quelli promossi e mantenuti da una o più Provincie.

 

 

1. Organismi della Curia Generalizia al servizio delle missioni

 

a) Segretariato delle missioni

Durante il generalato di P. Mosé Bonardi, diverse Provincie dell’Ordine orientarono Fratelli e risorse all’azione evangelizzatrice in Africa e tentarono di insediarsi anche in India. L’Ordine, in quel momento, viveva una rifioritura vocazionale in varie parti che, com’è normale, sollecitava ed incoraggiava l’impegno missionario dei Fratelli.

 

Al fine di «stimolare, incrementare, sviluppare e regolare il promettente movimento volto a far risplendere la chiamata della carità ospedaliera di nostro Padre San Giovanni di Dio anche negli ovili che non sono nel recinto di Cristo, affinché possano udire la sua voce e diventare ‘un solo gregge e un solo pastore’» (Gv 10, 16)[40], nella sessione del 19 ottobre 1957, il Definitorio Generale approvò gli Statuti per le Missioni dell’Ordine.

 

Da allora la Curia Generalizia si è sforzata di realizzare l’obiettivo indicato, promuovendo non solo aiuti economici, ma, soprattutto, dando orientamenti ed organizzando mezzi per aiutare i Fratelli a prepararsi debitamente prima di essere destinati ai paesi in via di sviluppo, a mantenere vivo lo spirito missionario e, più recentemente, ad applicare i criteri formativi dell’Ordine in Africa, America Latina, Asia ed Oceania.

 

Il corso per i Confratelli-missionari, celebratosi a Roma dal 5 al 13 febbraio 1980, fu un importante momento di riflessione e comunione per i nostri Confratelli-missionari che, oltre ad offrire loro la opportunità di aggiornarsi a livello teologico, carismatico e pastorale, permise a ciascuno dei partecipanti di comprovare nel dialogo con gli altri Confratelli il respiro universale dell’impegno missionario dell’Ordine. All’epoca era Superiore Generale Fra Pierluigi Marchesi.

 

La Carta Missionaria di cui si parlerà in altro luogo, è anch’essa frutto della riflessione ed animazione portata avanti durante il primo generalato di P. Marchesi. Gli sforzi allora vennero orientati soprattutto a coordinare la formazione in Africa e a creare una cultura universalista tra i Confratelli-missionari, i cui risultati sarebbero stati raccolti negli anni successivi.

 

b) Fondo Comune per le Missioni

Durante la Riunione dei Superiori dell’Ordine, celebratasi a Roma nel mese di ottobre 1989, si approvò la costituzione di un Fondo Comune per le Missioni dell’Ordine «destinato ad assicurare continuità di sostegno finanziario per le attività assistenziali dei centri missionari dell’Ordine», programmando la sua entrata in funzione a partire dal 1 gennaio 1992.

 

Dal momento dell’approvazione alla sua entrata in funzione, era previsto:

 

·      invio ai PP. Provinciali del progetto per la costituzione del Fondo Comune con richiesta di pareri e suggerimenti e dell’indicazione delle risorse che possono essere messe a disposizione nei primi due anni;

·      costituzione presso la Curia Generalizia di un gruppo di lavoro per dirigere la fase preparatoria;

·      approfondimento delle possibilità di coordinamento e collegamento con le O.N.G. promosse dall’Ordine.

 

Il regolamento del Fondo Comune per le Missioni fu pubblicato nel febbraio 1992. Tra gli obiettivi figurano:

 

·      L’Ordine costituisce un Fondo comune per le Missioni volto a sostenere e potenziare questa forma di apostolato.

·      Si costituisce facendo valere il principio dell’universalità nell’intento di arrivare a lungo termine ad affrontare i costi di tutte le realtà missionarie dell’Ordine.

 

A partire dalla sua entrata in funzione nel gennaio 1992 «ci sarà una prima fase in cui la responsabilità del Fondo si concentrerà fondamentalmente sulle Delegazioni Generali dell’Africa e del Vietnam».[41]

 

 

c)  Scuola di Missionologia in Roma

La formazione dei Fratelli fu una delle principali preoccupazioni di Padre Mosè Bonardi il quale avvertiva, in modo speciale, le lacune esistenti nel campo missionario:

 

            "Non possiamo nascondere che il nostro Ordine si è imbarcato in questa attività missionaria, senza preoccuparsi molto della preparazione specifica dei soggetti".[42]

 

E' per questo motivo che la Scuola di spiritualità, con annessa una Sezione di Missionologia, venne eretta in Roma nel 1955, essendo i suoi Statuti approvati il 17 novembre dello stesso anno dal Definitorio Generale e confermati poi, pienamente, dal Capitolo Generale del 1959. Essa venne inaugurata il 14 ottobre del 1956.

 

Gli obiettivi e gli scopi della Scuola di Missionologia, vennero determinati dall'art. 1 dei suoi Statuti:

            "Considerata l'attività missionaria che svolgono alcune Province dell'Ordine e le esigenze speciali di tale apostolato, in crescente sviluppo, alla Scuola Internazionale di Spiritualità si annette una Sezione Missionaria speciale, il cui fine è quello di preparare spiritualmente, moralmente e culturalmente i religiosi destinati alle missioni".

 

Il Padre Bonardi esponeva gli scopi della Scuola nei seguenti termini:

 

            "La Scuola che si aprirà in Roma con l'anno scolastico 1956-1957, si propone lo scopo di dare ai missionari tutte quelle conoscenze giuridiche, canoniche, linguistiche, sanitarie e di profilassi affinché possano assumere i loro compiti di apostolato e professionali con certezza e serenità unite ad una adeguata preparazione".[43]

 

Riguardo ai destinatari, l'articolo 33 degli Statuti stabiliva i requisiti per accedere alla Scuola di Missionologia:

 

            "Le Province che desiderano o prevedono di sviluppare nel futuro attività in terra di missione, devono inviare a questa Sezione missionaria quei religiosi, professi di voti solenni, che desiderano destinare alle missioni. I religiosi devono possedere i requisiti fisici, intellettuali e morali che sono necessari per l'apostolato ospedaliero in terra di missione".

 

I criteri fondamentali del programma di studio per la Sezione di Missionologia vennero determinati dagli articoli 34 e 35 degli Statuti:

 

            "Gli alunni missionari assisteranno per un anno o due ad alcuni dei corsi che si tengono nel Pontificio Istituto Missionario Scientifico, situato nel Pontificio Ateneo Urbano di Propaganda Fide, e ad un corso annuale di medicina missionaria per conseguire il diploma di infermiere internazionale" (art.34).

 

            "In un regolamento speciale per loro si indicano gli altri particolari corsi, allo scopo di conseguire meglio la loro idoneità nella futura attività missionaria, alla quale essi si devono dedicare secondo lo spirito dell'Ordine" (art.35).

 

La Scuola di Spiritualità e Missionologia si stabilì, durante i primi anni, nell'ospedale San Giovanni Calibita all'Isola Tiberina, fino a quando non si inaugurò, nel 1963, il Centro Internazionale di Formazione, in via della Nocetta.

 

Quanto ai risultati, la Scuola di Spiritualità e Missionologia, lungo gli anni, e nelle sue due tappe esistenziali, rese possibile la formazione di un buon numero di Fratelli di tutto l'Ordine con i suoi diversi corsi di teologia, spiritualità, ospitalità e missionologia, facilitando ed elevando il livello di preparazione spirituale, religiosa ed apostolica dell'Ordine, negli anni previ e posteriori al grande avvenimento ecclesiale del Concilio Vaticano II.

 

Riguardo la Sezione di Missionologia vi furono due realtà molto positive:

 

·      La preparazione e formazione adeguata di un buon gruppo di Fratelli che svolsero in seguito il loro apostolato in terre di missione. Essi resero realtà l'espansione dell'Ordine con nuove fondazioni missionarie in Africa, America e Asia.

 

·      La Scuola, attraverso i Fratelli in essa formati,(alcuni andarono nelle missioni, altri no), e l'impegno dei Superiori, andò creando una speciale sensibilità per le missioni, dando così, a molte Province, lo stimolo a fondare e sostenere nuove opere nei paesi in via di sviluppo. Sono questi senza dubbio dei frutti che ancora ai nostri giorni si possono vedere, dato che molti dei Fratelli che sono stati in essa formati, continuano ancora oggi il loro apostolato ospedaliero in opere missionarie.

 

Da diversi anni la Scuola di Spiritualità e Missionologia non funziona più come tale, essenzialmente perché le circostanze e le necessità sono cambiate e le possibilità di formazione nelle Province sono aumentate. Nonostante ciò il Centro è rimasto aperto a quei Fratelli che effettuano la loro formazione a Roma.

 

 

c) Segretariato Generale di Pastorale

Nacque durante il generalato di Padre Pierluigi Marchesi con l'obiettivo di dare impulso all'evangelizzazione e alla pastorale.

 

Anche se oggetto primario di questo organismo non era il campo missionario, tuttavia le sue iniziative diedero un impulso alla azione evangelizzatrice dell'Ordine. Tra i vari documenti pubblicati da questo Segretariato, facciamo presente:

 

·      "Che cos'è la Pastorale Sanitaria?" (1980). Il suo contenuto fa un'applicazione della "Evangelii nuntiandi" alla realtà dell'Ordine.

·      "Dimensione apostolica dell'Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio" (1982). In essa sono raccolte le basi e la proiezione evangelizzatrice dell'Ordine.

 

 

2. Organismi Interprovinciali e Provinciali

Le Provincie con comunità nei paesi di missione dispongono di un’organizzazione propria per l’animazione della vita di tutta la Provincia, ma si sono impegnate da sempre ad appoggiare in modo particolare le comunità, i confratelli e le opere apostoliche nei paesi in via di sviluppo. Tuttavia, come abbiamo visto, la Curia Generalizia si è prodigata ad aprire orizzonti di universalità che si traducessero in progetti ed attività realizzati in effettiva comunione e collaborazione tra le Provincie. Su questo sfondo sono sorti i Segretariati Interprovinciali che oggi abbracciano tutte le realtà dell’Ordine. Essendo strettamente collegati con il tema di cui ci stiamo occupando, riferiremo in seguito specificatamente del CIAL (Commissione Interprovinciale dell’America Latina) e del CIPPA (Commissione Interprovinciale dell’area dell’Asia/Pacifico).

 

a) CIAL OH: Commissione Interprovinciale di animazione Latinoamericana

L’attuale Commissione Interprovinciale di Animazione Latino-americana è nata con l’intento di coordinare nel continente sudamericano la risposta alla chiamata del Concilio Vaticano II al rinnovamento della Vita Consacrata che, durante l'anno 1979, fu per tutte le Province dell’Ordine un anno di grazia speciale: l'anno del rinnovamento.

 

In America Latina, dopo una minuziosa sensibilizzazione, preparazione e motivazione a tutti i livelli, si iniziò e si concluse felicemente l'insieme dei programmi indirizzati a far conoscere a tutti i Fratelli quello che essi dovevano vivere, per l’avvenire, come rinnovamento religioso nella vita ospedaliera juandediana.

 

Mentre si procedeva nel programma di ognuno dei quattro corsi sviluppati in Bogotà (Colombia), in tutte le valutazioni si sentiva la necessita di avere un organismo il quale avesse a dare continuità all'animazione che si andava sperimentando.

 

L'idea di proseguire con un organismo di animazione per tutte le comunità dell’America Latina, fu promosso dall'allora Padre Generale, Fra Pierluigi Marchesi, promotore del rinnovamento, e dai Provinciali di Colombia e di Spagna e dai loro Delegati.

 

Fu cosi che, il 17 ottobre 1979, nacque il Segretariato latinoamericano per il Rinnovamento (SELARE). Sorse come un servizio di Animazione per l'Ordine Ospedaliero in America Latina, con un progetto di Statuti che sarebbero stati poi, in seguito, approvati.

 

SELARE si definisce un organismo senza scopo di lucro, al servizio dell'essenza e della missione stessa dell'Ordine e degli Agenti della Pastorale Sanitaria dell'America Latina. Il suo obiettivo é quello di: "Coordinare e animare il processo di Rinnovamento, nei distinti campi, per una presenza più viva dell’Ordine nell’America Latina" .

 

Tra le attività promosse da SELARE, segnaliamo:

 

ALL'INTERNO DELL'ORDINE:

 

·      ha svolto la sua attività di animazione con una serie di visite programmate alle comunità delle diverse nazioni per presentare: i documenti della Chiesa Cattolica, quelli dei suoi corrispondenti Dicasteri e quelli della nostra Curia Generale.

·      Sono stati indetti dei Corsi per Animatori delle comunità; per i Formatori; in preparazione alla Professione Solenne; di Pastorale Sanitaria e per i Fratelli Anziani.

·      Nel dicembre del 1979, usci il primo numero del Bollettino SELARE, allo scopo di informare e animare le Comunità, cosi come di presentare documenti e lavori di un certo interesse sia sulla vita Consacrata, che sulla Formazione Permanente e sulla Pastorale della Salute.

·      Quasi contemporaneamente, si dette inizio alla collana SELARE la quale, fino a questo momento, ha pubblicato quasi una cinquantina di titoli su temi che si riferiscono a quanto é stato indicato nel numero precedente.

·      E' stato anche elaborato un Piano di Formazione in Pastorale della Salute, per corrispondenza, in convenzione con l’Università "San Bonaventura" di Bogotà.

 

ALL'ESTERNO DELL'ORDINE:

 

Quasi tutte le pubblicazioni menzionate, sono state edite da SELARE per promuovere la vita spirituale comunitaria e la missione evangelizzatrice nella Pastorale della Salute. Molti di questi mezzi però, sono anche a disposizione delle Chiese locali nelle diverse nazioni, le quali li cercano e approfittano dei medesimi dato che, si può dire, sono gli unici esistenti, a loro portata di mano, per la Pastorale Sanitaria.

 

SELARE promuove, organizza e partecipa anche ad una vasta gamma di eventi relazionati all'etica della vita umana, alla Pastorale della Salute, alla teologia e alla spiritualità della malattia

 

Il 30 ottobre del 1989, vennero approvati dalla Curia Generale gli Statuti con i quali si costituiva, come in altre aree geografiche dell'Ordine, il Segretariato Interprovinciale dell'America Latina dell'Ordine Ospedaliero (SAL.OH). Da quel momento SELARE passava ad essere una Sezione del menzionato Segretariato Interprovinciale. Nella riunione che si é tenuta in Cochabamba il 13 settembre 1996, si costituì il CIAL OH (Commissione Interprovinciale di Animazione Latino Americana ) che ha fatto sue le linee di azione del LXIII Capitolo Generale celebrato in Bogotà, e continuerà a sviluppare tutte le attività che abbiamo menzionato in relazione a SELARE, aperto sempre alla creatività e alla possibilità di nuove iniziative, a favore dell'Ordine e della Chiesa in America Latina.

 

 

b) Commissione Interprovinciale Asia‑Pacifico

Dall'anno 1979 le comunità e le opere dell'Ordine in Asia sono state riconosciute come entità propria, da quando i Fratelli della regione elessero i rappresentanti per partecipare al Capitolo Generale Straordinario di quell'anno. Allo stesso modo la regione fu rappresentata nel Capitolo Generale del 1982.

 

Il 25 febbraio del 1991, il Governo Generale dell'Ordine, dopo aver consultato i Superiori responsabili delle comunità e delle opere dell'Ordine in Asia, creò il Segretariato Interprovinciale dell’Asia (SIPA). Il 15 febbraio 1996, il Governo Generale, approvò un emendamento agli Statuti, il quale era stato presentato nella riunione che la Commissione celebrò in Manila nell'ottobre del 1995, dopo che la Provincia Australiana si era unita alla Regione Asiatica. La decisione di unirsi alla Commissione Asiatica fu presa, dalla Provincia Australiana, per rispecchiare meglio le realtà culturali che esistono attualmente in quella parte del mondo. Da allora la Commissione si chiama Commissione Interprovinciale Pacifico‑Asia (CIPPA).

 

L'obiettivo della Commissione CIPPA é quello di coordinare le attività delle diverse comunità e opere dell'Ordine nella regione Pacifico‑Asia negli ambiti di comune interesse. La Commissione CIPPA ha un Comitato Esecutivo composto dal Presidente, dal Segretario/Economo e da un altro membro eletto. L'Esecutivo agisce a nome dei membri della Commissione decidendo su tutte quelle materie che le sono state assegnate dalla Commissione.

 

Gli scopi della Commissione sono:

 

·      La cooperazione nei campi della pastorale, della missione, dello stile di vita, della formazione, dei laici, dei centri e dell'amministrazione.

·      Una maggior presa di coscienza di quello che viene chiesto all'Ordine in Asia e nel Pacifico, in modo che possa avere una presenza più efficace ed incisiva. La presenza più efficace consisterebbe nell'impiantare l'Ordine in Asia e nel Pacifico con espressioni di ospitalità nuove ed innovatrici

·      Richiesta di aiuti alle organizzazioni internazionali.

·      Sviluppo di programmi appropriati di formazione e stile di vita.

·      L'interscambio di esperienze e di personale tra le comunità e le opere dell'Ordine in Asia e nel Pacifico.

 

La Commissione CIPPA, nella sua riunione tenuta a Manila (ottobre 1995), decise la creazione di un Istituto Asiatico di Formazione Ospedaliera allo scopo di promuovere la formazione spirituale, culturale e professionale delle persone coinvolte nella assistenza sanitaria e nei servizi sociali in Asia. L'orientamento particolare dell'Istituto é quello di preparare gli studenti ad assumere ruoli di guida che tutti i Fratelli e un buon numero di Collaboratori laici sono chiamati ad assumere nella missione della Ospitalità. La Commissione Interprovinciale Asia‑Pacifico, pubblica anche un Bollettino trimestrale.

 

 

c) Fondazione «Juan Ciudad» ONG

Al fine di promuovere e canalizzare gli aiuti destinati ai propri centri in Africa, le Provincie spagnole hanno integrato nella struttura del Segretariato Interprovinciale di Spagna un organismo di carattere interno che, grazie ad una costante crescita nella programmazione orientata a conseguire aiuti di istituzioni pubbliche e private, nonché per le crescenti esigenze dei centri in Africa, a partire dal 1 novembre 1991 è stato iscritto nell’albo delle fondazioni di insegnamento e di ricerca presso il Ministero per l’educazione e la scienza e il Ministero per l’economia e delle finanze della Spagna.

 

La fondazione si dedica allo sviluppo e alla promozione della salute nel cosiddetto Terzo Mondo e a rispondere, nel limite del possibile, alle numerose necessità dei 33 centri e 15 dispensari, con un totale di circa 4000 posti-letto, dell’Ordine in Africa e in America Latina. L’orientamento fondamentale a collaborare con i centri dell’Ordine non significa che la fondazione non possa cooperare anche, nell’ambito di progetti puntuali, con altri enti ed organismi.

 

La fondazione ha sede a Madrid e conta su delegazioni nelle diverse regioni autonome della nazioni. Dal mese di giugno 1994 fa parte del coordinamento delle Organizzazioni Non Governative per lo Sviluppo di ambito statale.

 

Gli obiettivi della fondazione sono:

 

·      contribuire alla sensibilizzazione della società per le carenze e le necessità del Terzo Mondo con speciale riferimento al campo della salute;

·      dotare, nel limite del possibile, i centri dell’Ordine in Africa e in America Latina delle risorse umane, tecniche ed economiche necessarie;

·      intervenire presso organismi pubblici ed enti privati impegnati nell’ambito della cooperazione internazionale e dell’aiuto per lo sviluppo, per provvedere ad un adeguato finanziamento dei progetti presentati dai centri;

·      collaborare all’istruzione per lo sviluppo dei paesi in cui sono inseriti i centri dell’Ordine;

·      realizzare attività di informazione e di insegnamento nella nostra società industrializzata su possibili interventi sanitari, sia preventivi che assistenziali, nei paesi sottosviluppati;

·      provvedere affinché i centri dell’Ordine nel Terzo Mondo funzionino come «centri distributori e moltiplicatori» delle risorse che ricevono al fine che ne possa beneficiare tutta la zona di influenza.

 

Le attività sono ovviamente direttamente correlate agli obiettivi e ai fini:

 

·      gestione e finanziamento dei progetti di sviluppo;

·      invio periodico di aiuti umanitari;

·      promozione, formazione e orientamento del volontariato internazionale;

·      organizzazione di corsi e seminari orientati alla sensibilizzazione della società spagnola;

·      pubblicazione periodica di una rivista di sensibilizzazione e divulgazione delle attività dei centri dell’Ordine in Africa e in America Latina.

 

 

d) Associazione con i Fatebenefratelli per i malati lontani - AFMAL

L’AFMAL, Associazione con i Fatebenefratelli per i malati lontani, è un’organizzazione non governativa, ONG, e come tale, impegnata, senza scopo di lucro, nel campo delle necessità sanitarie e nello sviluppo di iniziative di solidarietà internazionale. Fu costituita il 30 ottobre 1979 come società orientata a lavorare nel settore del volontariato civile e riconosciuta come tale dal Ministero degli Affari Esteri dell’Italia il 17 luglio 1987. Dal 1993 fa parte delle organizzazioni riconosciute dall’Unione Europea. Viene appoggiata e patrocinata nelle sue attività dall’Ordine Ospedaliero.

 

E’ impegnata nella promozione di attività di sostegno allo sviluppo in campo sanitario. In particolare promuove, organizza e dirige progetti di sviluppo di carattere sociosanitario. Da una parte è attiva nell’ambito della prevenzione, cura e riabilitazione; dall’altra realizza progetti integrati in collaborazione con altre ONG e/o associazioni umanitarie nei campi della sanità, agricoltura, educazione ecc.

 

L’AFMAL seleziona e forma personale volontario e retribuito. Organizza programmi di formazione professionale in Italia e all’estero.

 

Porta avanti programmi concreti e specifici nelle Filippine. Inoltre è impegnata a sviluppare un’azione di sensibilizzazione dell’opinione pubblica per quanto riguarda i problemi del sottosviluppo, quali la fame, la salute, l’emarginazione, soprattutto nei paesi più poveri. A tal fine organizza seminari e conferenze, promuove workshop pratici e di studio, produce materiale informativo e didattico e pubblica un opuscolo di coordinamento.

 


 

 

 

 

IV PARTE

 

L’OGGI DELL’OSPITALITA’

 


Capitolo settimo

 

 

LA NUOVA DIFFUSIONE DELL’OSPITALITA’

 

1. Europa: forza dinamica della presenza dell'Ordine

La crisi che visse la Chiesa, e con essa il nostro Ordine, nella prima metà del secolo XIX, che significò l'estinzione del medesimo in luoghi di grande tradizione come la Spagna, Portogallo e Francia, si venne man mano superando. Grazie all'appoggio dei Confratelli italiani, l'Ordine riuscì progressivamente a riorganizzarsi come abbiamo visto in uno dei capitoli precedenti.

 

Se venisse fatta una mappa dell'Ordine nell'anno 1900, ci si renderebbe subito conto che la sua presenza era limitata all'Europa, con l'unica eccezione delle case fondate, nell'attuale stato di Israele. alla fine del secolo XIX. Questo vuol dire che l'Europa, lungo tutto il presente secolo, é stata senza dubbio la forza dinamica della presenza dell'Ordine nel resto del mondo come anche in alcuni paesi della stessa Europa, come fu il caso della ex Jugoslavia. L'espansione si concretizzò nel seguente modo: Le Province spagnole fondarono case nell'America Centrale, in quella del Sud e in Africa; la Provincia Francese in Africa e Canada; questa andò negli Stati Uniti e in Vietnam; la Provincia irlandese in Australia e Nuova Zelanda, Corea del Sud, una Casa negli Stati Uniti e in Africa; la Provincia Bavarese nel Giappone; la Provincia Renana in India; la Provincia Inglese in Africa; la Provincia Portoghese in Brasile e Africa; la Provincia Lombardo‑Veneta in Africa e la Provincia Romana nelle Filippine.

 

Si constata cosi la vitalità del carisma ospedaliero, lo spirito ecclesiale, apostolico e missionario dell'Ordine, la testimonianza semplice e profondamente evangelica dei Confratelli, il grande lavoro sociale realizzato e l’accettazione e l'appoggio che l'Ordine ha trovato nei vari luoghi dove il medesimo si é reso presente con le sue fondazioni.

 

I1 richiamo permanente della Chiesa alla evangelizzazione di nuove terre, il desiderio dell'Ordine di ripristinare la sua presenza in luoghi dove già vi fu in altri tempi, la propria vocazione missionaria, l'anelito di servire i poveri e i malati secondo lo stile di San Giovanni di Dio e la testimonianza evangelico-ospedaliera, in occasioni anche di martirio, data da molti dei nostri Fratelli, sono state le motivazioni profonde di questa espansione la quale, oggi, rende possibile la presenza del nostro Istituto in tutti e cinque i continenti e in più di una cinquantina di nazioni.

 

a) L’attività apostolica realizzata attraverso i centri

Lungo il secolo XX il nostro Ordine ha sviluppato, principalmente, la sua attività apostolica attraverso i propri Centri assistenziali cercando in questo modo di rispondere, nei vari luoghi dove si trovava, alle necessita e ai bisogni più urgenti.

 

I malati di mente, i minorati fisici e psichici, assieme a bambini affetti da diverse malattie, hanno costituito l'obiettivo assistenziale durante gran parte di questo periodo. Ospedali generali, Centri per anziani e senza fissa dimora, immigrati ed altri nuovi bisognosi, completano ora il quadro dell'assistenza alla quale si dedicano i Fratelli, ai nostri giorni, in Europa.

 

In questi Centri, noi Fratelli, abbiamo disimpegnato la nostra missione apostolica, seguendo lo stile di San Giovanni di Dio. Abbiamo procurato di avere sempre i migliori e i più aggiornati mezzi tecnici che la scienza poteva disporre per la cura dei malati. Assieme a questo abbiamo voluto, con diligenza ed accuratezza, un alto livello di umanizzazione assistenziale ed una squisita attenzione religiosa. L'accoglienza universale data a tutti coloro che si presentavano alle porte dei nostri ospedali, e i visibili sforzi fatti a favore di una maggior dignificazione dei poveri e dei malati, costituiscono le caratteristiche più importanti dell'Ordine, nel presente secolo.

 

Sono stati tempi difficili per il vecchio continente. I1 mantenimento dei Centri ha richiesto grandi sforzi. Durante gran parte del secolo essi hanno potuto essere sostenuti grazie alla elemosina offerta da una infinita quantità di benefattori, essendo occasione questo sistema di autofinanziarsi, di un meritevole lavoro apostolico di tanti nostri Fratelli i quali, con l'apporto di quanto ricevevano, resero possibile il mantenimento dei Centri. La lotta per i diritti dei poveri e dei malati ha portato a rivendicare, davanti alle amministrazioni pubbliche, i necessari mezzi sociali ed economici, essendo necessaria per questo, alcune volte, anche una vera e propria denuncia profetica. In questo senso l'Ordine è stato pioniere e ai nostri giorni, gran parte dei suoi Centri, vengono sostenuti da sovvenzioni ed aiuti pubblici

 

La pastorale della salute e la bioetica costituiscono un altro degli aspetti fondamentali all'azione evangelizzatrice della Chiesa nel mondo della sanità. Soprattutto nelle ultime decadi del secolo attuale l’Ordine si sforzato intensamente in una forma più sistematica ed organizzata a sviluppare e dare impulso a queste realtà nei nostri Centri e nella Chiesa.

 

I cambiamenti prodottisi nella società, nel mondo sanitario ed anche dentro la Chiesa e l'Ordine, sono stati di notevole entità nel trascorso del secolo XX. E' necessario sottolineare la capacità di adattamento, di risposta e di creatività che abbiamo avuto, nell'adeguare i nostri Centri alle nuove realtà, per cambiare quanto era necessario cambiare, per chiudere tutto ciò che ormai non corrispondeva più alle nuove situazioni e per iniziare nuove forme di presenza apostolica. Tutto questo è stato possibile grazie ad un permanente desiderio di rinnovamento e di apertura allo Spirito, seguendo le radici più profonde della nostra tradizione.

 

b) Coinvolgimento in situazioni di violenza e persecuzione

Sotto una instabilità politica e sociale, che era la caratteristica fondamentale dell'Europa di quel tempo, ebbe inizio il secolo XX. Le due guerre mondiali, la guerra civile spagnola, la instaurazione di regimi totalitari, con le corrispondenti conseguenze di persecuzione alle istituzioni religiose e ai loro membri, assieme alla guerra dei Balcani, è il triste bilancio violento dell'Europa di questo secolo, caratterizzato però anche da scoperte, sviluppi e progressi di ogni tipo.

 

Ad eccezione della guerra nella ex Jugoslavia, l'Ordine si é visto implicato nei restanti conflitti e persecuzioni.  Ma anche in mezzo a queste circostanze, i Fratelli, si sono sempre dedicati con abnegazione al servizio dei poveri e dei malati, loro unico e vero scopo.

Durante la Guerra Civile spagnola (1936‑1939), novantotto dei nostri Fratelli incontrarono la morte nell'esercizio dell’Ospitalità. 71 di loro furono beatificati da Giovanni Paolo II il 25 ottobre 1992, mentre è ancora in corso la causa di beatificazione di altri 19.

 

Le due guerre mondiali portarono, nei paesi belligeranti, la distruzione dei nostri Centri, calamità e penuria, cosi come l'arresto e la persecuzione di molti Fratelli i quali, nella maggioranza, rimasero vicini ai malati fino all'ultimo momento.

 

Germania e Austria: le due guerre mondiali lasciarono segni indelebili nella vita di queste Province, passando esse attraverso grandi difficoltà e soffrendo, i Fratelli, gravi persecuzioni. Tra i molti altri segnaliamo Padre Eustachio Kugler, della Provincia Bavarese, il cui processo di beatificazione è in corso.

 

Al pari delle due nazioni, le Case dell’Ordine soffrirono tutte le devastanti conseguenze della Seconda Guerra Mondiale. Nonostante ciò, poco a poco, hanno avuto un grande ricupero. Oggi, queste due Province realizzano la loro missione in Centri ben attrezzati e vantano un alto livello di qualità sia assistenziale che tecnica ed umana.

 

Paesi di Centro Europa: alla fine della Seconda Guerra Mondiale vi fu, nei Paesi dell'Est europeo, l'instaurazione di regimi politici totalitari, con tristi conseguenze per la Chiesa e per l'Ordine. nel decretare la soppressione delle Istituzioni religiose in molti di essi, portò, in pratica, l'Ordine alla sua totale estinzione. Molti Fratelli furono perseguitati e incarcerati solo perché volevano restare fedeli al carisma di San Giovanni di Dio. Risalta la figura di Fra Celestino SULE, Provinciale della Provincia Boemo‑Morava che mori nella prigione di Brno nel mese di maggio 1951.

 

Province come quelle della Jugoslavia, Romania, Ungheria, Boemo-Moravia e Slovacchia, sono state ridotte ad un piccolo gruppo di Fratelli, molto anziani, i quali si mantennero però fedeli ai loro voti fino alla caduta dei regimi totalitari. Nonostante l'Ordine fosse soppresso, alcuni Fratelli continuarono ad esercitare l'apostolato ospedaliero, assistendo i malati negli ospedali e in case private, quasi sempre clandestinamente. Oggi l'Ordine sta’ cercando di rivitalizzare la sua presenza in questi territori con l’aiuto dei pochi Fratelli sopravvissuti a tante sofferenze e di rianimare gradualmente queste Province con l'appoggio di tutto l'Ordine e, in modo speciale, con quello delle Province di Germania e Austria.

 

Provincia di Silesia: i pochi Confratelli, per la maggior parte di origine tedesca, sopravvissuti alla Seconda Guerra Mondiale appartenenti alla Provincia Silesiana, non poterono fare ritorno in essa perché politicamente la regione era passata a far parte della Polonia. Questi Fratelli sono stati poi i fondatori di quello che in un primo momento sarebbe stata la Delegazione Generale di Francoforte, poi la Provincia Renana e dal 1997 di nuovo una Delegazione Generale. Attualmente la Silesia è una Delegazione Generale.

 

In Polonia gli effetti del regime politico non furono tanto drammatici, anche se vennero confiscate dal governo tutte le case. Ai Fratelli però fu permesso di vivere in comune e di esercitare l'ospitalità.

 

Come abbiamo visto, le conseguenze furono gravi e l'Ordine subì perdite gravissime. Però, anche in quei tempi tanto difficili, la risposta fu esemplare: dedizione, fedeltà, intensa vita religiosa e ospedaliera dei Fratelli i quali, in tempi di cosi grande crisi, rimasero fedeli a Dio, alla Chiesa, all'Ordine e ai malati.

Terminata la Seconda Guerra mondiale, il nostro Ordine crebbe e si sviluppò nuovamente in tutti i paesi dell'Europa occidentale. La semente del martirio e la testimonianza data da molti Fratelli, resero possibile questa realtà. La generosità dell'Ordine fu cosi grande da dare anche i suoi beni più preziosi, allo stesso modo con il quale Cristo si diede sulla croce, e questo rese possibile il risorgere dell'Ordine a nuova vita e in misura abbondante. Oggi proseguiamo, confidando in questa semente di martirio e di testimonianza, affinché tutto continui, dando nuovi frutti e con la speranza che il Signore trovi in noi, come ricambio, tanta generosità e dedizione.

 

c) La crisi industriale e la necessità di una nuova evangelizzazione

Le diverse crisi politiche, sociali ed economiche che ha vissuto l'Europa lungo tutto questo secolo, hanno avuto come risultato un maggior livello di sviluppo e di progresso dei paesi, anche se non per tutti allo stesso modo.

 

I progressi della scienza e della tecnica, la macroeconomia, le istituzioni internazionali, le multinazionali, le nuove industrie e le nuove forme di occupazione, stanno imprimendo uno degli slanci sociali che arriva a farci toccare, in alcuni momenti e in alcuni luoghi, lo stato del Benessere (Welfare State). Apparteniamo ad una società di diritti e di doveri

 

A livello sanitario, le assicurazioni sociali, hanno fatto si che oggi l'assistenza sanitaria sia un diritto acquisito e gratuito nella maggior parte dei paesi, dotati in più con i migliori sistemi e con le più avanzate tecniche della scienza medica.

 

Tutto ciò ha prodotto però anche una società fatta di contrasti, con dei gruppi emarginati e sacche di povertà importanti, che ben conosciamo, come Quarto mondo. Contemporaneamente assistiamo a un forte cambiamento, nel mondo, dei valori, tra i quali quello della trascendenza che é sempre più relegato in secondo piano. Cosi come esiste pure un relativismo etico e morale.

 

Anche se già Paolo VI aveva indicato l'Europa come terra di missione per la Chiesa, é stato però Giovanni Paolo II colui che, in diverse occasioni, ha lanciato un appello per una nuova evangelizzazione in tutto il mondo e, concretamente, in questa Europa della fine del secondo millennio. Non si tratta di un nuovo Vangelo, ma di renderlo presente oggi con nuovi metodi e con nuovo slancio.

 

Rendere presente il Dio della vita come valore supremo dell'uomo e del mondo, dare testimonianza non solo con le parole, ma soprattutto con la vita, e lottare per la difesa dell’uomo e dei suoi inviolabili diritti a nascere, a vivere e a morire degnamente, costituiscono i pilastri del Vangelo che anche oggi la Chiesa deve rendere presente nel mondo.

 

L'Ordine in Europa cerca di rispondere a questa chiamata alla nuova evangelizzazione con la sua vocazione e missione ospedaliera. Vita centrata in Dio e alimentata dalla preghiera personale e comunitaria, comunità di vita fraterna riunite nel nome del Signore, servizio apostolico nella dedizione ai poveri e ai malati, sono questi i pilastri della vita del Fatebenefratello.

I motivi che hanno portato l’Ordine ad offrire una risposta adeguata alla nuova evangelizzazione sulla base del proprio carisma, sono:

 

·      la sensibilità e le risposte alle nuove necessità (malati mentali, cronici, senza tetto, drogati, Aids, terminali);

·      l'apertura a rendere partecipi e ad integrare i Collaboratori nella vita della missione dell'Ordine;

·      la collaborazione con le istituzioni ecclesiali o di altri organismi;

·      la pastorale della salute e la bioetica.

 

Probabilmente, nell'Europa dei nostri giorni, è molto importante, in istituzioni religiose come la nostra, realizzare, con semplicità, dei gesti ispirati i quali testimonino i valori del Vangelo: dimostrare sensibilità per i bisognosi, essere disposti a stare vicino a loro, aperti ad assistere specialmente i gruppi meno protetti. D'altra parte, proprio nei Centri Sanitari che abbiamo, é necessario crescere nella qualità assistenziale secondo lo stile di San Giovanni di Dio, cercando sempre le migliori tecniche sanitarie, curando però anche molto l'umanizzazione, la difesa dei diritti dei malati e fomentando l'attenzione religiosa ed i valori etici e valorizzando sempre la vita in qualsiasi momento delle sue tappe.

 

c) Paesi in cui operiamo

 

Austria: La Provincia Austriaca è composta da 35 Confratelli e gestisce 10 centri di cui 7 sono ospedali generali altamente qualificati. L’Ordine, per tradizione, gode in Austria di grande stima. Il basso numero di religiosi ha portato il governo provinciale ad avviare un interessante processo di apertura verso i collaboratori, ai quali ha saputo trasmettere i valori dell’ospitalità. Sono già diverse le opere che dipendono praticamente da collaboratori.

 

Francia: Nella prima metà del secolo XX, per cause dovute alle due guerre mondiali, la vita dei Fratelli e dei malati fu dura e difficile; soffrirono le conseguenze di tutti e due i conflitti, ma si distinsero, specie nella prima, per il lavoro da essi prestato sia nei servizi ospedalieri, che sulle ambulanze per il trasporto dei feriti e negli ospedali militari.

 

     Attualmente l'Ordine continua a dare delle risposte, nel limite delle sue possibilità, ai bisogni e alle esigenze dei malati e dei poveri del paese. Oggi la Provincia gestisce 8 Centri, tutti costituiti giuridicamente in una Società civile, data la particolare legislazione francese, ai quali bisogna aggiungere una casa per anziani nell'Isola Maurizio (Pamplemousses) e un centro per minorati psichici nell'Isola Reuniòn. La Provincia conta 80 Fratelli.

 

Germania: In Germania l’Ordine è rappresentato dalla Provincia Bavarese con 50 Fratelli e 8 centri, e dalla Delegazione Generale Renana con 12 Fratelli e 3 centri. Negli ultimi decenni l’Ordine in Germania ha sperimentato un progressivo calo del numero dei Fratelli, mentre le opere, specialmente in Baviera, hanno partecipato al processo di modernizzazione e tecnificazione della società tedesca. I Fratelli hanno saputo fare fronte a questa realtà coinvolgendo nell’apostolato dei centri un elevato numero di collaboratori che mantengono vivo lo spirito di Giovanni di Dio nei centri altamente tecnificati.

 

Inghilterra: I Fratelli francesi nel 1880 andarono in Inghilterra e vi fondarono Scorton. L’Inghilterra formò una Provincia assieme all’Irlanda dal 1934 al 1953, anno in cui venne costituita la Provincia religiosa Inglese sotto l'invocazione di San Beda il Venerabile. La Provincia Inglese, vista la diminuzione dei Fratelli e la mancanza di vocazioni, ha realizzato un discernimento per continuare in linea di fedeltà al carisma dell’Ordine e ha lasciato la gestione dei grandi centri. Attualmente ha un ospedale generale a Scorton, un centro diurno per minorati psichici, e undici servizi i quali sono delle residenze per gruppi di minorati psichici, in maggioranza adulti, fondati tutti tra il 1989 e il 1993, e un Centro Pastorale a Hemlington fondato nel 1992. Nel 1961 ha fondato un’opera a Lusaka (l’attuale Zambia), che è stata trasferita nel 1982 a Monze. I Confratelli sono 19.

 

Irlanda: La presenza dell’Ordine in Irlanda ebbe inizio con l’arrivo dei Confratelli francesi a Tipperory dove fondarono un asilo per bambini paralitici. Successivamente è passata attraverso lo stesso processo dell’Inghilterra e nel 1953 venne costituita la Provincia Irlandese sotto il titolo dell'Immacolata Concezione. Da allora ha seguito un cammino di crescente espansione: nuove fondazioni vennero fatte in Irlanda; nella Corea del Sud è presente dal 1959; in Australia dal 1956 ed ha fondato anche un Centro per minorati psichici in New Jersey. USA. Attualmente conta 9 Centri, con servizi in piccole residenze per minorati psichici, e un Centro in Africa nel Malawi. I Confratelli sono 65.

 

Italia: Le due guerre mondiali e le loro conseguenze a tutti i livelli, segnarono profondamente l'Ordine in Italia nella prima metà del presente secolo; inoltre vi furono le misure prese dal Governo, le quali culminarono con la chiusura e la cessazione dell'attività di molti ospedali; vi fu anche una mancanza di vocazioni; ecc... Nonostante queste, e molte altre difficoltà, vennero fatte, in questo periodo, nuove fondazioni in tutte e due le Province italiane: la Romana e la Lombardo-Veneta.

 

     Durante questo tempo fa’ spicco la figura di San Riccardo Pampuri, medico della Provincia Lombardo-Veneta, morto il 1 maggio del 1930 a Milano, beatificato da Giovanni Paolo II il giorno 4 ottobre del 1981 e canonizzato il 1 novembre del 1989.

 

     In questa seconda metà del secolo XX, i Fratelli hanno cercato di rispondere con creatività ai bisogni e alle esigenze dei poveri, malati ed emarginati, rimanendo sempre nell'ambito della universalità e in collaborazione con le autorità del paese. Oggi hanno Centri destinati a malati cronici, mentali, anziani; hanno ospedali generali ecc.., e si sono estesi anche fuori Italia e concretamente: in Africa la Provincia Lombardo-Veneta e nella Filippine la Romana. Attualmente sono 23 i Centri che le due Province hanno, ai quali bisogna aggiungere i due che dipendono dalla Curia Generale: l'Isola Tiberina e il Centro della Nocetta che sono in Roma. I Confratelli delle due Province sono 125.

 

Polonia: In Polonia l’Ordine è formato dalla Provincia Polacca e dalla Delegazione Generale di Silesia. Già prima che il paese uscisse dal totalitarismo politico, l’Ordine dirigeva alcuni centri, in maggioranza dedicati alla medicina omeopatica ed alcuni all’assistenza di malati mentali e minorati psichici. Anche se con difficoltà, i Fratelli oggi stanno superando i contraccolpi che ha prodotto il lungo periodo di isolamento dal resto dell’Ordine, e grazie agli sforzi che stanno compiendo a livello di formazione iniziale e permanente, l’Ordine sta recuperando il prestigio di cui godeva da quando nel 1853 si fondò la Provincia Silesiana e da quando nel 1922 si restaurò la Provincia Polacca. Oggi l’Ordine ha 14 centri e 90 Fratelli in Polonia.

 

Portogallo: Fino all'anno 1927, le case portoghesi erano integrate in quella che era, allora, l'unica Provincia Spagnola. In quello stesso anno, essendo Superiore Generale il Padre Raffaele Mayer, venne costituita, in Portogallo, la Delegazione Generale. Il 27 marzo del 1928 si eresse, canonicamente, la Provincia di San Giovanni di Dio del Portogallo con quattro case, tutte dedicate all'assistenza ai malati mentali.

 

     La missione dei Fratelli in Portogallo, partendo da quando l'Ordine venne restaurato è stata, soprattutto, centrata nell'assistere e nel curare i malati di mente. In Portogallo tutti i Centri, ad eccezione di quello di Montemor-o-Novo, sono indirizzati alla cura e all'assistenza psichiatrica. Assieme alle Suore Ospedaliere, oggi ancora, gran parte dell'assistenza psichiatrica in Portogallo è coperta da loro, realizzando così un lavoro apostolico molto valido, riconosciuto e veramente ospedaliero. Attualmente la Provincia Portoghese conta 13 case, di cui tre in Brasile, e 86 Fratelli.

 

Repubblica Ceca: La fiorente Provincia Boemo-Morava, fondata nel 1919 e dedicata a San Raffaele Arcangelo, conta oggi 9 Fratelli che sopravvissero al regime politico totalitario instauratosi dopo la Seconda Guerra Mondiale, e ha recuperato con l’aiuto delle Provincie die Austria e Baviera, 3 dei 7 centri che l’Ordine aveva alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Le nuove vocazioni vengono formate nei centri interprovinciali della Germania e dell’Austria.

 

Repubblica Slovacca: Con la morte di Fra Fabian Macej nel marzo 1997, la Viceprovincia Slovacca è diventata, dal mese di maggio dello stesso anno, una Delegazione Provinciale dell’Austria. Il motivo di questa decisione è da ricercare nel fatto che i Fratelli professi solenni, che superarono l’oppressione del totalitarismo, sono solo 3, mentre i nuovi candidati sono ancora tutti in formazione nei summenzionati centri interprovinciali della Germania e dell’Austria.

 

Spagna: L'Ordine in Spagna seguì sempre la linea tracciata da Padre Menni. Nel 1934, essendo Superiore Provinciale il Beato Guillermo Llop, venne divisa in tre Province: Nostra Signora de la Paz, Andalusia; San Raffaele  Arcangelo, Aragona, e San Giovanni di Dio, Castiglia.

 

     Terminata la guerra civile, in mezzo a tante ristrettezze e penurie di ogni tipo, le Province Spagnole vissero un rifioritura vocazionale ed una espansione con nuove fondazioni le quali abbracciarono, a partire dal 1956, anche il continente africano. In fedeltà al carisma, hanno cercato di rispondere creativamente alle nuove necessità, aprendo centri di marcato carattere sociale, diretti all'assistenza ed alla attenzione degli  emarginati, drogati, malati di AIDS, malati cronici, terminali, mentali e minorati psichici. In questi Centri ci si impegna a offrire un'assistenza di qualità, secondo lo stile di San Giovanni di Dio, e a fomentare l'attenzione spirituale, i comitati di etica, il volontariato ecc..., al fine di armonizzare il progresso e l’umanizzazione dell’assistenza. In questo momento l'Ordine, in Spagna, conta 46 Centri, con 396 religiosi.

 

Ungheria: La Provincia Ungherese, fondata nel 1856 sotto l’invocazione dell’Immacolata, è attualmente una Delegazione della Provincia Austriaca. Sono 3 i Fratelli che sono sopravvissuti all’oppressione sofferta sotto il regime totalitario; le vocazioni attuali vengono formate nei centri interprovinciali di formazione delle Provincie dell’Austria e della Germania. In Ungheria l’Ordine ha 5 centri.

 

Vaticano: Dal 1874 l’Ordine dirige nello stato pontificio la prestigiosa Farmacia Vaticana, nella quale una comunità internazionale che dipende direttamente dalla Curia Generalizia, realizza i lavori derivanti dalla gestione della farmacia ed effettua i servizi di assistenza negli ambulatori medici della Città del Vaticano.

 

 

2. L’oggi dell'Ordine in America

 

a) Inizio della nuova presenza

La restaurazione dell'Ordine in America ebbe inizio nel 1901. A partire da questo momento si realizzarono nuove fondazioni promosse dalle Province Spagnole e Portoghese. Il giorno 5 dicembre 1994, il Consiglio Generale decise di erigere canonicamente tre nuove Province in America Latina, dopo che avevano funzionato per alcuni anni come Vice‑Province. Queste nuove Province sono: Messico e America Centrale, dal titolo "Nostra Signora di Guadalupe"; America Settentrionale dal titolo "Venerabile Padre Francisco Camacho"; e America Meridionale dal titolo "San Giovanni d'Avila".

 

I Fratelli della Provincia Francese arrivarono in Canada nel 1927, fondando nel 1933 l'Ospedale di "Nostra Signora della Mercede" a Montreal. Nel 1941, i Fratelli Canadesi andarono negli Stati Uniti e nel 1953 ebbero una propria casa in West Adams Blvd. a Los Angeles. I Fratelli portoghesi si rendevano pure loro presenti in America con la fondazione, fatta nel 1963, di un Ospedale a Divinopolis, iniziando e costituendo così le case oggi esistenti in Brasile, le quali sono una Delegazione della Provincia Portoghese.

 

b) Orientamenti dei nostri centri

L’Ordine ha voluto orientare la missione, lungo tutto il presente secolo, alla cura dei malati e dei poveri, specialmente i più bisognosi. La missione si é man mano sviluppata, principalmente in Centri propri dell'Ordine; in alcuni casi però, prendendosi anche carico di altri centri, sia della pubblica amministrazione che della Chiesa.

 

La beneficenza é sempre stata l'aiuto fondamentale con il quale si sono mantenuti questi nostri Centri. Attualmente, in vari paesi dell'America del Sud, l'elemosina continua ad essere il supporto di molte delle nostre opere, anche se, ormai, le convenzioni con gli Enti pubblici e privati, si vanno imponendo sempre di più nello sviluppo dei diversi paesi.

 

L'assistenza psichiatrica é il servizio che oggi, noi, realizziamo con maggior intensità nel continente americano. Praticamente tutte le Province dedicano buona parte dei loro proventi alla cura e assistenza dei malati mentali. Questa é sempre stata una costante, fin dall'inizio della restaurazione dell'Ordine in America, cosi come la stessa cosa fu per la Spagna ed il Portogallo. Sicuramente i malati mentali erano, e sono ancora oggi, in molti luoghi, i più sfavoriti e disattesi. Per questo il Beato Benedetto Menni, ed i suoi compagni, indirizzarono i loro sforzi specialmente verso di loro.

 

Di fronte alle nuove esigenze e necessita della società, l’Ordine, nell’evolversi del tempo  si è sempre sforzato di rispondere ai nuovi bisogni con generosità. Vennero cosi aperti centri per bambini paralitici, poveri e abbandonati e cliniche ortopediche.

 

Le due direttrici assistenziali rivolte ai malati di mente e ai bambini occupano tutt’oggi la maggior parte della nostra presenza in America. Nonostante ciò, e stando al ritmo delle esigenze del tempo, stiamo cercando di rispondere anche alle nuove necessita, creando nuovi Centri per l'assistenza ai senza tetto, ed emarginati, anziani, dispensari e centri di assistenza primaria in contatto con altri Ospedali dell’Ordine, e Centri di Educazione speciale.

 

Oltre a dare una risposta coerente, evangelica e in accordo con le richieste della Chiesa e dei bisognosi, l'Ordine, in America, cerca di dare impulso anche ai valori propri del carisma juandediano, plasmandoli in azioni concrete che segnano uno stile particolare. La promozione della Pastorale della salute, il Volontariato, i principi dell'etica cattolica, l'umanizzazione e l'adeguata formazione professionale ed umana, assieme all'applicazione delle tecniche più moderne, vanno configurando un orientamento verso una linea di lavoro assistenziale, in accordo con lo spirito e l'azione di Giovanni di Dio.

 

Nonostante tutto questo, vi é ancora molto cammino da percorrere, e forse vi é anche la possibilità di reimpostare con una maggior diversificazione le opere, in alcuni paesi più che in altri, al fine di rispondere maggiormente ai bisogni e alle esigenze dei malati, poveri ed emarginati del momento attuale.

 

c) Paesi nei quali siamo presenti

L'Ordine é presente, nel continente americano, nei paesi dove già vi fu prima della sua estinzione nel secolo XIX, e in altri paesi nuovi, soprattutto nell'America del Nord. Concretamente siamo presenti nei seguenti paesi:

 

Argentina: Sanatorio San Giovanni di Dio (Ramos Mejia) Ospedale Generale; Ospedale San Giovanni di Dio (Lujan) Ospedale psichiatrico; Consultorio San Giovanni di Dio (Hurlingham) con carattere aperto.

 

Bolivia: Istituto Nazionale di Psichiatria "Gregorio Pacheco" (Sucre); Istituto Psichiatrico San Giovanni di Dio (Cochabamba); Centro speciale di Investigazione Psicopedagogica (Sucre).

 

Brasile: Ospedale San Giovanni di Dio (Divinopolis) Ospedale generale; Residenza San Giovanni di Dio (Itaipava) residenza per anziani; Ospedale San Giovanni di Dio (Pirituba) Casa per infermi mentali.

 

Canada: Il Canada fu costituita Provincia autonoma nel 1940, sotto l'invocazione di Nostra Signora della Mercede. Posteriormente i Fratelli estendevano il loro raggio di azione in Vietnam en negli USA. Attualmente i Fratelli hanno tre comunità in Montreal e una in Quebec. Lavorano in un centro per drogati, in un altro per i senza tetto e realizzano diverse collaborazioni in ospedali ed in altri servizi. I religiosi sono 20.

 

Colombia: ospedali generali: Clinica San Rafael (Santafe de Bogotà); Clinica San Giovanni di Dio (La Ceja); Ospedale Parrocchiale B. Benedetto Menni (Machetà); servizi per malati mentali: Ospedale San Rafael (Pasto); Clinica San Giovanni di Dio (Chia); Clinica San Giovanni di Dio (Manizales); Clinica N.S. della Pace (Santafe de Bogotà); altre opere di missione ospedaliera nella Capitale: Scuola Infermieri "S. Raffaele"; Istituto San Giovanni di Dio (Collegio); Centro di sanità San Giovanni Grande.

 

Cile: Sanatorio marittimo San Giovanni di Dio (Vina del Mar), per bambini minorati fisici; Ospedale Psichiatrico Madonna del Carmine (Santiago del Cile).

 

Cuba: Sanatorio San Giovanni di Dio (L’Avana), per malati mentali; Clinica San Rafael (L’Avana), in origine per bambini poliomielitici, ora residenza per anziani. Attualmente si sta costruendo un'altra residenza per anziani in Camaguey.

Ecuador: Centro di riposo San Giovanni di Dio (Quito) per malati mentali; Albergo notturno S. Giovanni di Dio (El Tejar-Quito), per senza fissa dimora ed emarginati.

 

Messico: Sanatorio Psichiatrico San Giovanni di Dio (Zapopan); Sanatorio Psichiatrico N.S. di Guadalupe (Cholula); Clinica San Raffaele (Tlalpan); i tre Centri sono diretti all'assistenza ai malati mentali.

 

Perù: Clinica San Giovanni di Dio (Lima); Clinica San Giovanni di Dio (Arequipa) e, insieme a questo, la parrocchia di San Giovanni di Dio e il Centro speciale di educazione; Clinica San Giovanni di Dio (Chiclayo); Clinica San Giovanni di Dio (Cuzco) per bambini malati e minorati fisici; Centro di riposo San Giovanni di Dio (Piura) é un centro psichiatrico.

 

Stati Uniti: Nel 1950 le case statunitensi si costituirono in Vice-Provincia e, alcuni anni dopo, in Provincia sotto l'invocazione di Nostra Signora Regina degli Angeli. Attualmente sono tre le case americane: Los Angeles; Ojai e Apple Valley.  Inoltre l’Ordine è presente nel New Jersey con la Provincia Irlandese che vi gestisce un centro per minorati psichici.

 

Venezuela: Ospedale San Giovanni di Dio (Caracas); Clinica San Raffaele (Maracaibo): ospedale infantile di traumatologia, ortopedia e riabilitazione. Ospedale San Giovanni di Dio (Merida): per l'assistenza psichiatrica.

 

 

3. Africa: nuova linfa per l’albero dell’ospitalità

 

a) Fedeltà al carisma in situazioni difficili

Uno dei principi sui quali si fonda l'Ordine é quello di assistere sempre i più bisognosi e questo, in Africa, é stato un criterio seguito senza grandi difficoltà. Infatti, in tutti i Centri nei quali lavorano i Fratelli la loro presenza é necessaria e valorizzata, perché bisogna tener presente che, nel campo della salute, é molto il lavoro da fare, potendo dire che, quasi tutte le realtà in cui siamo presenti, sono urgenti.

 

L'Ordine non ha una struttura, ne i fondi necessari, per rendersi presente in situazioni di emergenza, e nemmeno pensiamo che questa sia la sua missione. Nonostante ciò, quando queste situazioni sopraggiungono, in luoghi dove vi é una presenza juandediana, noi Fratelli continuiamo a prestare i nostri servizi a favore dei malati e dei bisognosi.

 

In questi ultimi anni le instabilità sociali, politiche ed economiche stanno producendo, nei paesi africani, delle vere situazioni di violenza e di guerra, molte volte tribali, le quali causano grandi quantità di morti e persecuzioni. Anche se nessun Fatebenefratello é morto a causa di tutto questo, segnaliamo qui tre delle nazioni nelle quali essi vivono questa situazione e nelle quali siamo presenti:

 

·      Mozambico: I movimenti indipendentisti (FRELIMO), di stampo totalitario, raggiunsero quanto essi si erano proposti, nel giugno 1975 e, in questo stesso anno, si decretò la nazionalizzazione di tutte le istituzioni educative, sociali e sanitarie, incluse quelle della Chiesa e, pertanto, anche tutte quelle che l'Ordine aveva in Mozambico fin dal 1943.

 

     Poco a poco i Fratelli tornarono in Portogallo. L'unico a rimanere fu Fra Manuel Nogueira il quale, oltre alla cura dei malati, lavora nella evangelizzazione, impegno che gli costò la prigione, in due occasioni, nel 1979. Attualmente, e non senza difficoltà ( perché i Centri sono sempre confiscati), i Fratelli vivono in Nampula, in un clima di maggior pace.

 

·      Liberia: nel 1990 gruppi ribelli fecero una insurrezione armata contro il regime allora vigente. Vi fu una dura lotta e una grande quantità di morti, inclusa quella del Presidente del Paese. Il nostro Ospedale divenne un luogo che offrì assistenza e rifugio a molte persone bisognose in fuga dalla guerra feroce. I Fratelli furono sempre presenti, realizzando un grande lavoro umanitario ed evangelico, fino all'ultimo momento nel quale vennero allontanati. I1 nostro ospedale di Monrovia fu saccheggiato e distrutto.

 

     Terminata la guerra, sebbene in mezzo ad una situazione di instabilità, i Fratelli tornarono il 7 giugno 1991, per ricostruire l'Ospedale e riprendere il loro lavoro missionario ospedaliero. I1 conflitto riprese nuovamente nell'aprile del 1996, con drammatiche conseguenze per la popolazione civile. Nonostante ciò i Fratelli, volontariamente, decisero di rimanere nell'Ospedale della capitale liberiana.

 

·      Sierra Leone: La situazione ha una grande somiglianza con quella della Liberia, paese confinante. All'inizio del 1995 vennero costituiti, con la forza, dei gruppi di ribelli contro il governo della nazione. Le conseguenze furono, e sono tuttora, la paura, il terrore e la morte di molte persone innocenti. Quando sembrava consolidarsi finalmente la pace, dopo che furono tenute elezioni democratiche, nel 1997 un altro colpo di stato ha gettato il paese di nuovo nel caos.

 

     I Fratelli che realizzano la loro missione nell'Ospedale di Lunsar, all'interno del paese, vivono presi da questa situazione e, in varie occasioni,  sono stati sorpresi dall'arrivo di gruppi armati all'ospedale o da scontri armati nei villaggi vicini. Fino a questo momento però, tutto é rimasto solo nel timore e nell'apprensione, e i Fratelli continuano a dedicarsi ad assistere tutti i malati, bisognosi e rifugiati che giungono all'Ospedale.

 

b) Sforzi fatti per impiantare l'Ordine

L'Ordine Ospedaliero ricomincia la sua presenzain Africa nel secolo XX con la fondazione del Mozambico (1943), alla quale fanno seguito le altre: in Somalia (1955), Ghana (1956), Togo (1961), Zambia (1962), Oceano Indiano Isola della Reunion (1962), Liberia (1963), Sierra Leone (1967), Camerun (1968), Benin (1970), Senegal (1975) e Malawi (1992). Alcune di queste diverranno stabili, altre si dovranno chiudere per ricominciare in altri posti. Questo forte impulso missionario é dovuto, da una parte, all'aumento delle vocazioni nelle Province Europee (Portogallo, Spagna, Italia, Inghilterra e Francia ), dall'altra al desiderio di rispondere all'appello lanciato dalla Chiesa, in modo tutto particolare a partire dal Concilio Vaticano II. L'Ordine mobilitò cosi un gran numero di Fratelli e di mezzi, per essere presente in questo continente, il quale necessita tanto della sua opera. Anche quando nelle Province madri si cominciò a sentire un calo di vocazioni, quest’area missionaria continuò ad essere privilegiata.

 

c) Attività realizzate in questo senso

I1 nostro Ordine si é sempre sentito chiamato ad estendere il Regno di Dio con la sua missione ospedaliera in tutti gli angoli della terra. Nel presente secolo, e concretamente in Africa, si stanno realizzando grandi sforzi per consolidare la sua presenza. Le azioni fondamentali condotte  a questo scopo sono:

 

·      Iniziativa di alcune Province che si sentono chiamate a espandere l'Ordine nel continente africano. La prima fu il Portogallo, che nel 1943 realizzò la sua prima fondazione in Mozambico. In seguito anche altre Province seguirono lo stesso cammino.

 

·      La Scuola di Missionologia in Roma. Come già abbiamo detto precedentemente, essa venne creata nel 1955 come una sezione annessa alla Scuola di Spiritualità. Padre Mosè Bonardi, allora Superiore Generale, fu colui che istituì questa scuola e, in seguito, Padre Igino Aparicio, suo successore, diede maggior sviluppo all'iniziativa.

 

     Si venne cosi creando, in tutto l'Ordine, una grande sensibilità per le missioni e molti Fratelli poterono accedere alla Scuola e ricevervi un'adeguata formazione per la loro futura incorporazione nelle case di missione. Molti altri Fratelli, che in essa si formarono, pur non essendo partiti per le missioni, contribuirono però a formare una mentalità e sensibilità missionaria molto importante. Senza dubbio, si può dire che questa Scuola fu una delle iniziative più importanti per potenziare la nostra presenza missionaria.

 

·      Lo sforzo di molte Province che, a partire dagli anni '50, misero a disposizione grandi aiuti materiali e, soprattutto, Fratelli. In pochi anni si fecero molte fondazioni nelle quali, ancora oggi, si porta avanti un’intensa attività apostolica, sociale e sanitaria.

 

·      L'impegno e la promozione delle vocazioni native e la cura della loro formazione é sempre stata una delle maggiori preoccupazioni. Fu soprattutto agli inizi degli anni '80, quando iniziò un lavoro più coordinato e sistematico, coincidendo questo con la stampa e la distribuzione del Libro di «Formazione del Fratello di San Giovanni di Dio», per tutto l'Ordine.

 

·      La creazione della Delegazione Generale d'Africa fu senza dubbio un fatto significativo. Non era facile unire dei Fratelli, delle comunità e dei Centri, tra di loro, con culture diverse e distinte realtà. Nonostante questo però, e dopo alcuni anni di esistenza di un Coordinatore per i Centri d'Africa, si poté creare la Delegazione, dando cosi una dimostrazione pratica di apertura e di universalità, nell'anno 1989, essendo Superiore Generale Padre Brian O'Donnell. Il progetto era nato già anni indietro, essendo Superiore Generale Padre Pierluigi Marchesi.

 

     Sotto l’amministrazione della Delegazione Generale d'Africa, nel continente nero sono stati compiuti grandi passi in avanti nel consolidamento di tutte le aree: formazione, amministrazione, stile di vita, ecc... Nonostante ciò, resta ancora molto cammino da percorrere.

 

·      I1 lavoro che realizziamo in Africa é ampio ed inestimabile.

 

·      Poniamo per ultimo in risalto l'apertura, di molte comunità e Centri dell'Africa, ad accogliere e ricevere operatori volontari che, durante periodi di tempo più o meno lunghi, aiutano nel lavoro ospedaliero e condividono la vita dei Fratelli. Questa attitudine non è solo positiva per quello che da essa ricevono i Fratelli e gli stessi Centri, ma anche per il grande bene che ne traggono le persone che vanno in Africa o che collaborano con il loro contributo. E' il modo più concreto per rendere realtà il motto che Giovanni di Dio proclamava, quando chiedeva l'elemosina: «Fratelli, fate del bene a voi stessi..."

 

d) L’internazionalità dei centri formativi

Nei primi tempi, la formazione veniva organizzata allo stesso modo che nelle Province. In alcuni casi i giovani postulanti venivano portati in Europa, perché i Fratelli missionari non se la sentivano di adempiere a questo compito. Tale decisione però non diede buoni risultati e, vista la poca perseveranza dei candidati, si aprirono nuovamente i Centri di Formazione nelle stesse case di missione

 

Siccome, in questi primi anni, ogni comunità dipendeva da una Provincia diversa e la distanza tra le medesime era molto grande, ogni Centro dovette organizzare tutto il ciclo di formazione, con tutte le difficoltà che questo comportava.

Negli anni '70 hanno inizio i primi incontri tra i Fratelli che lavorano in Africa, allo scopo di condividere l'esperienza del lavoro apostolico che viene realizzato, le difficoltà che si incontrano e il modo di collaborare tra le diverse opere. Queste prime riunioni avranno un momento forte con il Corso per Missionari, celebrato in Roma nel 1980, nel quadro dei Corsi di Rinnovamento, nel primo sessennio di Padre Pierluigi Marchesi.

 

Nonostante questo le difficoltà continuarono ad esistere nella pratica e non si trovavano sufficienti religiosi formatori per assicurare ai giovani la loro formazione i quali, sempre più numerosi bussavano alle porte delle nostre comunità. All'inizio degli anni '80 la Provincia di Castiglia e quella di Aragona decidono di portare i loro novizi al noviziato di Nguti (Camerun), appartenente alla Provincia Betica, iniziando cosi un nuovo cammino di collaborazione. Subito gli Scolastici passarono ad Afagnan (Togo), nel quale si iniziarono gli studi professionali, vale a dire quelli della Scuola per Infermieri Professionali, in collaborazione con la Scuola per Infermieri dell'Ospedale San Pietro della Provincia Romana.

 

Questi primi passi furono ancora incerti e non privi di difficoltà. Di fronte a questa situazione, il Superiore Generale convocò una riunione ad Afagnan (Togo) nel marzo 1985, durante la quale venne deciso unanimemente d'impiantare l'Ordine in Africa attraverso l’acquisizione e la formazione di vocazioni native, alla quale venivano chiamati a contribuire con i mezzi economici e umani tutti gli interessati per portare a buon fine il progetto. Come passo concreto si decise la costruzione del Noviziato a Lomé (Togo), per avere più possibilità per la formazione dei giovani, e lo Scolasticato e Koforidua (Ghana). Ai due centri fu data un’impronta internazionale, per poter assicurare una formazione omogenea ai candidati.

 

Nel novembre del 1986 si tenne a Lomé (Togo), sede del Noviziato, il primo corso per Formatori dell'Africa, diretto da Fra Valentino Riesco. Vi parteciparono dieci Confratelli e si elaborarono programmi e criteri da seguire, secondo il Libro di Formazione dell'Ordine, applicati però alle realtà africane. In seguito si ebbero ancora due incontri di valutazione e programmazione.

 

Nel 1986 si autorizzò, anche da parte del Governo del Togo, la creazione della Scuola Infermieri San Giovanni di Dio nell'Ospedale che porta questo stesso nome in Afagnan, nella quale avrebbe avuto luogo la formazione professionale dei religiosi. La Scuola però non apri i suoi battenti se non il 12 dicembre del 1989, con l’iscrizione di venti studenti. Dal suo inizio ad oggi la Scuola ha formato quarantaquattro ausiliari sanitari e trentasei infermieri diplomati. L'iscrizione al corso 1994‑1997 consta di ventisette studenti. Bisogna però dire che, fino ad oggi, non si ha ancora nessuna autorizzazione a dare i titoli corrispondenti, cosa questa che si sta trattando con chi compete, e questo per il bene stesso degli studenti

 

L’internazionalità dei Centri di Formazione si é rivelata una mossa molto azzeccata a favore del consolidamento dell'Ordine in Africa. Ed é un aspetto importante, che arricchisce, quello di far crescere insieme le giovani vocazioni ospedaliere essendo, nello stesso tempo, anche un segno di unità quello di poter far condividere e far convivere assieme dei Fratelli di diversi paesi, culture, mentalità e etnie, in un mondo tanto diviso come il nostro.

 

e) La Delegazione Generale d'Africa

Il suo periodo di gestazione inizia con la riunione di Afagnan nel 1985, nella quale si concorda di creare il Coordinamento Generale d'Africa che abbraccia i seguenti paesi: Senegal, Sierra Leone, Liberia, Ghana, Togo, Benin e Camerun. Lo scopo è quello di unificare i criteri generali da seguire, soprattutto, a livello di formazione. Il primo Coordinatore fu Fra Justino Izquierdo, sostituito poi da Fra Juan Bautista Carbò nel 1986.

 

Durante i quattro anni di funzione del Coordinamento, si posero le basi per una più stretta collaborazione tra i diversi Centri dell’Africa Occidentale. In questo periodo ebbero luogo anche vari incontri nella sede del Coordinamento e del Noviziato di Lomè (dicembre 1986 e gennaio 1988), nei quali furono confermati i passi compiuti e dati nuovi impulsi a proseguire nella stessa direzione.

 

Dopo i Capitoli Provinciali del 1989, si tenne a Los Molinos (Madrid), una riunione della Curia Generale con i nuovi Provinciali e i Fratelli missionari che avevano partecipato ai Capitoli A questa riunione vennero invitati anche i Provinciali d'Inghilterra e del Portogallo. Durante la riunione ci si accordò per la creazione della Delegazione Generale d'Africa, decisione che sarebbe stata poi ratificata, in seguito, dai diversi Consigli Provinciali. I1 Coordinamento si convertì, pertanto, nella Delegazione Generale d'Africa sotto il patrocinio di San Riccardo Pampuri, alla quale si unirono anche lo Zambia e il Mozambico. Come primo Delegato Generale venne nominato Fra Juan Bautista Carbò, il quale era stato fino a quel momento Coordinatore Generale, e come Consiglieri vennero nominati i Fratelli Fra Justino Izquierdo, Fra Benoit Lokossou e Fra Ivo Tangwa Tatah.

 

Negli anni di vita la Delegazione é andata sempre più concretizzando gli obiettivi da seguire, si sono unificati i criteri della Pastorale Vocazionale e quelli dell'ammissione dei candidati, si é proseguito nel cercare di creare una mentalità comune e si sono internazionalizzate le comunità.

 

E' nel campo vocazionale dove la Delegazione ha realizzato i progressi più importanti. All'inizio di questo periodo, nel 1986, anche se le idee erano chiare, nella pratica però non si vedeva come concretizzarle. Poco a poco però, e con la generosità di molti Confratelli, si é andato ponendo in atto il funzionamento dei Centri Formativi e si iniziò ad applicare i criteri concordati secondo il Libro della Formazione dell'Ordine e della riunione dei Formatori del 1986. Frutto di tutto questo é che, attualmente, la Delegazione conta 80 Fratelli africani e costituisce, senza dubbio, una grande speranza per il futuro.

 

f) Erezione di due nuove Provincie in Africa

La Delegazione Generale d'Africa ha risposto, in gran parte, ai desideri e alle aspettative di tutti, e ha preparato i Fratelli a dare vita a due nuove Province. Dopo aver consultato tutti i Fratelli nell’Assemblea della Delegazione svoltasi dal 14 al 19 aprile 1997 a Lomé (Togo) sotto la presidenza del Priore Generale Fra Pascual Piles ed avere studiato le opzioni possibili suggerite dai Fratelli, l’assemblea ha deciso la costituzione di due Provincie in Africa in base alla distribuzione geografica e linguistica delle case. La parte di lingua inglese ricevette il titolo canonico di Nostra Signora della Misericordia e comprende le Comunità e i Centri in Ghana, Sierra Leone, Liberia, Camerun e Zambia. La Provincia di lingua francese dedicata a San Riccardo Pampuri è composta dalle Comunità e dai Centri in Senegal, Togo, Benin e Mozambico.

 

Il Definitorio Generale, nella sessione del 25 aprile 1997, ha approvato le decisioni prese nell’assemblea di Lomé nominando i Provinciali e i Consiglieri Provinciali delle due Provincie. Per la Provincia «Nostra Signora della Misericordia» furono nominati: Fra José M. Viadero, Provinciale, e i Fratelli Raphael Ngong Teh, sac., Justino Izquierdo, John Oppong, sac., e Ngha Nicholas Mue, quali Consiglieri. I Fratelli Jesús Labarta, Leopold Gnami, José M. Chavarri, Benoit Lokossou e Fiorenzo Priuli furono nominati rispettivamente Provinciale e Consiglieri della Provincia «San Riccardo Pampuri».

 

Il processo che ha portato a queste decisioni, non è stato privo di difficoltà, come non privo di difficoltà sarà certamente anche il cammino da percorrere in futuro, data l’estensione, le distanze e le diverse lingue e culture. Ma la grande generosità dei Fratelli saprà superare anche queste difficoltà e limitazioni. Siamo sicuri che questa decisione darà nuovo impulso allo sviluppo dell’Ordine e alla sua azione apostolica nel continente africano.

 

 

4) Asia: presenza dell’Ordine in una cultura di contrasti

Nel continente asiatico durante gli ultimi 35 anni, l'Ordine ha contribuito in grande misura alla missione della Chiesa evangelizzando i popoli dei paesi in via di sviluppo. I Fratelli in Asia hanno risposto, in modi molto diversi, alle necessità dei poveri e dei malati. L'Ordine aiuta in grande misura lo sviluppo dei programmi e servizi nazionali, non in competizione con i servizi del governo, ma offrendo nuovi modelli di assistenza.

 

Nei paesi asiatici, poveri in servizi sanitari, l'Ordine ha posto il suo accento su programmi sanitari comunitari. Esige, da chi é alla guida delle opere, la capacità di saper relazionare, cioè non solamente di comunicare e di lavorare con i gruppi ma che, inoltre, siano sensibili verso gli altri ed abbiano la capacità di stabilire un vero sentimento di comunione con i poveri e, cosa più importante, che siano imbevuti del carisma dell’Ospitalità dell'Ordine.

 

Israele: L’Ordine giunse nell’attuale Israele nel 1891. Su iniziativa di P. Alfieri vennero fondati due ospedali: uno a Tantur (Gerusalemme) e un altro a Nazaret, con due comunità destinate ad esercitare l’attività ospedaliera e l’apostolato missionario. Attualmente l’Ordine in Israele gestisce soltanto più l’ospedale di Nazaret che dipende dalla Provincia Lombardo-Veneta.

 

Giappone: La Provincia Bavarese fondò un’opera a Kobe nel 1951; attualmente è una Delegazione Provinciale con due centri. In Giappone, un paese orientato verso la valutazione delle persone in termini di produttività, la testimonianza cristiana dell’azione dei Fratelli ha una grande importanza per la Chiesa. Questo é evidente, soprattutto, nel caso dell'interesse che hanno i Fratelli verso gente che ha passato molto tempo in ospedali psichiatrici ed ha bisogno di aiuti e di particolari attenzioni per lunghi periodi.

 

     Il terremoto devastante del 17 gennaio 1995 ha distrutto completamente la residenza e la cappella dei Fratelli e ha danneggiato gravemente i fabbricati del Centro di Kobe-Suma. Fortunatamente però non vi furono vittime, ne feriti gravi. Dopo un primo momento molto duro, i Fratelli e i loro Collaboratori, con l'aiuto della Provincia Bavarese e un certo sostegno da parte del governo, hanno potuto riedificare gli edifici. La seconda casa, in Kobe‑Kita, é uscita indenne dal terremoto.

 

     I1 centro di lunga degenza di Kobe‑Suma accoglie anche degenti di breve permanenza, cioè per la convalescenza dopo una malattia fisica, ed offre anche alcuni servizi non medici, come l'idroterapia. Nell'assistere i molti pazienti, non cristiani, a parte l'ambiente rilassante ed accogliente, i Fratelli offrono anche un programma pastorale ecumenico.

 

     Nella casa di Kobe-Kita si tratta di un centro per adulti con handicap multipli gravi. I programmi del Centro sono indirizzati a soddisfare le esigenze individuali dei degenti.

 

     In un paese nel quale solo 1'1% é cristiano e 430.000 sono i cattolici, le vocazioni alla Vita Consacrata e alla vita dei Fratelli Ospedalieri, in particolare, sono in proporzione a detto numero. Nonostante questo, abbiamo la fortuna di poter contare ormai su alcuni Fratelli giapponesi che hanno già pronunciato i loro Voti solenni.

 

Vietnam: I Fratelli della Provincia canadese giunsero in Vietnam nel 1952 e si installarono nel nord del paese. Con l'inizio della guerra civile, l'ospedale dei Fratelli in Tan Bien (Ben Hoa City) venne occupato dallo Stato, cosi come anche la casa del noviziato di Da Nang City. I Fratelli canadesi si videro costretti ad abbandonare il Vietnam e, da allora, il contatto con i Fratelli Vietnamiti fu indiretto e intermittente, e fatto attraverso la Provincia francese. Questa situazione però é migliorata recentemente e ora é possibile un contatto diretto. Continua però ad essere difficile per i rappresentanti della Chiesa, incluso i membri del Governo Generale dell'Ordine, il soggiorno in una comunità religiosa locale quando visitano il Vietnam. E' necessario, per questo, avere uno speciale permesso delle autorità. Ed é anche molto difficile, per i religiosi vietnamiti, poter uscire e viaggiare fuori del paese.

 

     La Cappella dei Fratelli é un punto d'incontro nella quale la gente entra ed esce in continuazione per pregare davanti al SS.mo Sacramento e davanti alle immagini della Madonna, di San Giovanni di Dio e di San Riccardo Pampuri. Un altro punto di riferimento, per i Fratelli e per la Chiesa locale, é la tomba del Venerato Fra William Gagnon, un Confratello di origine americana, sepolto nel cimitero vicino alla casa dei Fratelli a Tan Bien. Fra William apparteneva alla provincia canadese e fu il fondatore dell'Ordine nel Vietnam. Assieme ad altri Fratelli canadesi fu, prima missionario nel Vietnam del nord, poi passò al Sud con i rifugiati quando ebbe inizio la guerra. Il Fratello William é ricordato come un ospedaliero esemplare e si é andata diffondendo, tra la popolazione vietnamita, una grande devozione verso di lui. Ogni giorno si vedono malati dell'Ospedale e molte altre persone pregare sulla sua tomba. Nella morte, come nella vita, egli é senza dubbio vicino ai suoi Fratelli e al popolo vietnamita che amò con tutto il cuore e che servi con compassione e con amorevolezza infinita.

 

     Alcuni Fratelli hanno studiato ed ottenuto il diploma per la pratica della medicina orientale tradizionale e per l'agopuntura. Hanno creato dispensari, soprattutto per i poveri ed anche una fabbrica di medicine tradizionali, che essi somministrano non solo ai propri dispensari, ma anche ai dispensari ed ospedali del circondario.

     I Fratelli contano sull'aiuto di molti volontari. Inoltre vi sono più di sette parrocchie nelle quali si sono costituite confraternita di San Giovanni di Dio, con più di trenta membri ciascuna, e queste persone vanno a visitare i malati e ad assistere i moribondi presso il loro domicilio. Questi gruppi parrocchiali, ispirati a San Giovanni di Dio, e all'esempio dato a loro dai Fratelli, hanno chiesto di essere affiliati all'Ordine in modo da poter condividere i suoi benefici e grazie spirituali. La cerimonia dell'affiliazione all'Ordine ebbe luogo durante la visita del Padre Generale nel 1995.

 

     A parte le innumerevoli difficoltà che appaiono continuamente, i Fratelli hanno saputo attrarre molte vocazioni e dare a loro una solida formazione religioso-ospedaliera. Alla fine del 1995, vi erano più di 70 Fratelli Ospedalieri nel Vietnam. E il flusso regolare di candidati ai Centri di Formazione promette molto per il futuro dell'Ordine in Vietnam.

 

Corea: Nel 1959 i Fratelli irlandesi giunsero nella Corea del Sud. Oggi è una Delegazione Provinciale con tre centri. Il grande merito dei Fatebenefratelli in Corea del Sud è di essere riusciti ad umanizzare l’assistenza ai malati mentali compiendo una missione profetica in questo ambito del sistema sanitario. Il futuro si presenta molto promettente per il buon numero di vocazioni native.

 

     Dall’inaugurazione dell'Ospedale di Kwangju nel 1960, l'Ordine ha sempre prestato il suo servizio ai poveri che non potevano permettersi il lusso di pagare i servizi medici esistenti in altri centri. A questo obiettivo, di servire i poveri più bisognosi, si andò ad aggiungere la dimensione ecumenica dato che i Fratelli lavorano in stretta collaborazione con l'ospedale presbiteriano locale, nell'assistenza ai malati poveri, stabilendo cosi strette relazioni personali tra i due gruppi.

 

     L'ospedale preparò anche un piano di aiuti per i paesi del circondario, ad esempio, in un paese nel quale vivevano delle persone malate di lebbra si fecero delle visite regolari, i bambini e i giovani cresciuti nella strada ricevettero assistenza medica gratuita cosi come i residenti di un centro per poveri amministrato dalle autorità civili. Durante più di quindici anni i Fratelli, Novizi e Postulanti inclusi, lavorarono come volontari, ogni giorno, in questo centro, nel quale c’erano più di 400 persone, che vivevano in condizioni inumane. Particolarmente grave era la situazione dei malati di mente e degli orfani. Dentro il centro, con il permesso delle autorità civili, l'Ordine costruì un edificio per la cura dei malati mentali. Si trattò, allora, di un progetto pilota.

 

     Recentemente il migliorato livello di vita che é stato raggiunto assieme a quello economico, in Corea, e l'introduzione dell'assicurazione sociale, ha permesso ai poveri e al resto della popolazione, di ricevere l'assistenza sanitaria in ospedale e nei dispensari. Il dispensario dei Fratelli é specializzato in dermatologia, pediatria e medicina interna e continua ad essere meta di molti pazienti. L'Ordine considera il dispensario come un mezzo necessario e un valido aiuto per un programma di assistenza a domicilio ai malati terminali o incurabili, un centro per malati terminali di cancro, un programma per anziani e come servizio di salute mentale

 

     Grazie all'esperienza del progetto pilota, per persone con disturbi mentali che abbiamo sopra menzionato, l'Ordine in Corea ha creato un servizio di igiene mentale, innovatore, ideato più come un «centro di vita» che come un ospedale psichiatrico, e questa é un'opera tenuta in grande considerazione nel paese, ed é un centro di formazione per i professionali in questo campo. Il dipartimento di educazione ha pubblicato vari libri sulle diverse forme di malattie mentali e su problemi psicologici.

 

     Nella città di Chuncheon, a nord‑est della capitale Seul, nel 1984, su invito delle autorità civili e del Vescovo locale, il quale dichiarò, prima della sua morte nel 1994, che l'aver potuto avere i Fratelli in Diocesi é stata una delle cose più meravigliose che egli come Vescovo sentiva d'aver fatto, l'Ordine si prese carico, assieme alle autorità civili, dell'amministrazione di un asilo notturno per 150 senza tetto. Si tratta di un progetto basato sulla convenzione tra le autorità civili e il nostro Ordine.

 

     Nel 1990, su invito dell’arcidiocesi di Seul, l'Ordine ha aperto un Centro per giovani, di una certa età, con difficoltà d'apprendimento. A causa delle risorse molto limitate, volontari e, in particolare, studenti universitari hanno giocato un ruolo significativo nello sviluppo e nella messa a punto del programma di formazione per gli utenti.

 

     L'Ordine in Corea é cosciente che, per poter stare vicino alla gente povera e offrire a loro i propri servizi in un modo continuo e regolare sono necessari fondi provenienti da varie fonti, oltre a quelle solite. Per questo si é creato l'Ufficio dello Sviluppo con l'obiettivo di procurare dei fondi per le opere di carità dell'Ordine. Queste risorse sono a disposizione del Superiore Maggiore, perché li usi, a sua discrezione, in progetti a favore dei poveri o per progetti non finanziati dal governo o da altri enti.

 

India: Vi sono due lati interessanti della fondazione dell'Ordine in India. Uno di essi é il fatto che del gruppo fondatore che giunse dalla Provincia Renana (Germania) nel 1969, fecero parte due Fratelli professi nativi; l'altro é che il Fratello Fortunato Thanhäuser, membro dello stesso gruppo di pionieri, ha fondato una nuova Congregazione di religiose: le Suore della Carità di San Giovanni di Dio. Le Suore, che celebrarono il loro primo Capitolo Generale nel 1992, lavorano in stretta collaborazione con i Fratelli Ospedalieri.

                                                                                                                                                       

     Il 1 gennaio 1997 la Delegazione Provinciale dell’India, dipendente sino allora dalla Provincia Renana, è stata elevata nel rango di una Delegazione Generale.

 

     Sebbene l'opera di maggior importanza dei Fratelli in India sia un ospedale generale, la loro attività abbraccia un grande ventaglio di attività che va da un ospizio per poveri con malattie croniche, passando poi ad un centro di salute, ad una residenza per anziani e a un progetto di abitazioni che ha dato la casa a più di 2.000 famiglie povere. Mentre al fabbisogno finanziario corrente dell’ospedale generale di Kattappana si riesce a provvedere in generale con mezzi propri, le altre opere dell'Ordine in India hanno bisogno del costante aiuto di benefattori stranieri, specialmente austriaci e tedeschi. L’opera missionaria dei Fatebenefratelli in India viene sostenuta in maniera significativa dalle Province d’Austria e di Baviera. Inoltre, in Germania opera un'associazione ("Indienhilfe des Hospitalordens vom hl. Johannes von Gott e. V.") che finanzia dal 1979 progetti mirati dell’Ordine in India.

 

     In Kattappana, prima fondazione, i Fratelli hanno creato un ospedale generale che ha anche una scuola per infermieri/e riconosciuta dalla Università Mahatma Gandhi. L'ospedale ha un programma di pronto soccorso ed un servizio oftalmologico gratuito che viene realizzato da personale volontario, che visita anche regolarmente i paesi poveri dei dintorni.

 

     Il Pratheeksha Bhavan (Casa della Speranza) vicina all'ospedale, accoglie persone con malattie croniche, le quali ricevono assistenza, amicizia e cure da parte delle Suore e dei Fratelli che vi lavorano. La Casa della Speranza accoglie anche bambini di famiglie povere della zona, e serve come centro per assistere le famiglie che si trovano in circostanze difficili.

 

     A Poonamallee (Madras/Chennai) si trova la sede della Delegazione Generale dell’India, il noviziato, il postulantato e il prepostulantato. Al centro è annessa una casa per anziani con un piccolo dispensario per famiglie povere.

    

     A Deshgaon (India Centrale) si trova un’altra fondazione della Delegazione. Si tratta di un servizio di assistenza sanitaria. Nel Centro vi é anche un dispensario con poche camere per casi speciali, e da qui vengono offerti anche dei servizi ai paesi del vicinato.

 

     A Velloor (Kerala) attualmente è in fase di preparazione la creazione di un centro per disabili.

 

     L’Ordine registra in India un afflusso costante di giovani. I Fratelli studiano per diventare infermieri o per altre professioni sociali e vengono formati anche perché mantengano vivo lo spirito di San Giovanni di Dio e i principi, i valori e la filosofia dell'Ordine.

 

Filippine: Per molti anni l'Ordine ebbe il desiderio di ritornare nelle Filippine. Questo sogno si realizzò nel 1988, quando la Provincia Romana creò un Centro di Formazione e un dispensario a Quiapo, uno dei quartieri più poveri di Manila. E' un paese nel quale esistono grandi diversità, tensioni e possibilità limitate, per questo la presenza dell'Ordine ha molto da apportare.

 

     Attualmente il dispensario di Quiapo si è trasformato in un poliambulatorio gratuito, cui si è aggiunta nel 1996 una scuola materna per l’educazione dei bambini sordi al linguaggio verbale e dei corsi di computer per l’avviamento professionale degli adolescenti sordi.

 

     Nel 1990 fu aperto ad Amadeo (Cavite) il Noviziato, cui poi fu annesso nel 1996 un centro di riabilitazione per bambini cerbrolesi.

 

     Le Filippine sono la fondazione più recente dell'Ordine in Asia. Assieme alla Chiesa locale, l'Ordine, in questo paese che é il più cattolico dell'Asia, ha molto da offrire nel campo della evangelizzazione di questo grande continente, in risposta alla sfida lanciata dal Papa alla Chiesa in Asia e in particolare alla Chiesa nelle Filippine.

 

 

4) Oceania: nuovi orizzonti dell’ospitalità

L'Australia e la Nuova Zelanda, come l'Europa e gli Stati Uniti, sono oggi delle società postmoderne nelle quali la religione é stata convertita in un problema personale, separato dalla comunità; la libertà individuale, la giustizia sociale, l'ecologia e il femminismo sono considerati, per molti, problemi ben più importanti che quello di andare in Chiesa. In termini di apostolato, i religiosi stanno ritirandosi dalle grandi istituzioni che nel passato costituirono le cittadelle delle varie forme di apostolato dei diversi Ordini religiosi e optano per opere più piccole o per lavori di apostolato individuali.

 

Australia: Quando i primi Fratelli di San Giovanni di Dio giunsero, nel 1947, nell’arcidiocesi di Sidney (Australia), essi formavano parte di un gruppo il quale era l'ultima ondata di missionari irlandesi che arrivò nel continente australiano. Questo avvenne in un momento nel quale, in quel paese, era molto mediocre il livello di attenzione e di interesse prestato dalla società ai bambini minorati psichici. I Fratelli si dedicarono ad essi, con particolare cura ed esperienza. Aprirono tre scuole speciali e un laboratorio protetto per bambini e adolescenti minorati. Il loro lavoro, in questo campo, ha promosso enormemente l'evangelizzazione della Chiesa per la sua grande testimonianza di servizio e di dedizione ai bisognosi, cosa questa che fa parte integrante del messaggio cristiano.

 

     Nello stesso tempo, i Fratelli, iniziarono anche il lavoro nel campo della psichiatria, in un momento nel quale le cure ai malati mentali erano limitate alla sola custodia. Nei due ospedali psichiatrici dei Fratelli, si vivevano esperienze nuove di terapie di gruppo e si applicavano delle cure farmaceutiche indirizzate a un'ampia gamma di disturbi psichiatrici.

 

     L'Ordine ha compiuto 50 anni di presenza in Australia nel 1997. Ha dei centri e servizi nei due stati orientali del New South Wales e Victoria.

 

     Nel New South Wales, l'Ordine ha una residenza per bambini con disturbi mentali nella città di Morisset, e due ospedali psichiatrici in Sidney. In Melbourne possiede una rete di servizi sociali e terapeutici per disabili.

 

Nuova Zelanda: Già il primo Superiore dell'Ordine in Australia, giunto dall'Irlanda nel 1947, aveva il mandato di estendere l'Ordine anche alla vicina nazione indipendente della Nuova Zelanda. Questo mandato si realizzò nel 1955, quando quattro Fratelli andarono a Christchurch, città principale del South Island in Nuova Zelanda, per aprire una scuola speciale, con internato, per bambini con difficoltà di apprendimento.

 

     La scuola, chiamata "Marylands", divenne famosa in tutta la Nuova Zelanda per i suoi programmi all’avanguardia nell'educazione speciale. Funzionò per 28 anni prima di passare in mano al governo del paese. Nel frattempo l'Ordine aveva aperto una residenza per disabili psichici adulti nella stessa città di Christchurch e una casa famiglia per adolescenti delinquenti, molti dei quali maori. Nel 1995 l'Ordine prese in carico una residenza di anziani, portata avanti, fino a quel momento, dalle Piccole Sorelle dei Poveri. Questa residenza si trova a Hastings nel North Island.

 

     Nella Nuova Zelanda l'Ordine si occupa, attualmente, degli anziani e dei servizi di riabilitazione per persone con handicap fisici. Aiuta anche i senza fissa dimora, soprattutto i giovani. Le sue principali opere sono l'Ospedale di San Giovanni di Dio per Anziani e l'Albergo San Giovanni Dio‑Sacra Famiglia in Hastings. In Christchurch vi é anche un'opera per giovani senza fissa dimora. Durante questi anni, vari neozelandesi sono entrati nell'Ordine e hanno prestato il loro servizio in Australia e in Papua-Nuova Guinea.

 

Papua‑Nuova Guinea: La popolazione della Papua‑Nuova Guinea é di circa tre milioni di abitanti. La metà della popolazione é cristiana e la metà dei cristiani é cattolica. Il terreno montagnoso obbligò a uno stile di evangelizzazione diviso in compartimenti, con diverse denominazioni cristiane centrate in una zona del paese. La maggioranza delle confessioni accettarono questa situazione durante il periodo coloniale ma, recentemente, le diverse Chiese cristiane si sono diffuse molto più al di là dei confini politici e naturali stabiliti in origine. La cultura melanesiana non ha storia di nessun tipo di vita religiosa o sacerdotale

 

     I Fratelli di San Giovanni di Dio giunsero in Papua-Nuova Guinea nel 1971. Si misero a lavorare con bambini portatori di handicap fisici e socialmente bisognosi, in una istituzione nella capitale Port Moresby. Nel 1976 il lavoro missionario dell'Ordine raggiunse il paese montano di Kamina, nel quale i Fratelli aprirono un dispensario, promuovendo cosi lo sviluppo di quella gente mediante l'educazione, l'agricoltura e altre iniziative. I Fratelli si ritirarono da Kamina nel 1994 e passarono al noviziato di Port Moresby.

 

     In Papua-Nuova Guinea la maggior parte dei Fratelli indigeni sono ancora in formazione, però l’Ordine tiene una residenza per giovani bisognosi in Holola (Port Moresby) e un centro per alcolisti e drogati in Goroka. I Fratelli dell'Ordine portano avanti la pastorale nel Centro sanitario Raihu (Aitape). In Port Moresby i Fratelli dirigono ed organizzano un laboratorio per persone affette da lebbra.

 

     Vi sono già vari Fratelli professi della Nuova Guinea e vi é un flusso costante di candidati nelle fasi iniziali della formazione. Lo Scolasticato é in Aitape, nel quale i Fratelli sono formati per poter portare avanti i dispensari. L'Ordine si occupa anche di un Centro per il trattamento dei drogati e degli alcolisti, Centro che si trova in Goroka ed é di proprietà della Conferenza Episcopale.

 

     L'espressione della Ospitalità dell'Ordine, in Papua‑Nuova Guinea, é stato il suo originale apporto alla evangelizzazione della Chiesa perché ha mostrato tutta l'ampia gamma dei valori cristiani, specialmente la compassione e il servizio agli ammalati e alle persone che hanno difficoltà di apprendimento o handicap fisici.

 

 


 

 

Capitolo ottavo

 

 

LE ATTUALI ESIGENZE MISSIONARIE

PER LA VITA DELL'ORDINE

 

 

1. La vocazione del Fatebenefratello vissuta con spirito missionario

Tutti noi battezzati siamo chiamati ad essere evangelizzatori e testimoni del Regno di Dio. "Tutta la Chiesa è missionaria, e l'opera evangelizzatrice è un dovere fondamentale del popolo di Dio..." (EN 59). Esistono però diversità di servizi nella unità della stessa missione (cfr. EN 66).

 

Giovanni Paolo II pone in risalto, nella sua Lettera Enciclica "Redemptoris Missio", la fecondità e la ricchezza degli Istituti di Vita Consacrata al servizio della evangelizzazione. Invita, specificatamente, gli Istituti di vita attiva, i quali abbiano o meno lo scopo strettamente missionario, a lavorare per l'espansione del Regno di Dio. "La Chiesa deve far conoscere i grandi valori evangelici di cui è portatrice, e nessuno li testimonia più efficacemente di chi fa professione di vita consacrata" (RMi 69).

 

Per noi, Fratelli di San Giovanni di Dio, "il fine ultimo della vita è di fare presente nel nostro apostolato di carità Cristo, che ci invita a impegnare la nostra esistenza nell'evangelizzazione dei poveri e dei malati"  (DCG 5.6; cfr. Cost. 1984,41). Perciò siamo chiamati a mantenere sempre vivo lo spirito missionario e a svilupparlo anche nell’annuncio "ad gentes", dando impulso costantemente alla nostra presenza in terra di missione (cfr. Cost. 1984, 48), per essere testimoni dell'amore misericordioso del Padre verso i malati e i in qualsiasi parte del mondo.

 

Mantenere vivo lo spirito missionario seguendo il nostro Fondatore significa ed esige:

 

a) Vivere ed esprimere con gioia la nostra identità e la nostra consacrazione ospedaliera

 

La nostra missione si manifesta in primo luogo attraverso il nostro stile di vita. Pienamente identificati con la nostra consacrazione ospedaliera, manifestiamo che Dio è il valore supremo e assoluto della nostra vita e che il nostro principale ed unico scopo è quello di fare la sua volontà. Nell'accoglienza, ascolto ed assistenza a qualsiasi bisognoso, noi esprimiamo l'esperienza dell'amore misericordioso del Padre e la nostra capacità di amare.

 

La nostra fede, alimentata ogni giorno nell'incontro con Dio (preghiera personale, Eucaristia, Liturgia delle ore, ecc.), deve esprimersi nell’impegno pratico della nostra missione ospedaliera (cfr. DCG 5.4). "La vita consacrata dice eloquentemente che quanto più si vive di Cristo, tanto meglio lo si può servire negli altri, spingendosi fino agli avamposti della missione ed assumendo i più grandi rischi" (VC 76; cfr. EN 69).

 

"L'ospitalità che abbiamo ricevuto come dono, ci impegna a vivere la fraternità con semplicità" (Cost.1984, 36b). Siamo chiamati ad essere:

·      comunità di vita,

·      testimoni di comunione in un mondo diviso,

·      comunità che vivono la fraternità come veri fratelli e diffondono l'idea dell'amore fraterno negli ambienti in cui sono inserite (cfr. DCG 5.5.1).

 

Costruire la fraternità nelle nostre comunità è un impegno prioritario della nostra missione ospedaliera.

 

b) Essere testimoni di Cristo

"Il contributo specifico che i consacrati e le consacrate offrono alla evangelizzazione sta, innanzitutto, nella testimonianza di una vita totalmente donata a Dio e ai fratelli" (VC 76). Noi Fatebenefratelli, seguendo le orme di Gesù di Nazaret, che passò nel mondo facendo del bene a tutti (cfr. Atti 10,38) "curando ogni sorta di malattia e infermità" (Mt. 4,23), e di San Giovanni di Dio "che si dedicò completamente al servizio dei poveri e dei malati" (Cost.1984, 1), cooperiamo alla salvezza dell'uomo e del mondo: con la nostra presenza e vicinanza, rispettando e facendo sempre rispettare e valere i diritti della persona, usando tutti i mezzi necessari per un'assistenza integrale, facendo della persona inferma o bisognosa il centro d'interesse del nostro apostolato ospedaliero, annunciando il vangelo in modo esplicito e lasciandoci evangelizzare dai più poveri (cfr. POE 37).

 

c) Totale donazione a Dio e piena disponibilità a servire l'uomo e la società

"Grazie alla loro consacrazione religiosa, essi sono per eccellenza volontari e liberi per lasciare tutto e per andare ad annunziare il vangelo fino ai confini del mondo" (EN 69; cfr. RMi 69). Effettivamente la nostra vocazione ospedaliera esige da noi una piena disponibilità, per essere presenti in qualsiasi realtà nella quale una persona malata o bisognosa chiede il nostro aiuto. Esigenza questa valida, non solo per andare in quelle che sono chiamate terre di missione, ma anche per qualsiasi altra realtà nella quale l'Ordine è presente.

 

d) Inculturazione, ecumenismo e universalità

Sono questi i tre elementi essenziali per mantenere vivo il nostro spirito missionario. Dobbiamo avvicinarci alle diverse culture con grande rispetto, apertura ed apprezzamento, cercando di assumerle, superando posizioni difensive ed impositive poco evangeliche (cfr. VC 79,80). L'universalità ci deve mantenere sempre disposti a promuovere una cultura di dialogo e di solidarietà tra i popoli, le istituzioni e le persone, partendo dalla pluralità e dal rispetto verso tutti. L'ecumenismo, seguendo l'invito del Concilio Vaticano II, è una chiamata ogni volta sempre più forte al dialogo e alla collaborazione tra le diverse religioni. "Il dialogo interreligioso è un sentiero per il Regno e sicuramente darà i suoi frutti, anche se i tempi ed i momenti li conosce solo il Padre" (RMi 57; cfr. VC 101).

 

e) Adeguata preparazione e formazione

La nostra missione ospedaliera esige "la preparazione umana, teologica e professionale, come requisiti indispensabili, per offrire agli ammalati e a ogni persona bisognosa il servizio efficiente che meritano e che, giustamente, attendono da noi" (Cost. 1984, 43). E' evidente che questa esigenza ha le sue note specifiche in funzione dei luoghi dove si svolge la nostra missione e delle persone che assistiamo. Nonostante ciò è desiderabile e necessario un adeguato spirito di maturità personale ed una solida base spirituale, nel più ampio senso della parola, per poter vivere la consacrazione ospedaliera con dedizione e spirito missionario.

 

f) Vivere in comunione con l'Ordine e con la Chiesa missionaria

La sensibilità, preoccupazione e comunione con le opere missionarie dell'Ordine e della Chiesa sono espressioni inequivocabili e necessarie del nostro impegno ospedaliero. La preghiera personale e comunitaria, la solidarietà e la collaborazione con le opere missionarie, e la promozione delle medesime, secondo le nostre possibilità, sono delle esigenze che tutti dobbiamo assumere. Inseriti nella nostra propria realtà e lasciandoci interpellare dalla medesima, dobbiamo incarnare il vangelo, sentendoci profondamente uniti a tutto l'Ordine e in comunione con la Chiesa universale. "Solo un amore profondo per la Chiesa può sostenere lo zelo missionario. Per ogni missionario la fedeltà a Cristo non può essere separata dalla fedeltà alla Chiesa" (RMi 89).

 

 

2. L'animazione missionaria: una sfida per le nostre comunità

Le nostre comunità, come segno della presenza del Regno di Dio nel mondo, devono assumere l'animazione missionaria e la sua proiezione "ad gentes", con la stessa sollecitudine che tutta l'attività primaria e immediata richiede il vivere profondamente il mistero dell'incarnazione e della redenzione, nella sua manifestazione di ESSERE INVIATI a proseguire i disegni di Dio, come scopo fondamentale della sua azione evangelizzatrice.

 

·      Dio Padre INVIA suo Figlio unigenito per restaurare le relazioni armoniose tra l'uomo e il suo Creatore, e così elevare gli uomini a partecipare alla vita divina secondo i disegni di Dio stesso (cfr. Gv 12, 49; 6-9; 1Gv 4,9-10). « Cristo, per adempiere la volontà del Padre, ha inaugurato in terra il regno dei cieli, e ce ne ha rivelato il mistero e, con la sua obbedienza, ha operato la redenzione" (LG 3).

·      Cristo INVIA a sua volta il gruppo che costituisce in Chiesa, con la missione specifica di trasmettere a tutti gli uomini la Buona Novella della redenzione in tutti i tempi e luoghi (cfr. Mc 16,15; Gv 20,21; Lc 24.46; Ebr. 1,8). "Come infatti il Figlio è stato mandato dal Padre, egli stesso ha mandato gli Apostoli...Questo solenne comando di Cristo di annunziare la verità della salvezza, la Chiesa l'ha ricevuto dagli Apostoli per adempierlo sino all'ultimo confine della terra." (LG 17).

·      La comunità INVIA i suoi membri, in forza della sua appartenenza alla Chiesa della quale essa forma parte, ad annunciare e rendere presente, secondo il proprio carisma, la Buona Novella di Cristo, condividendo così la sua missione. Perciò, fedeli al mandato che la Chiesa ha ricevuto dal Signore, coltiviamo costantemente lo spirito e l'animazione missionaria come una attività personale e comunitaria (cfr. Cost. 1984, 48 e Stat.Gen. 58).

·      L'animazione missionaria delle nostre comunità si realizza nella continua disponibilità a promuovere e a far vivere lo spirito missionario del nostro Ordine mediante le cosiddette "forme di collaborazione missionaria" (cfr. RMi 77 e seg; Stat.Gen.59), che qui sotto riassumiamo:

·      La testimonianza di vita, basata sul radicalismo evangelico, in tutte le espressioni che configurano la vita comunitaria (vita di fede e di preghiera; vita di fraternità e di servizio apostolico)

·      Partecipazione alla missione per mezzo della preghiera e del sacrificio e la pratica pastorale tra gli ammalati e gli assistiti dei nostri centri, per istruirli sul valore pasquale del dolore unito a quello di Cristo

·      Informarsi per conoscere la situazione missionaria nel mondo in generale, e le missioni proprie dell'Ordine

·      Sollecitudine, promozione e sostegno per la formazione delle vocazioni missionarie

·      Collaborazione per il sostentamento materiale ed economico dei centri e delle comunità missionarie

·      Invitare i nostri Collaboratori a partecipare, con la loro professionalità e con la loro esperienza di fede, agli impegni missionari, sia in modo saltuario che permanente

·      Coltivare la formazione permanente, personale e comunitaria, per conoscere le implicazioni e lo sviluppo dell'impegno missionario

·      Coordinare le iniziative attraverso i mezzi che l'Ordine ha deciso di impiegare per l’animazione e la promozione missionaria

 

L'animazione missionaria nelle nostre comunità sarà segno di maturità nella fede, di una Vita Consacrata centrata in Cristo e impegnata per la promozione e la salvezza di tutti gli uomini, costruendo così il Regno di Dio nel Mondo (cfr. RMi 77).

 

 

3. La Carta dell’Animazione Missionaria

Questo documento ha origine nella riunione del Segretariato delle Missioni, che ebbe luogo in Roma nel mese di maggio del 1984.

 

Nella sua introduzione si fa un'analisi storica dell'Ordine in terra di missione e della necessità di creare il Segretariato Generale delle Missioni. Continua poi, orientandosi su quali devono essere le attitudini per la missione: spirito di servizio, capacità di adattamento e disponibilità all'ascolto. Ricorda poi che tutti siamo coinvolti in questa missione, in modo diretto o indiretto, il che ci deve portare a rivedere le nostre motivazioni vocazionali e l'impegno per la promozione della persona.

 

Seguendo i documenti della Chiesa sull’attività missionaria, e le nostre Costituzioni e gli Statuti, la Carta raccoglie i contenuti e le linee d'azione per lo sviluppo e l'animazione missionaria nell'Ordine. La Carta mette in risalto che l’ambito dell'animazione missionaria del Fatebenefratello si esprime in due attività complementari: la missione "ad gentes" e l'animazione  missionaria nell'Ordine. Questa sarà più efficace se i Fratelli impegnati in terra di missione, stimolano, attraverso dei contatti, le comunità e altre istituzioni dell'Ordine. Nello stesso tempo, sebbene tutti siamo responsabili di questa animazione in virtù del battesimo e della propria consacrazione religiosa, conviene che ci siano alcuni di noi dedicati specialmente alla animazione missionaria e che le comunità collaborino strettamente con loro.

 

Quali azioni concrete si segnalano:

 

·      incontri annuali provinciali e interprovinciali al fine di mantenere vivo l'interesse per le missioni;

·      includere nei programmi di formazione iniziale e permanente temi di carattere missionario;

·      sensibilizzare i Collaboratori, la Chiesa locale ed altri organismi.

 

La Carta di Animazione Missionaria ha significato per l'Ordine:

 

·      l’illuminazione di questa dimensione della vocazione ospedaliera, dando delle piste di riflessione per il futuro. Frutto della stessa fu la Settimana Missionaria che si cominciò a celebrare in alcune Province e che, poco a poco, si è andata estendendo alla maggior parte dell'Ordine;

·      la crescita della sensibilità nell'Ordine verso le realtà missionarie, sensibilità che si è tradotta: in una maggior solidarietà, comunione di beni e apporto di mezzi;

·      ha riempito un vuoto esistente e messo in evidenza la necessità di elaborare una politica più mirata per tutto l'Ordine.

 

 

4. Principi a partire dai quali desideriamo operare

Alle soglie del terzo millennio l'Ordine, saldamente ancorato alle sue radici e facendosi carico della chiamata della Chiesa alla nuova evangelizzazione, guarda con speranza al futuro, cercando di rispondere generosamente alle necessità dell'uomo che soffre: "Questo è il campo d'azione del Fatebenefratello nella nuova evangelizzazione: essere testimone dell'attenzione cristiana per la persona nella sua globalità, che noi abbiamo chiamato umanizzazione, essere testimoni della solidarietà con i poveri, i malati e gli emarginati, essere fratello di chi soffre" (DCG 4,1).

 

Ciascuna delle realtà, nelle quali siamo presenti, ha una sua propria caratteristica peculiarità di cui bisogna tenere conto al momento di concretizzare l'impegno della evangelizzazione. Si dovrà discernere in ciascuna realtà i modi più opportuni per realizzare la missione in fedeltà al nostro carisma e in maniera creativa (cfr. Cost. 1984, 6). Ciò nonostante esistono dei criteri fondamentali che  segnaliamo di seguito.

 

 

a) L'ospitalità: perno centrale della nostra vita

"Il motivo della nostra esistenza nella Chiesa è vivere e manifestare il carisma dell'Ospitalità secondo lo stile di San Giovanni di Dio" (Cost. 1984,1).

 

L’ospitalità costituisce il nucleo della nostra vita, grazie alla quale "lo Spirito Santo ci rende capaci di compiere la missione di annunciare e di realizzare il Regno tra i poveri e gli ammalati" (Cost. 1984,2) e partecipiamo alla esperienza  fondante che visse il nostro Fondatore. E’ un dono di Dio che dobbiamo rinnovare ogni giorno nell'incontro con Lui e nella dedizione ai fratelli. L'ospitalità ci mantiene vigili e ci anima a vivere in costante atteggiamento di conversione, per assumere e vivere le attitudini e i gesti di Gesù e di San Giovanni di Dio che s'incarnarono nel mondo dei malati e degli emarginati offrendo loro rimedi efficaci per la loro liberazione integrale (cfr. POE 63).

 

L'esperienza della misericordia di Dio ci spinge a donarci pienamente a Dio e ad essere disponibili senza riserve a servire tutte le persone bisognose, in qualsiasi luogo, per annunciare loro la Buona Novella del Regno di Dio.

 

b) Missione risanatrice della Chiesa attraverso l'Ordine

Come seguaci di Gesù noi siamo impegnati a evangelizzare e a essere testimoni della sua missione di curare e liberare l’uomo nel mondo del dolore, vivendo e praticando il vangelo della misericordia. "La Chiesa guarda con ammirazione e gratitudine le tante persone consacrate che, assistendo i malati e i sofferenti, contribuiscono in maniera significativa alla sua missione" (VC 83).

 

Fedeli alla tradizione primordiale dell'Ordine, poniamo al centro delle nostre attenzioni e premure l'uomo che soffre, che curiamo attentamente integralmente prolungando in questo modo l'azione sanatrice di Cristo. Assieme alle cure fisiche, psichiche e sociali, poniamo speciale interesse anche alle attenzione spirituale (cfr. VC 83).

 

c) Evangelizzazione, umanizzazione e promozione umana

La vera evangelizzazione deve essere sempre accompagnata dall'impegno concreto per l'uomo, nelle diverse situazioni attraverso le quali egli passa.  La sfida, per noi, consiste nel trasformare gli atti terapeutici, in autentici gesti di evangelizzazione. Umanizzazione ed evangelizzazione devono formare per noi una unità indivisibile, perché "dove non vi è carità non vi è Dio, anche se Dio è in ogni luogo" (LB 15).

 

Il nostro impegno esige da noi di coniugare un'attenzione della massima qualità, con le migliori e più moderne tecniche, insieme ad uno stile pieno di carità e di tenerezza. E' questo il binomio con il quale, San Giovanni di Dio e l'Ordine, hanno cercato di mantenere e portare avanti la loro missione di carità e di cura degli ammalati.

 

La promozione dell'uomo è una costante sfida per la nostra missione. In ogni luogo vi saranno sempre peculiarità concrete alle quali prestare attenzione. Nei luoghi, dove la povertà è maggiore e i mezzi sono scarsi, la nostra azione sarà solidale in accordo con questa realtà, con mezzi proporzionati e con programmi semplici, ma efficaci.

 

Un rischio che corriamo, nell'impegno per la promozione dell'uomo, è quello di dedicarci solo, o preferentemente, alle necessità sociali, per efficientismo, trascurando così la dimensione della testimonianza dell'amore di Cristo, che è la ragione ultima della nostra vocazione. Un altro rischio è quello di non prestare la dovuta attenzione alla scienza ed alla tecnica, quando al contrario, dobbiamo promuovere il dialogo tra entrambi per dimostrare che la scienza e la tecnica contribuiscono alla umanizzazione del mondo, nella misura in cui sono impregnate della sapienza di Dio (cfr. DCG 4.3).

 

d) Accoglienza universale ed inculturazione

Sono due principi essenziali della nostra missione, che dobbiamo curare e coltivare. L'Ordine non ha mai fatto nessun tipo di distinzione nella sua missione apostolica: tutte le persone malate o bisognose sono i destinatari della nostra attenzione. Nonostante ciò, e conoscendo i nostri limiti, con San Giovanni di Dio diciamo: "E vedendo soffrire tanti poveri miei fratelli  e mio prossimo, che si trovano in così grande necessità, sia per il corpo che per l'anima, non potendoli soccorrere, sono molto triste" (2 GL 8).

A qualsiasi luogo e a qualsiasi persona bisognosa dobbiamo sempre cercare di avvicinarci, facendoci solidali verso le diverse situazioni, percorrendo il cammino di Gesù il quale, essendo Dio, si è fatto uomo e condivise la nostra propria realtà (cfr. Fil. 2,6). Dobbiamo avvicinarci con grande rispetto alle diverse culture, preparandoci e formandoci adeguatamente, rispettando le loro idee, stile e credenze. Solo così potremo mostrare la misericordia e l'amore che Dio ha per gli uomini. "Il Sinodo considera l'inculturazione una priorità e un'urgenza nella vita delle Chiese particolari, affinché il Vangelo affondi le sua radici realmente in Africa; un'esigenza della evangelizzazione; un cammino verso la piena evangelizzazione e una delle maggiori sfide per la Chiesa nel continente africano alle porte del terzo millennio" (EA 59).

 

e) In collaborazione con la Chiesa, con altre istituzioni e aperti al dialogo interreligioso

Nel mondo, e concretamente nell'ambito della nostra missione, noi non siamo soli. Da ciò il nostro essere aperti a collaborare con le altre Istituzioni, ecclesiali o no, che lavorano a favore dei malati e dei poveri, a condizione che possiamo realizzare la nostra missione in tutta la sua ampiezza. Congregazioni religiose, associazioni ecclesiali o di altre confessioni religiose, organizzazioni sociali, amministrazioni pubbliche, sono questi i possibili candidati per la collaborazione.

 

Questo spirito di apertura e di collaborazione dobbiamo potenziarlo soprattutto, nella misura del possibile, nei confronti delle istituzioni di carattere ecclesiale. Allo stesso modo dobbiamo promuovere il dialogo interreligioso dato che esso, "forma parte della missione evangelizzatrice della Chiesa, gli Istituti di Vita Consacrata non possono esimersi dall'impegnarsi anche in questo campo, ciascuno secondo il proprio carisma e seguendo le indicazioni dell'autorità ecclesiastica" (VC 102; cfr. RMi 55). Su questo punto, i Fratelli che lavorano in terra di missione, dovranno prepararsi e formarsi in modo tutto speciale per poter sviluppare questa missione ecumenica.

 

f) Dimensione profetica della nostra missione ospedaliera

"Nel nostro mondo, dove sembrano spesso smarrite le tracce di Dio, si rende urgente una forte testimonianza profetica da parte delle persone consacrate" (VC 85). I religiosi e le religiose hanno sempre occupato un posto di avanguardia nella missione della Chiesa (cfr. EN 69).

Il nostro Ordine ha sempre dato segni evidenti di testimonianza profetica, molte volte con la dedizione umile e generosa nel servizio quotidiano ai malati, e in altre con dei chiari gesti di denuncia e di rivendicazione davanti a situazioni ingiuste. La presenza di tanti Fratelli in posti di frontiera, a fianco dei malati e degli emarginati, e la testimonianza del martirio subito da molti di loro, è la migliore espressione della realtà profetica dell'Ordine.

 

E' necessario raccogliere questa eredità nella sua attualità, e farla fruttificare, con la testimonianza personale e comunitaria di tutti noi che formiamo oggi l’Ordine. Segnaliamo qui di seguito alcuni punti da tenere in considerazione:

 

·      La nostra testimonianza profetica si fonda sul nostro stile di vita, sul nostro modo di rapportarci agli altri, sui valori che danno senso alla nostra esistenza e, in definitiva, sul nostro modo di essere che deve costituire un’alternativa al modello di vita  dominante nel mondo di oggi che allontana Dio e l'uomo dal centro della vita; ci fa mostrare il valore centrale ed assoluto di Dio nella nostra vita, per affermare invece il valore centrale ed assoluto di Dio.

·      Questo esige vivere uno stile personale e comunitario semplice ed austero; non soccombere alla tentazione della superficialità e dell'edonismo, mettere in pratica la sensibilità e l'impegno con i più deboli; essere critici davanti a posizioni, strutture ed istituzioni ingiuste. Sono questi gli atteggiamenti che dobbiamo prendere, personalmente e comunitariamente, per essere fedeli alla nostra eredità profetica.

·      Noi ci sentiamo impegnati a vigilare, affinché vengano sempre rispettati i diritti della persona a nascere, vivere decorosamente, essere curata quando è malata e a morire con dignità (cfr. Cost. 1984,23), facendoci voce di chi non ha voce, perché in ogni luogo la dignità umana sia riconosciuta e l'uomo sia il centro di tutta l'attività (cfr. EA 70). "La Chiesa ricorda ai consacrati e alle consacrate che fa parte della loro missione evangelizzare gli ambienti sanitari in cui lavorano, cercando di illuminare, attraverso la comunicazione dei valori evangelici, il modo di vivere, soffrire e morire degli uomini del nostro tempo. E' loro impegno dedicarsi all'umanizzazione della medicina e all'approfondimento della bioetica, a servizio del Vangelo della vita" (VC 83).

·      Siamo chiamati a identificarci con coloro che soffrono, con gli emarginati, come fece Gesù con i più deboli. Nelle attuali circostanze, seppure per tradizione noi Fatebenefratelli abbiamo quasi sempre esercitato la nostra missione in centri propri, dobbiamo essere disposti a realizzare la nostra missione anche fuori delle nostre opere, soprattutto là dove la presenza dei Collaboratori garantisce la fedeltà ai valori essenziali dell’Ordine e la stabilità del Centro non presenta speciali difficoltà.

·      Anche se tutti i luoghi dove esiste la povertà, la malattia, la miseria e la sofferenza sono, per noi, posti privilegiati nei quali mettere in pratica e vivere il Vangelo della misericordia, è necessario dare uno spazio particolare ai malati più poveri e abbandonati: i senza tetto, i malati in fase terminale, i malati di Aids, tossicodipendenti, emigranti, anziani, malati cronici. Se volgiamo il nostro sguardo poi, in quella che è chiamata terra di missione, scopriamo nuove necessità: povertà endemica, infermità che ancora non sono state debellate (malaria, lebbra, poliomielite, malattie parassitarie, ecc.), malati mentali abbandonati, conseguenze delle guerre, rifugiati e persone sradicate dalle loro terre native.

 

g) In comunione con i collaboratori

Seguendo le direttrici della Chiesa, il nostro Ordine sta facendo notevoli sforzi per costruire progressivamente una relazione con i nostri Collaboratori che ha chiamato "ALLEANZA". Il Documento "Fratelli e Collaboratori uniti per servire e promuovere la vita" (1992), contiene le linee dottrinali e pastorali per lavorare in direzione di questo progetto.

 

E' un dono per la Chiesa e per l'Ordine il fatto che molti dei nostri Collaboratori (impiegati, volontari, benefattori), partecipino al nostro carisma e alla nostra missione dando vita assieme a noi alla Famiglia Ospedaliera. In comunione con loro portiamo avanti la nostra missione apostolica (cfr. VC 54).

 

E' una realtà questa che dobbiamo far crescere. Le possibilità sono molte nel rispetto della identità di tutti. Nell'ultimo Capitolo Generale i Collaboratori hanno considerato nella seguente maniera la possibilità della loro integrazione nella missione dell'Ordine:

 

            "I rappresentanti dei collaboratori, mentre formulano il proprio apprezzamento per l'impegno dell'Ordine nel riesame e nel rinnovamento del proprio modo di essere e di operare per rispondere alle esigenze dei tempi, ritengono che l'integrazione dei collaboratori nella missione dell'Ordine sia oggi importante, necessaria e imprescindibile.." (Dich. del LXIII Cap.Gen. p. 48).

 

E’ necessario dare impulso con forza a nuovi progetti e potenziare quelli esistenti. I Fratelli sono chiamati ad essere i pionieri e gli animatori dei medesimi, mentre i Collaboratori sono chiamati ad accettare e promuovere un preciso impegno a favore dei meno favoriti. Esistono delle esperienze in questo senso che ci devono servire da guida per il futuro.

 

h) Missione "ad gentes"

In realtà tutto ciò che è stato detto precedentemente, è valido, con i dovuti adattamenti, anche per le presenze dell'Ordine in terra di missione. Ciò nonostante, desideriamo mettere qui in evidenza il richiamo che la Chiesa fa alla Vita Consacrata per la missione "ad gentes".

 

E' "compito della vita consacrata di lavorare in ogni parte della terra per consolidare e dilatare il Regno di Cristo, portando l'annuncio del Vangelo dappertutto, anche nelle regioni più lontane" (VC 78; cfr. LG 44). Rispondendo a questa chiamata, l'Ordine è presente oggi nei cinque continenti, dopo aver fatto importanti sforzi, nella seconda parte del presente secolo, per impiantare le sue opere in Africa, Asia e Oceania.

 

Il lavoro che è stato realizzato in tutti questi anni, è enorme, e i Fratelli missionari continuano ad essere dei veri testimoni per tutto l'Istituto. E' necessaria una maggior interrelazione per condividere, intercambiare e, in definitiva, arricchirsi reciprocamente. Sono molte le cose che potremmo fare per i nostri Fratelli missionari, e molto quello che possiamo ricevere da loro e dalla gente da loro assistita.

 

Tutti noi Fratelli dobbiamo sentirci impegnati nella missione evangelizzatrice dell'Ordine, con le nostre preghiere, la vicinanza ed anche con la nostra disponibilità a svolgere il nostro impegno ospedaliero nelle terre di missione.

 

 

5. Nuova ospitalità:  nuova evangelizzazione in chiave juandediana

Sarà bene ricordare qui quanto il LXIII Capitolo Generale dell'Ordine ci ha detto riguardo a ciò che intendiamo per nuova ospitalità:

 

            "La nuova ospitalità è, innanzitutto, un movimento che si rivolge all'Ordine stesso, alla sua più intima identità. E', in primo luogo, l'affermazione del primato dell'evangelizzazione su tutti gli altri compiti dell'Ordine. Non è un adattamento dell’ospitalità ai valori della nostra società. La novità non intacca il contenuto del carisma, che rimane immutabile.

 

            Consiste nel vivere e manifestare oggi il dono ricevuto da San Giovanni di Dio con un linguaggio, dei gesti e dei metodi apostolici che diano risposte ai disegni e alle attese dell'uomo e della donna che soffrono per malattia, età, emarginazione, handicap, povertà e solitudine" (Dichiarazioni del LXIII Capitolo Generale).

 

Parlare di nuova ospitalità significa  porsi la domanda: come stiamo rispondendo oggi come Ordine alla nostra missione?

 

La nostra missione apostolica ci porta alla definizione ed applicazione di un progetto di ospitalità secondo lo spirito di Giovanni di Dio: pensato per i malati e i bisognosi, vissuto con i Collaboratori in atteggiamento di servizio verso la società di oggi.

 

Storicamente, ed anche nell’attualità, la nostra missione evangelizzatrice ci ha orientato, e ci orienta, verso una infinità di persone malate ed emarginate, che noi cerchiamo di assistere: infermi «classici» e «nuovi» infermi, emarginati sociali che non seguono il ritmo della società alla quale appartengono, paesi sviluppati e altri in via di sviluppo, con molti mezzi o una medicina di base.

 

La nostra missione dà un grande contributo alla società di oggi, in ognuno dei posti dove ci troviamo, sia il nostro un servizio di complementarità e partecipazione ai servizi che la società svolge, o sia esso invece un’attività di supplenza.

 

Ci siamo domandati molte volte in questi ultimi anni, dove dovremmo essere presenti e, rispondendoci, abbiamo fatto le nostre opzioni preferenziali.

 

Il documento del nostro ultimo Capitolo Generale "La nuova evangelizzazione e l'ospitalità alle soglie del terzo millennio" si riferisce alle opzioni preferenziali nel paragrafo 5.6.1. parlando di persone senza tetto, di malati in fase terminale, di malati di Aids, di tossicodipendenti, di emigranti, di anziani e di persone in condizione di malattia e di impedimenti cronici.

 

In questi e in altri luoghi, per il servizio in se stesso e per la forma in cui lo realizziamo, le nostre opere sono spazi vitali in cui si vive e si mette in pratica la misericordia di Gesù Cristo verso il malato e il bisognoso attraverso un progetto assistenziale fondato sul Vangelo, sulla sequela di San Giovanni di Dio e sulla tradizione dell'Ordine al servizio dei malati e bisognosi. A questo progetto partecipano i Fratelli e altre persone credenti: laici, religiose e sacerdoti, e i Collaboratori che, come ha ricordato il Concilio, portano dentro la semente del Regno e la fanno germinare anche se non sono coscienti di questo. E anche con loro che siamo chiamati a condividere gioiosamente la nostra missione.

 

Da ciò derivano tutta una serie di conclusioni che dobbiamo tenere in grande considerazione nell'esercizio della nostra missione pastorale:

 

1.         Tutti coloro che sono impegnati nei centri di San Giovanni di Dio, devono sentirsi uniti nel servizio e nella promozione della vita contribuendo con i propri valori umani, professionali e spirituali al comune progetto.

 

2.         Tutti noi che siamo cristiani, siamo chiamati ad arricchire questo progetto con l'esperienza spirituale del Dio Salvatore, che è amico e che desidera il bene di tutti. Questa esperienza di Dio la dobbiamo comunicare ai nostri compagni di lavoro e agli ammalati e bisognosi, nelle diverse situazioni in cui si trovano.

 

3.         Lontani dall'essere un gruppo di pressione, noi cristiani siamo chiamati a formare Chiesa-Comunione nei centri di San Giovanni di Dio, nei nostri posti di lavoro, con la parola e la testimonianza della vita, anche se abbiamo criteri diversi e apparteniamo a settori diversi della Chiesa. Non sarà facile giungere a questo senso di comunione, ma dobbiamo essere coscienti della nostra realtà di essere una Chiesa domestica.

 

4.         Una grande sfida della nostra missione pastorale è quella di manifestare con semplicità la nostra fede ai nostri compagni, con la gioia che l'esperienza della fede dona alla nostra vita, in coerenza con il Vangelo e aperti nell'amicizia e nella comprensione a quanti non pensano o non credono quello che crediamo noi.

 

5.         Un altro grande compito della nostra missione pastorale è quello di avvicinare il Cristo buono e misericordioso, la Buona Novella, al malato e al bisognoso che ha magari voltato le spalle a Dio, talvolta, vivendo una situazione che lo porta a ribellarsi contro la sorte che ha avuto nella vita.

 

Siamo chiamati ad essere Buona Novella. Dobbiamo esserlo, nel rispetto di ciascuno, in comunione con la Chiesa locale e aperti ecumenicamente alle diverse confessioni, ancorati al nostro carisma.

 

Siamo coscienti che viviamo in un mondo nel quale le persone si pongono tanti interrogativi, sul significato della vita, sui perché del loro destino e sulla bontà di Dio.

 

L'Ordine è presente in luoghi dove non si è mai sentito parlare di Gesù Cristo; convive  con culture musulmane, indù, confuciani ed animiste. Non essendo la nostra missione indirizzata direttamente all'annuncio della Parola, siamo tuttavia consapevoli che contribuiamo all’edificazione del Regno realizzando precisi segni ecclesiali con il nostro servizio, anche se, a volte, non vengono colti o male interpretati.

 

Il servizio ai malati e ai bisognosi e l’azione pastorale che realizziamo nei centri in collaborazione con religiose, sacerdoti e credenti è il nostro modo di collaborare con la chiesa locale. Con la nostra azione caritativa completiamo ciò che sacerdoti, religiosi, religiose e catechisti realizzano con la parola, promuovendo con i gesti della nostra vita la presenza salvifica di Gesù Cristo:

 

            "La nostra vita ospedaliera nella Chiesa si fonda sulla persona e sui gesti di Gesù che, durante la vita terrena, predilesse in modo speciale gli ammalati, i poveri e gli umili" (Cost. 1984, 41b). 

 

 


 

DOCUMENTAZIONE E BIBLIOGRAFIA

 

 

1. DOCUMENTAZIONE

 

Concilio Vaticano II 

 

- Ad Gentes.Decreto sull’attività missionaria della Chiesa

- Apostolicam  Actuositatem. Decreto sull’apostolato secolare

- Dei Verbum.Costituzione Dogmatica sulla Divina Rivelazione

- Gaudium et Spes. Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel mondo attuale

- Lumen Gentium. Costituzione Dogmatica sulla Chiesa 

- Nostra Aetate. Decreto sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane

- Perfectae Caritatis. Decreto sul rinnovamento e l’adattamento della vita religiosa 

- Sacrosanctum  Concilium. Costituzione sulla Sacra Liturgia           

 

Paolo VI

 

- Evangelii Nuntiandi. Esortazione apostolica. L’evangelizzazione del mondo contemporaneo

 

Giovanni Paolo II 

 

- Salvifici Doloris. Lettera apostolica. La sofferenza umana

- Redemptoris Missio. Lettera Enciclica. Sulla permanente validità del mandato missionario

- Ecclesia in Africa. Esortazione apostolica. La Chiesa in Africa

- Vita Consecrata. Esortazione apostolica. La vita consacrata

 

IV Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano

- Santo Domingo (12-28 ottobre 1992) (Celam IV).

 

Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio

- Costituzioni dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio. Roma, 1984.

- Dichiarazioni del LXIII Capitolo Generale. Santafé de Bogotá, 1994.

- La Dimensione Apostolica dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio. Roma, 1982.

- Fatebenefratelli e Collaboratori insieme per servire e promuovere la vita. Milano, 1992.

- Giovanni di Dio continua a vivere nel tempo. Roma, 1991.

- La Nuova Evangelizzazione e l’Ospitalità alle soglie del Terzo Millennio. Roma, 1994.

- Presenza dell’Ordine in Spagna. Madrid, 1986.

- Che cosa è la Pastorale Sanitaria? Roma, 1980.

- Regola di Sant’Agostino-Lettere di San Giovanni di Dio. Roma, 1984.

      

 


2.         BIBLIOGRAFIA SULL’ATTIVITA’ MISSIONARIA DELL’ORDINE OSPEDALIERO

      

 

2.1. Libri di carattere generale

 

Corentin, F.,  L´Oeuvre Hospitalière de Saint Jean de Dieu et son Ordre. Parigi, 1937.

Cruset , J., Cronica Hospitalaria, Ed. Hospitalaria, Barcellona 1971.

Gameiro, João.,  Os Irmãos Hospitaleiros de S. João de Deus em Portugal. Lisbona, 1943. 

Gómez Bueno, Juan Ciudad., Historia de la Orden Hospitalaria de S. Juan de Dios. Granada,                                       1963.

Gómez-Moreno y Martínez, Manuel.,  San Juan de Dios. Primicias Históricas Suyas. Dispuestas y Comentadas por Manuel Gómez-Moreno. Madrid, 1950.

Mc Mahon, Norbert.,  The Story of the Hospitallers of St. John of God. Dublino, 1958.

Russotto, Gabriele.,   San Giovanni di Dio e il suo Ordine Ospedaliero (2 vols.) Roma, 1969.

Santos, Juan.,  Chronología Hospitalaria y Resumen Historial de la Sagrada Religión del Glorioso Patriarca San Ivan de Dios... Madrid, 2 vol. 1715 (Prima parte), 1716 (Seconda parte). II ediz. (2 vol.) Madrid, 1977.

Strohmeyer, H., Der Hospitalorden des hl. Johannes von Gott. Barmherzige Brüder.                                              Regensburg, 1978.

 

2.2. Scritti sull’attività missionaria realizzata dall’Ordine fuori dell’Europa

 

Clavijo y Clavijo, Salvador.,  La Obra de la Orden Hospitalaria de San Juan de Dios en América y Filipinas. Madrid, 1950.

                                             San Juan de Dios en la Marina de Guerra Española. Presencia y                Nexo. Madrid, 1950.

Filipe, Nunno.,  Irmaos de São João de Deus. 50  Anos de presença en Africa. Lisbona, 1994.

Ortega Lázaro, Luis.,  Para la Historia de la Orden Hospitalaria de San Juan de Dios en                                       Hispanoamérica y Filipinas. Madrid, 1992.  

VV.AA.,  Labor Hospitalario-Misionera de la Orden de San Juan de Dios en el mundo fuera                 de Europa. Madrid, 1929. 

 

2.3. Scritti di Superiori Generali dell’Ordine

 

Antía, Juan Grande, Cartas circulares de los Superiores Mayores de la antigua Congregación española. AIP, Granada.

                   Cartas circulares de los Superiores Mayores de la Congregación italiana. AGFR,    Roma.

Aparicio Rojo, Higinio,  Carta circular a los Hermanos de las Provincias españolas. Roma,       1963.

                   - Lettera circolare e norme per i Centri di Formazione dell’Ordine. Roma, 1960.

                   - Echi dei nostri missionari in Indocina e in Giappone, in Vita Ospedaliera, anno VII,            nº 2, marzo-aprile 1952.

Bonardi, Mosé, Lettera ai  religiosi dell’Ordine. Roma, 1954, 55 e 56.

Lizaso Berruete, Félix.,  Perfil Juandediano del Beato Benito Menni (463 Cartas). Granada,      1985.

Mapelli, Celestino y Brockhusen., P. Giovanni M. Alfieri. (3 vol.) Milano, 1988.

Marchesi, Pierluigi.  L’Ospitalità dei Fatebenefratelli verso l’anno  2000. Roma, 1986.

                   - L’umanizzazione. Risposta del religioso di San Giovanni di Dio ad una situazione storica. Roma, 1981.

Meyer, Rafael, Cenni biografici dei Superiori Generali dell´Ordine Ospedaliero di S. Giovanni            di Dio. Roma, 1925.

Meyer, Rafael e Antía, Juan Grande., Apuntes Biográficos de los Superiores Generales de la Orden Hospitalaria de San Juan de Dios dada a la luz por el Rvmo. P. General de dicha Orden Rvdmo. P. Fr. Rafael Meyer, Pbro. traducida del italiano y aumentada con las biografías de los Superiores Generales de la Congregación de España por el Rdo. P. Fr. Juan Grande Antía, Pbro. (de la misma Orden). Madrid, 1927.

Russotto, Gabriele,  Un grande animatore. Padre Giovanni Maria Alfieri, 1807-1888. Roma,   1968.

 

2.4. Fratelli significativi ed autentici testimoni dell’ospitalità

 

Alvarez Sierra Manchón, José.,  Antón Martín y el Madrid de los Austrias. Madrid, 1961. 

                   - Il Venerable P. Pietro Soriano, Fatebenefratelli 17 (1952).

                   - El P. Menni y su obra. Ed. Hospitalaria. Barcellona, 1967. 

                   - P. Menni. Cartas del siervo de Dios. Roma, 1975.

Cousson, J. Corestin.,  Paul de Magallón d´Argens. Lyon, 1958.

Gil Roldán, Carlos.,  Glorias de los Hijos de S. Juan de Dios N. P. de la Congregación de España. Noticias históricas de los servicios que a Dios y al Rey han hecho desde su fundación entiempo de calamidades públicas, de guerra y peste. Madrid, 1796.

Gomollón, Aurelio., Hospitalarios edificantes:

                   - M. R. P. Juan de Dios Magallón, in La Caridad, 10 (1951), pp. 51-53. 

                   - R. P. Braulio María Corres Díaz de Cerio, en La Caridad, 11 (1952), pp. 367-371.  

-         Rvdo. Padre Eliseo Talochon de la Orden de San Juan de Dios, médico cirujano

 de Luis XVIII Rey de Francia (1753-1817), in La Caridad, 12 (1953), pp. 318-320. 

                   - R. Padre Gabriel, hijo de los Condes de Ferrara, in La Caridad, 13 bis (1955), pp. 49-52.

Lizaso Berruete, Félix., Braulio Ma. Corres, Federico Rubio y compañeros Mártires, Hospitalarios de San Juan de Dios. Madrid, 1992.

Marcos Bueno, Octavio.,   Testimonio martirial de los Hermanos de San Juan de Dios en los días de la persecución religiosa española. Madrid, 1980.            

Pozo Zalamea, Luciano del., Caridad y Patriotismo. Reseña histórica de la Orden Hospitalaria de San Juan de Dios, escrita con ocasión del quincuagésimo aniversario de su reflorecimiento en España (1867-1917). Barcellona, 1917.

Russotto, Gabriele,  Immolati per amore de Dio. Roma, 1962.

                   - La guerra civile di Spagna (1936-1939) nell´Archivio Generale dei Fatebenefratelli.         Roma, 1987. 

                   - San Giovanni di Dio e il suo Ordine Ospedaliero. Roma, 1969. Con un riferimento   speciale ai Confratelli-martiri della Polonia (pp. 117-118).

                   - Eustachio Kugler Fatebenefratello. L´uomo e la sua spiritualità. Roma, 1960.

Santos, Juan., Los cinco primeros compañeros de San Juan de Dios (con las vidas de otros       venerables Padres). Barcellona, 1914.

Saucedo Cabanillas, Rafael María.,- El descubrimiento de Australia y la Orden Hospitalaria de San Juan de Dios, en Paz y Caridad,  1 (1950), pp. 16-19 y  2 (1950), pp. 83-87.

                   - «Hasta el cielo». Biografía y martirio de 54 Hermanos Hospitalarios de San Juan de Dios, Madrid,   1952.

                   - I nostri Martiri di Polonia, in Vita Ospedaliera, 2 (1947), pp. 102-107. Pubblicato    anche in La Caridad, 6 (1946) pp. 432-437.

                   - Il Servo de Dio P. Guglielmo Llop dei Fatebenefratelli, Roma, 1957. Vita   Ospedaliera, 1                    (1957). 

                   - Los Siervos de Dios R. P. Braulio Ma. Corres y compañeros mártires de la Orden Hospitalaria de San Juan de Dios. Barcellona, 1948.

Soria, Domingo de, - Portento de la Gracia, Vida admirable y heroicas virtudes del Serafín del amor divino, esclarecido con el don de Profecías, el Venerable Siervo de Dios Fr. Francisco Camacho. Por Fray Domingo Soria OH., Fundador del Hospital de Coquimbo, Guánuco y Valdivia. Madrid, 1833.

VV.AA.,     - El Beato Ricardo Pampuri. Madrid, 1981.

                   - Labor Hospitalario-Misionera de la Orden de San Juan de Dios en el mundo fuera            de Europa. Madrid, 1929. Con riferimenti speciali ai:

                        - Martiri di Colombia (pp. 65-86)

                        - Martiri di Cile (pp. 87-101)

                        - Martiru di Brasile (pp. 102-111)

                        - Martiri delle Filippine (pp. 111-129)

                        - Venerabile P. Camacho (pp. 121-142)

                        - Fra Cebrián de los Llanos (Fr. Cebrián de la Nada) (pp. 143-157)

                        - Fra Manuel Chaparro (pp. 158-163)

                        - Recordando una vida, una obra, un martirio en el Padre Juan Jesús Adradas, Pbro., OH. Madrid, 1960.

 

2.5.- Altri scritti che testimoniano l’attività missionaria dell’Ordine

 

Alvarez Sierra Manchón, José.,  Influencia de San Juan de Dios y su Orden en el progreso de la medicina y de la cirugía. Madrid, 1950

Eseverri Chaverri, Cecilio., Historia de la Enfermería Española e Hispanoamericana.   Barcellona, 1984. II ediz. corretta ed ampliata in Madrid, 1995.

González Pinto, Rodrigo., La obra hospitalaria en la asistencia a los enfermos mentales.           Madrid, 1950.

Russotto, Gabriele., Riflessi di un´anima. Roma, 1955.

Valencia, Justiniano.,  Instrucciones sobre asistencia a los enfermos mentales. Madrid, 1931.

Ventosa Esquinaldo, Francisco.,  Historia de la Enfermería Española. Madrid, 1984.

 

 



[1]               CASTRO, Francesco de, Storia della vita e sante opere di Giovanni di Dio, (Cap. VIII).

[2]              CASTRO, o.c., (Cap. IX).

[3]              CASTRO, o.c., (Cap. III).

[4]              CASTRO, o.c., (Cap. VI).

[5]              CASTRO, o.c., (Cap. XIV).

[6]              CASTRO, o.c., (Cap. XI).

[7]              CASTRO, o.c., (Cap. XXI).

[8]              CASTRO, o.c., (Cap. XX).

[9]              CASTRO, o.c., (Cap. XVII).

[10]             CASTRO, o.c., (Cap. XX).

    [11] CASTRO, o.c., (Capitolo XVI).

    [12] CASTRO, o.c., (Capitolo XII).

    [13] CASTRO, o.c., (Capitolo XIV).

[14]             Pio XI, Messaggio all'udienza straordinaria concessa ai partecipanti del Capitolo Generale, in cui, fra le altre cose, venne discussa la trasformazione dell'Ospedale San Giovanni Calibita. Roma, 24 maggio 1930.

[15]             Padre Giovanni M. Alfieri, Lettera a tutto l'Ordine del 20,VIII,1865. In quel momento, una epidemia di colera affliggeva l'Europa, ed il Padre Alfieri anima i religiosi a prodigarsi generosamente nell'assistenza agli infermi colpiti dal morbo.

[16]             Idem 15-1-1867.

[17]             J.Cruset, Cronica Hospitalaria, Ed. Hospitalaria, Barcellona 1971, pp. 87-88.

[18]             Fr. F.Lizaso, Perfil Juandediano del Beato Benito Menni. Granada 1985, Lettera 33, 25-XI-1900.

[19]             Idem, o.c., Lettera 79, 1-II-1888.

[20]            Idem, o.c., Lettera 76, 24-X-1887.

[21]             Idem, o.c., Lettera 83, 15-X-1885.

[22]            Idem, o.c., Lettera 42, 8-III-1911.

[23]            Fr. G.Russotto, Riflessi di un’anima, Roma 1955, Lettera 28, 14-VIII-1923.

[24]            Idem, o.c., Lettera 80, 8-VI-1927.

[25]             Idem, o.c., Lettera 21, 5-IX-1923.

[26]            Idem, o.c., Lettera 88, 23-VIII-1927.

[27]             Padre E.Blandeau, Lettera Circolare all'Ordine, 29-I-1941.

[28]            Padre M. Bonardi, Lettera circolare all'Ordine, 15-VIII-1954.

[29]            Idem, Id, 28-XI-1955.

[30]            Padre  I. Aparicio, Lettera Circolare all'Ordine, 12-II-1967.

[31]             Idem, id, 28-XI-1969.

[32]            Idem, Lettera circolare alle Provincie Spagnole, 2-II-1963.

[33]            Fra Anthony Leahy fa parte della Provincia Australiana. Risiede da molti anni in Papua Nuova Guinea ed è stato Maestro dei Novizi.

[34]            Fra Fortunatus, oltre ad essere uno degli iniziatori della presenza dell’Ordine in India, è il fondatore delle Suore della Carità di San Giovanni di Dio.

[35]             Confratello-sacerdote vietnamita. Per tanti anni Maestro dei Novizi.

[36]            Confratello-sacerdote portoghese. E’ rimasto in Mozambico durante la rivoluzione. E’ un testimone vivo della fedeltà all’ospitalità. Ha patito in più circostanze il carcere.

[37]             Confratello-medico della Provincia Aragonese. Ha dedicato i migliori anni della sua vita ai malati della Sierra Leone fino a quando l’età e l’infermità lo hanno costretto ad accettare il richiamo dei suoi Superiori di tornare in Spagna.

[38]            Fra Rafael Teh è un Confratello-sacerdote originario del Camerun.

[39]            E’ stato Delegato Generale dell’Africa fino al 1 maggio 1997.

[40]            Statuti per le Missioni, Introduzione, Roma, 1957, p. 3.

[41]             Cfr. Regolamento Fondo Comune per le Missioni, febbraio 1992. Archivio Generale dell’Ordine, Cart. Or. 51, Fasc. I., C.

[42]            Mosé Bonardi, Lettera Circolare, 28-XI-1955.

[43]            Mosé Bonardi, l.c.

 
 

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